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Serve un nuovo governo. Ed anche subito. Il commento di Arditti

Non stiamo qui a ragionare di risultati elettorali o referendari perché a questo punto conviene aspettare lunedì quando avremo i dati reali, così potremo iniziare a vederne in atto le conseguenze.

C’è però un tema di grande rilevanza che, a mio avviso, vive di vita propria, anche se finirà per essere influenzato non poco da quanto uscirà dalle urne: vale a dire l’esigenza (o meno) di formare un nuovo governo.

Ebbene secondo me l’Italia ha assolutamente bisogno di un nuovo esecutivo e ne ha bisogno quanto prima per l’immensa sfida che ha davanti, cioè la gestione (che è innanzitutto politica) del piano di finanziamenti europei che prenderà il via all’inizio del prossimo anno.

Attenzione: parlo di nuovo governo e non di nuova maggioranza, opzione quest’ultima non realistica allo stato e peraltro non in sintonia con il quadro politico internazionale che conta, cioè quello che ha portato l’estate scorsa alla guida dell’Unione Europea la popolare Ursula von der Leyen e alla presidenza dell’assemblea di Bruxelles David Sassoli: operazione politica che ha visto convergere Pd e M5S.

Un nuovo governo dunque per dare attuazione al piano di riforme strutturali che finalmente (e grazie alla pandemia) sono disponibili, un nuovo governo che deve dimostrarsi all’altezza in tutte le sue componenti.

Ma perché serve un nuovo governo e perché non può continuare il Conte bis?

La risposta c’è ed è sintetizzabile in tre punti, che provo ad esporre.

Punto primo: il governo attuale è figlio di un’altra epoca (quella del divorzio Lega-M5S), un’epoca pre-Covid in cui l’agenda era occupata da ben altri temi, immigrazione in testa.

E siccome i governi vivono in simbiosi con il momento politico che li esprime, ecco che risulta evidente quanto l’attuale governo mostri la corda in termini di “sintonia”.

Punto secondo: i rapporti di forza interni alla maggioranza sono cambiati (come si vedrà anche dopo il voto del fine settimana) ed è ormai noto che la preponderanza numerica in Parlamento del M5S non è più tale nel voto degli italiani, anche perché se qualche governatore o qualche sindaco non di destra riesce a farsi eleggere è sempre del Pd.

Quindi c’è da mettere mano agli equilibri di governo anche per riconoscere alla sinistra un peso specifico maggiore (peraltro gradito anche a Bruxelles).

Infine c’è un terzo aspetto (delicato, anzi delicatissimo) che riguarda la composizione stessa del governo.

Poiché la sfida sarà politicamente enorme occorre il massimo peso specifico per giocarla.

Occorre cioè veder nascere un governo capace di coinvolgere tutti i “pesi massimi” in circolazione, proprio per dare il senso di una maggioranza che si attrezza alla bisogna.

Vorrei quindi vedere nei ruoli di ministro Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi, Andrea Orlando e Graziano Delrio,  Beppe Sala e Nicola Zingaretti.

E vorrei vedere uno sforzo di Luigi Di Maio (di gran lunga l’unico dirigente del movimento in grado di gestire adeguatamente le pratiche di governo) nel disegnare una delegazione M5S capace di esprimere tutte le sensibilità interne al massimo livello.

Insomma le forze politiche di maggioranza (che comunque usciranno malconce dal voto regionale) sono chiamate ad un colpo di reni, perché le cose da fare sono tante e di vitale importanza e perché la legislatura ha ancora tre anni davanti.

Non possono pretendere di vivacchiare e, anzi, andrebbe loro impedito: su questo sarà decisivo il ruolo del Presidente Mattarella che spero trovi modo di far sentire la sua voce.

Certo, per fare tutto ciò occorre anche ragionare sulla figura del premier.

La coalizione dovrà cioè riflettere con attenzione sul punto, valutando se è Giuseppe Conte la figura giusta per continuare in forma rinnovata (il professore, comunque la si pensi, ha dimostrato doti di sapiente navigazione non comuni) o se invece la fase nuova avrà motivo di trarre giovamento da un cambio di guida.

Quel che è certo però è il metodo da applicare che deve partire dall’obiettivo (dare alla Repubblica un governo adeguato alla sfida) e non dalle poltrone (da difendere o da conquistare).

Il tutto poi per giungere (anche) ad eleggere nel 2022 il nuovo Capo dello Stato.

Portare al Colle Mario Draghi in costanza di una maggioranza coesa (altro che i tre candidati presenti in Puglia) e di un governo con dentro tutti i “capi” darebbe alla seconda parte della legislatura un peso specifico immenso.

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