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Golden power, ecco il decreto che blinda la Spagna. In Italia intanto in Eni…

La Spagna blinda le imprese strategiche, ancora una volta. Con un decreto il governo ha rafforzato la normativa del Golden power, già estesa lo scorso 17 marzo. Il nuovo meccanismo di screening degli investimenti diretti esteri prevede non solo il divieto per tutti gli investitori extracomunitari di acquistare più del 10% del capitale di un’impresa spagnola, ma anche per tutti gli investitori Ue o parte dell’Efta (Associazione europea del libero commercio) che sono controllati da aziende extracomunitarie.

Per rientrare nell’area indicata l’investitore, ai sensi del decreto, deve controllare direttamente o indirettamente una percentuale superiore al 25% del capitale o dei diritti di voto. La stretta ha l’obiettivo di impedire a multinazionali e fondi sovrani extracomunitari di aggirare la normativa esistente usando società ausiliarie (o attraverso Spv, Special Purpose Vehichles) per prendere il controllo delle aziende spagnole in settori strategici che, al pari di molte altre aziende europee, hanno subito una grave riduzione del loro valore azionario in Borsa a causa della crisi del coronavirus. Iag, la holding che unisce le due compagnie aeree britannica e spagnola British Airways e Iberia, ha perso due terzi della capitalizzazione, Repsol il 40%, Telefònica un terzo.

Ma fra le righe del nuovo provvedimento si legge anche un allentamento del bando imposto il 17 marzo dal governo di Pedro Sanchez, che aveva di fatto sospeso buona parte degli investimenti diretti esteri, compresi quelli di dimensioni ridotte, richiedendo per tutti la previa autorizzazione del Consiglio dei ministri. Con il nuovo decreto il permesso non sarà più necessario per gli investimenti inferiori alla soglia di un milione di euro, mentre gli investimenti congelati in attesa di autorizzazione dallo scorso 17 marzo e quelli il cui importo rientri fra uno e cinque milioni di euro potranno essere sbloccati con un via libera della Direzione generale del Commercio.

Rimane invariata invece la lista di imprese che il governo reputa strategiche. Un ventaglio che attraversa i settori più disparati. Le infrastrutture critiche fisiche, energia, trasporti, acqua, sanità, ma anche quelle tecnologiche, comunicazioni, trattamento di dati di settori sensibili, come quelli elettorali e finanziari. E poi ancora i beni immobili utilizzati per queste infrastrutture, la robotica, l’Ia, le biotecnologie, perfino la sicurezza alimentare.

Una settimana fa era stata la Commissione Ue a invitare gli Stati membri a rafforzare i meccanismi di screening esistenti, ravvisando in particolare “un aumento del rischio potenziale delle industrie strategiche, in particolare, ma non solo, dell’industria dell’healthcare” e chiedendo ai rispettivi governi di fare “pieno uso dei loro meccanismi di screening per controbilanciare i rischi delle infrastrutture sanitarie critiche, della produzione di prodotti critici”.

Un appello che ha fatto suo anche il governo italiano, che due settimane fa ha visto assottigliarsi vertiginosamente la capitalizzazione di molte delle sue più grandi aziende. Fra queste c’è anche Eni, il colosso dell’Oil&Gas che negli ultimi tre mesi ha perso il 33,4% del suo valore (che oggi ammonta a 33,5 miliardi di euro). Un crollo che ha fatto risuonare un campanello d’allarme al Mef, che detiene il 30,10% del capitale. Anche perché fra gli investitori che detengono una quota nel cane a sei zampe ce ne sono molti extracomunitari. È il caso della Bank of China, che possiede l’1,014%. Lo ha reso noto lo scorso 18 marzo, dopo che la Consob, che ha deciso di abbassare all’1% la soglia di possesso azionario oltre la quale si rende obbligatoria la comunicazione al mercato.

In questi giorni sarebbe in corso un lavoro di fino a Palazzo Chigi sotto la regia del sottosegretario Riccardo Fraccaro per estendere la normativa del golden power non solo adottando i decreti attuativi per i settori bancario, assicurativo e finanziario ma anche valutando l’inclusione nello scudo protettivo di altri settori strategici come quello biochimico o farmaceutico. In questa direzione va un recente appello del Copasir (Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica).

“La decisione assunta oggi dal governo spagnolo di tutelare con il golden power le proprie aziende pone l’attenzione sull’attività aggressiva dei fondi sovrani che dispongono di risorse illimitate e di strumenti operativi anche interni all’Unione. È proprio quanto abbiamo denunciato giorni fa” ha detto in una nota questo mercoledì il senatore di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Copasir Adolfo Urso, secondo cui i poteri speciali dovrebbero essere estesi anche “ai soggetti della stessa Unione europea che possono essere usati come ‘teste di ponte’ per azioni predatorie nei confronti del nostro patrimonio tecnologico e industriale”.

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