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Tre settimane reclusi in Libia. Cosa c’è da sapere sul caso dei pescatori italiani

Libia, haftar

È sempre più complesso il caso dei due pescherecci italiani trattenuti il 1° settembre a Bengasi dal governo del generale Khalifa Haftar. Dalle imbarcazioni sono stati fermati otto pescatori italiani (sei si trovano in una villa, due a bordo delle navi) e altri 10 colleghi di altre nazionalità.

Un ufficiale dell’Esercito nazionale libico, il generale Khaled al Mahjoub, ha confermato che i cittadini italiani sono indagati dalla Procura libica. L’agenzia Nova ha riferito che la principale accusa è di essere entrati senza autorizzazione nella zona di pesca esclusiva della Libia (non riconosciuta da Paesi terzi, ma dichiarata unilateralmente a partire dal 2005 fino a 74 miglia dalla propria costa, in contrasto con le norme di diritto del mare). È atteso un esame di quanto rinvenuto a bordo dei pescherecci.

In Libia è frequente il fermo di pescherecci stranieri e del loro equipaggi, ma di solito si risolve in pochi giorni. Questa volta, la crisi sta prendendo pieghe politica e non s’intravede la fine. Per l’agenzia Nova è da sottolineare il momento in cui accade questo fermo: proprio il giorno della quarta visita in 10 mesi del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in Libia.

“Stiamo sentendo diversi paesi e attori internazionali che hanno in influenza su quelle parti – ha dichiarato Di Maio nel programma Porta a porta -. Non accettiamo ricatti. Lavoriamo senza dare tempistiche per riuscire a riportarli a casa (i pescatori, ndr) il prima possibile”. Tutto mantenendo il basso profilo, perché aumentare la tensione potrebbe indebolire ancora qualsiasi tentativo di dialogo con gli interlocutori libici.

Ed è che la trattativa non è facile. Da Bengasi, infatti, chiedono la liberazione di calciatori libici condannati in Italia con l’infamante accusa di traffico di esseri umani.
L’unico canale ufficiale possibile in Libia per la liberazione dei pescatori è il Parlamento, presieduto da Saleh, che però non è in un buon momento con il generale Haftar. Per questo Di Maio ha cercato la mediazione dei colleghi degli Emirati Arabi e della Russia, vicini ad Haftar.

Per Salvino Caputo, responsabile del dipartimento regionale siciliano per le Attività produttive di Forza Italia, è inconcepibile che da quasi 15 giorni, nonostante le rassicurazioni del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, i marinai dei due pescherecci sequestrati debbano restare ancora nelle mani dei libici, nella totale disperazione dei familiari. In una riunione i vertici locali e regionali di Anapi Pesca, impegnati in questa vicenda per chiedere il rilascio dei natanti e degli equipaggi, Caputo ha dichiarato che “tutta questa vicenda è l’ulteriore dimostrazione della assoluta mancanza di credibilità e di autorevolezza dell’attuale governo. Mi chiedo a cosa servano le missioni del ministro Di Maio, le navi che inviamo e gli aiuti al governo libico quando non riusciamo a garantire la libertà dei nostri concittadini e la libera attività di pesca”.

Emanuele Fiano, responsabile Esteri nella segreteria del Partito Democratico, ha detto che si segue “con attenzione le vicende relative allo sciagurato sequestro dei nostri pescatori da parte della marina di Haftar, confidando che si possa giungere ad un rapido reimpatrio dei nostri connazionali detenuti nelle prigioni del generale”.

“In tal senso – ha aggiunto – sappiamo che il governo sta ovviamente ponendo il massimo impegno per giungere in breve tempo ad una positiva evoluzione della situazione. Tuttavia in attesa di una rapida soluzione è necessario rilevare l’assoluta arbitrarietà del gesto compiuto dalla marina del generale Haftar, e nel ribadire la nostra vicinanza e solidarietà alle famiglie dei nostri pescatori rinnoviamo la nostra condanna nei confronti di un atto assolutamente inaccettabile”.

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