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Nobel per la chimica, vantaggi e riserve dell’editing genetico. L’analisi di Novelli

Il genetic editing è una tecnica di terapia genica con la quale una specifica sequenza del Dna cellulare, definita “target”, viene modificata direttamente. L’evento di modificazione si ottiene sostanzialmente introducendo all’interno delle cellule una sequenza esterna di Dna (normale), in grado di riconoscere in maniera specifica la sequenza target (mutata) e apportare una specifica conversione. Questa tecnica, inizialmente applicata per costruzione di topi transgenici, è stata in seguito adattata per protocolli di terapia genica di malattie ereditarie, e cioè per ristabilire un “fenotipo normale”, alterato a causa della presenza di un gene difettoso. In questo modo si fornisce alle cellule l’esatta informazione genica, ristabilendo la normale struttura e il corretto funzionamento della proteina nelle cellule mutate. I vantaggi del gene targeting in protocolli di terapia genica sono diversi. La correzione del difetto genico avviene in modo specifico al locus genomico difettoso, quindi può essere applicato nella cura di tutte le malattie genetiche, indipendentemente dalle dimensioni del gene. La correzione è permanente, e permette di conservare l’integrità del gene, cioè mantiene invariati gli “interruttori” del gene stesso lasciando perciò inalterati i meccanismi di regolazione.

La tecnologia del gene editing è stata con successo utilizzata su numerosi modelli animali e di piante ed è ormai una tecnica quasi routinaria nella zootecnia. Nell’uomo è in sperimentazione per curare malattie genetiche come la distrofia muscolare, la beta talassemia, la fibrosi cistica e la malattia di Tay-Sachs.

La tecnica dell’editing genetico è stata anche di recente utilizzata per eliminare alcuni geni nei coronavirus per costruire possibili vaccini modificati geneticamente o diminuire la capacità di resistenza del genoma virale, oppure per sviluppare test diagnostici di Covid-19 utilizzando reagenti semplici e analisi su carta, che possono ridurre significativamente i costi di laboratorio.

Forti riserve di tipo etico sono invece emerse dalla possibilità di utilizzare questa tecnologia per correggere difetti genetici o per modificare il genoma per scopi non medici (miglioramento genetico) negli embrioni, perché non vi sono conoscenze sufficienti per le conseguenze biologiche e sociali. È accaduto nel caso degli esperimenti di un ricercatore cinese dell’Università di Shenzhen, il dr. Jiankui, che ha utilizzato questa tecnica su embrioni umani che sono stati portati avanti nello sviluppo e quindi hanno permesso la nascita di gemelle “resistenti al virus dell’Aids”. I ricercatori avrebbero infatti inattivato il gene CCR5 che permette alle due gemelle nate di resistere all’infezione da Hiv.

È come bloccare una delle porte principali di ingresso del virus Hiv nelle nostre cellule. Questo tuttavia non garantisce al 100% la prevenzione dell’infezione, perché il virus potrebbe usare altre porte anche se con difficoltà. Inoltre, è noto che bloccando questa porta si aumenta la possibilità di infettarsi con altri virus. A mio parere, le modificazioni genetiche su embrioni, per essere eticamente e moralmente accettabili, devono essere guidate da due principi fondamentali: a) ogni intervento deve essere finalizzato a garantire il benessere della futura persona e/o i suoi discendenti; b) ogni intervento non dovrebbe ulteriormente avvantaggiare, svantaggiare, discriminare, o creare divisione nella nostra società. Per questa stessa ragione, da poco la Accademia Nazionale delle Scienze Usa ha raccomandato molta cautela nell’uso clinico della metodologia scoperta dai due premi Nobel.

Ma anche con le dovute cautele, la ricerca deve continuare, perché questa è una tecnica nuova che necessita ancora di studi e ricerche, e può rappresentare una speranza per gli oltre venti milioni di pazienti affetti da malattie rare nella sola Europa che potrebbero guarire definitivamente sottoponendosi alla tecnica del gene editing.

Il Nuffield Council on Bioethics ha recentemente concluso che l’impiego dell’editing genetico su embrioni umani, spermatozoi o uova, potrebbe essere considerato “moralmente ammissibile” in alcuni casi. Si pensi ad esempio alla possibilità di correggere il gene difettoso che causa la “morte improvvisa” nelle famiglie dove questo gene si tramanda da generazioni e dove ogni nuovo nato rischia per il 50% di avere ereditato questo gene, e quindi di manifestare la malattia all’improvviso durante ad esempio una partita di calcio, oppure nel caso di tumori ereditari ben identificati. L’editing genetico potrebbe eliminare definitivamente i geni difettosi in queste famiglie. Esiste certo la possibilità che in futuro possano essere usati interventi di editing genetico ereditabili nella riproduzione assistita umana, come mezzo per garantire certe caratteristiche somatiche (colore occhi, prestanza fisica, resistenza atletica o altro), nei figli, ma questo dipende da noi e dalla serietà degli scienziati e della società. È necessario che vengano definite linee guida e restrizioni in modo che qualsiasi modificazione genetica possa essere considerata moralmente accettabile.

In questo caso, il gene editing non susciterebbe paure che potrebbero derivare da una sua possibile applicazione alle cellule germinali (spermatozoi o ovociti) oppure ad embrioni da impiantare in utero che porterebbe alla nascita di bambini geneticamente modificati (come nei film di X-files). L’unico modo per eliminare questi timori, è quello di avviare nella comunità scientifica discussioni aperte sul tema attraverso conferenze e forum di specialisti e soprattutto sostenendo la ricerca, unico antidoto alla paura e all’ignoranza.

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