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Francia, un esame di coscienza sulla Libia. Il commento di Mezran (Atlantic Council) e Fasanotti (Brookings)

In un post pubblicato questa settimana sul “New Atlanticist”, il blog centrale dell’Atlantic Council, l’ex ministro per le Politiche europee francese, Nathalie Loiseau, attualmente presidente della sottocommissione Sicurezza e Difesa dell’Europarlamento, scrive un’articolata difesa del ruolo del suo Paese nel quadro degli affari internazionali, passando principalmente da Libia e Mediterraneo. In contrapposizione, come secondo il mood del momento molto spinto da Parigi, viene messa l’attività della Turchia, considerata colpevole di destabilizzazione nel Paese nordafricano e nell’intero quadrante.

L’articolo è oggettivamente biased, parte di un piano più ampio che coinvolge diverse pubblicazioni francesi in questo momento. “A me sembra che si tratti di un’offensiva propagandistica pensata per ripulire l’immagine della Francia, una forma di revisionismo per cancellare tutto ciò che Parigi ha fatto in Libia (anche di sbagliato) e addossare tutte le colpe al recente coinvolgimento della Turchia”, spiega Formiche.net Karim Mezran, che per il Rafiki Center dell’Atlantic Council dirige la North Africa Initiative.

Mezran è uno dei più grandi esperti internazionali della situazione libica: “I francesi in questo momento vogliono raccontare che l’intervento turco ha distrutto ogni possibilità di negoziato. Ma semplicemente non è vero. Anzi, è vero il contrario: se i turchi non fossero intervenuti, Tripoli sarebbe ancora sotto le bombe di Haftar e dei suoi sponsor, e tutto sarebbe rimasto immobile. I civili uccisi nei quartieri meridionali assediati, e le milizie della Tripolitania a difendersi per chissà quanto a lungo. Se proprio vogliamo, l’intervento turco ha riavviato la possibilità di negoziare, imponendo un nuovo bilanciamento”.

Va ricostruito il contesto, almeno degli ultimi quindici mesi. Il 4 aprile 2019, il signore della guerra dell’est libico, Khalifa Haftar, ha lanciato un’offensiva contro Tripoli. L’obiettivo era rovesciare il governo onusiano Gna, e conquistare il Paese intestandoselo come nuovo rais. Questa iniziativa militare ha ricevuto il sostengo di Emirati Arabi ed Egitto, sponsor diretti sul lato haftariano del conflitto (con impegno di trasferimento di armi e intelligence, nonché finanziamento di mercenari). Ma dietro al capo miliziano della Cirenaica c’erano anche l’Arabia Saudita (finanziatore da remoto) e la Russia (che ha cercato di giocare i propri interessi con un’attività crescente, partita dal dispiegamento sul fronte tripolino di alcune unità ibride, ossia i contractor usati per il lavoro sporco: il Wagner Group).

Dietro Haftar, anche la Francia ha avuto un ruolo. Un appoggio più clandestino, ma che ha seguito un posizionamento iniziato diversi anni prima. “Va ricordato infatti che i francesi non sono immuni da interferenze esterne in Libia”, spiega a Formiche.net Federica Saini Fasanotti, esperta del contesto libico della Brookings Institution. Facciamo un breve excursus? “Prima però una premessa: ogni interferenza esterna, da qualsiasi lato, non fa bene al popolo libico, che è invece il fattore determinante che dovremmo tenere a mente quando parliamo di Libia. E va anche ricordato che l’attacco a Tripoli di Haftar è stato deleterio: ha prodotto centinaia di vittime civili, ha di fatto lasciato i quartieri sud della capitale infestati da trappole esplosive”.

Fasanotti dice “ha lasciato” perché attualmente le forze di Haftar sono state respinte da Tripoli e la Tripolitania dalle unità del Gna che hanno avuto un’assistenza militare fondamentale da parte della Turchia. I governi di Ankara e Tripoli hanno firmato un accordo di cooperazione pro-attiva contro l’offensiva haftariana a novembre 2019: gli effetti determinanti si sono visti più o meno un mese fa, quando Haftar è stato costretto a ritirarsi di nuovo in Cirenaica. Ma torniamo al ruolo dei francesi: “La Francia ha sostenuto Haftar, inutile girarci intorno, e dunque ha una sorta di responsabilità riguardo a quei crimini di guerra da lui commessi”, dice Fasanotti.

La ricercatrice, autrice di testi sulla storia della Libia, fa alcuni esempi: “Il sostengo alle ambizioni del teorico uomo forte della Cirenaica è arrivato in allineamento di interessi con Emirati ed Egitto, secondariamente Russia (che attualmente è il principale problema degli Stati Uniti riguardo al dossier, ndr). Lo vediamo da anni: e Parigi si è trovata costretta anche a un’ammissione imbarazzante quando furono trovati i corpi di tre uomini delle unità speciali francesi tra i rottami di un elicottero di Haftar”. L’episodio citato è molto noto: esattamente quattro anni fa (era il 17 luglio del 2016) un elicottero Mi-17 russo in dotazione alle forze haftariane è precipitato nei pressi di Bangasi: tra i resti sono stati trovati di tre operativi del Dgse, l’intelligence estera francese, morti. “Ma non solo: non dimentichiamo che anche qualche mese fa – aggiunge Fasanotti – in un rifugio degli uomini della Cirenaica scoperto dal Gna sono stati trovati missili anticarro francesi”.

Fasanotti poi ricorda le attività del presidente Emmanuel Macron per permettere incontri diretti tra Haftar e Fayez Serraj, il premier libico: “Un modo per elevare Haftar a interlocutore globale”, commenta Mezran, “e per sostituirsi all’Unsmil (la missione Onu, ndr) che ha dovuto subire certe iniziative”, continua la ricercatrice della Brookings. In tutto questo, la Francia come membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha sempre formalmente riconosciuto l’Lpa, ossia l’accordo sulla rappacificazione raggiunto sotto egida onusiana nel 2015 e che più o meno quattro mesi fa è stato unilateralmente dichiarato decaduto da Haftar come tentativo disperato mentre l’assalto a Tripoli non svoltava.

“Il punto è – secondo Fasanotti – che un ex membro del governo francese e un europarlamentare non dovrebbe prendere certe posizioni come quelle di Loiseau, perché è un tentativo di cancellazione della memoria. Atto inutile”. Mezran aggiunge che lo standing militare che la Turchia ha concesso a Tripoli ha anche messo il governo Onu nelle condizioni di pressare gli attori che ruotano attorno all’Est di negoziare in maniera costruttiva, ma “le fazioni più estremiste stanno dimostrando di non avere questo genere di interesse e si stanno cercando di affidare a un’azione militare dell’Egitto”.

C’è anche una nota importante per l’Italia da parte dell’esperto dell’Atlantic Council: “L’intervento turco al fianco di Tripoli ha riportato l’Italia su una posizione centrale”. Perché? “Perché Roma ha possibilità di negoziare con Parigi. E Parigi ha la possibilità di porre i propri errori di valutazione sul tavolo negoziale. A patto che tutti accettino di trattare a libro aperto e non cerchino rimozioni narrative”.

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