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Altro che alleanza Pd-M5S, con il proporzionale salta tutto. Parla Panebianco

Gemelli diversi, ma ancora legati ai rispettivi cordoni ombelicali. È anche per i rigurgiti amorosi di Lega e Cinque Stelle che l’alleanza rossogialla non decolla, e tantomeno diventa organica, dice a Formiche.net Angelo Panebianco, politologo di lignaggio, editorialista del Corriere della Sera. La sirena antieuropeista tenta ancora leghisti e grillini e mette i bastoni fra le ruote al Conte bis, spiega. Ecco perché.

Professore, è proprio sicuro che Lega e Cinque Stelle siano ancora così simili?

Le diversità non mancano, a partire dalle origini. Per quanto Salvini abbia provato a cambiare la Lega, l’impronta nordica originaria è rimasta, non si può annullare la storia. Tant’è che il tentativo della “discesa al Sud” ora zoppica, la concorrenza è abbondante, e agguerrita.

E i grillini? Anche loro non sono cambiati?

Per quanto ci provino, devono il loro successo al modo in cui Beppe Grillo ha fatto irruzione nella politica italiana anni fa, e a quelle motivazioni rimangono ancorati. In comune con i leghisti hanno alcuni tratti tipici dei movimenti populisti, la polemica contro il grande capitale, la finanza, i poteri forti. Sia Lega sia Cinque Stelle devono ora decidere cosa fare da grandi.

Quando arriva il momento?

Quando finirà questa fase storica, e finirà, che si arrivi o meno all’elezione del presidente della Repubblica, saremo in un regime di proporzionale puro. A quel punto le regole del gioco non saranno più le stesse degli ultimi vent’anni. Niente più centrodestra, niente centrosinistra. Non gli arroccamenti ideologici, ma i temi identitari faranno la differenza. E la Lega potrebbe trovarsi esclusa dai giochi per questa sua pregiudiziale antieuropea che non ha mai voluto abbandonare.

Con Luca Zaia il Carroccio può virare?

È una possibilità, difficile dirlo. La leadership di Salvini presenta diversi chiaroscuri. Da una parte ha portato un piccolo partito a un enorme, impensabile successo. Dall’altra ha chiari limiti, certificati dalle recenti batoste nei sondaggi. Funziona quando sopravvive l’immagine del vincente, quando si appanna un po’ meno. Per questo è probabile che la Fase 2 del Carroccio veda un nuovo volto. Non esiste un leader per tutte le stagioni.

Torniamo ai Cinque Stelle. Molti fra i dem si erano promessi di “cambiarli”. Ci sono riusciti?

Qualcuno ha avuto questa velleità, o meglio, illusione. Non ha funzionato per tanti motivi. Il Movimento è un partito diviso, ma almeno ha una sua identità. Quella del Pd è assai meno facile da identificare, dunque il rischio, semmai, è il contrario.

In che senso?

Anche qui, la legge elettorale fa la differenza. Come Fi, il Pd è figlio del maggioritario, nato dall’unificazione degli ex Dc e Ds. In un regime proporzionale come quello in arrivo le diverse anime interne al partito difficilmente riescono a stare insieme.

Su cosa si può consumare la frattura?

Una scissione può nascere di fronte al bivio di un’alleanza organica con i Cinque Stelle. C’è ancora un’anima “renziana” al Nazareno che non vede di buon occhio questa eventualità, e un’altra più possibilista verso un patto più duraturo e non limitato a Palazzo Chigi.

Panebianco, questa legislatura è “congelata” dalla partita per il Colle?

Assolutamente. Finora li ha tenuti insieme l’attesa di una scadenza, cioè l’elezione del capo dello Stato. Di qui al 2022 continuerà a fare da collante, fatta eccezione per movimenti e riassetti interni al Parlamento. Con un’incognita.

Quale?

Le elezioni regionali. In pochi ricordano che il collegio che elegge il presidente della Repubblica è fatto anche dei presidenti e dei delegati delle Regioni. La portata di questo voto può rivelarsi superiore alle aspettative.

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