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Rai, perché serve subito un nuovo Cda. Scrive Michele Anzaldi

Di Michele Anzaldi

Invece di tagliare le produzioni editoriali, l’informazione, la cultura, perché non si lavora davvero a ottimizzare i costi? La proposta di Michele Anzaldi, Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

L’amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini ha inviato una lettera alla commissione di Vigilanza dove attesta che la situazione economico-finanziaria dell’azienda, nelle tendenze per il quadriennio 2020-2023, è “non sostenibile”. Un’affermazione che rappresenta una situazione grave, per la quale sono necessari immediati interventi, se non un vero e proprio Piano di rilancio del servizio pubblico.

A mettere in piedi e realizzare questo Piano, però, non possono certamente essere l’amministratore delegato e il Cda responsabili della situazione, nonché ormai ampiamente in scadenza. Salini e i consiglieri stanno per firmare il loro ultimo bilancio, quello dell’esercizio 2020, e dalla primavera 2021 a gestire l’azienda dovranno essere altri amministratori. È impensabile, quindi, che un amministratore al termine del mandato possa occuparsi del piano che dovrà rilanciare e risanare l’azienda nei prossimi anni, rischiando di legare le mani a chi verrà dopo e dovrà concretamente riportare l’azienda sulla retta via.

È urgente, quindi, che si valuti di nominare anticipatamente il nuovo amministratore e il nuovo Cda e che gli attuali amministratori terminino anzitempo il loro mandato, per accelerare il recupero di una situazione deteriorata dalla fallimentare gestione di questi vertici. Il governo, il Parlamento e la commissione di Vigilanza Rai valutino di aprire un’immediata interlocuzione su questo.

Come ammette lo stesso Salini nella lettera, i problemi connessi all’emergenza Covid sono arrivati su una situazione già molto compromessa. Il coronavirus può aver influito sulla raccolta pubblicitaria, ma la Rai ha avuto un rilevantissimo risparmio per l’annullamento degli Europei di calcio e delle Olimpiadi. Di buco da 65 milioni parlavano già le cronache giornalistiche a gennaio 2020, quindi ampiamente prima dell’arrivo della pandemia.

E non si può certamente pensare che la soluzione sia immettere ancora più risorse pubbliche nell’azienda, dopo che in questi anni la Rai ha dimostrato di continuare a bruciare i soldi dei cittadini con sprechi, sperperi, privilegi senza alcun riguardo alle pratiche di buona amministrazione. Si pensi solo alle 3 dirette in contemporanea sulle elezioni americane, tanto per rimanere ad uno degli ultimi episodi.

Quella dell’extragettito e della perdita di risorse dal canone è una favola: con il canone in bolletta la Rai ha addirittura aumentato la sua quota di risorse, passando da 1.528 milioni di euro del 2015 (pre canone in bolletta) a 1.636 milioni di oggi, oltre 100 milioni di euro in più. Ma di quale perdita parliamo? Con il canone in bolletta hanno guadagnato tutti: i cittadini, che pagano meno; lo Stato, che incassa di più e ha potuto aiutare il pluralismo nelle tv locali; la Rai, che ha aumentato le risorse.

Rai sa da anni quali sono le sue risorse assegnate, se l’ad non è riuscito a far quadrare i conti, se non ha fatto i necessari tagli agli sprechi, se ha continuato a dare privilegi ai conduttori con mega compensi, super produzioni esterne, semi monopoli agli agenti, la responsabilità è sua. Basti pensare alla Risoluzione approvata all’unanimità in commissione di Vigilanza nel 2017 contro i conflitti di interesse di agenti e conduttori: la sua applicazione avrebbe comportato rilevanti e immediati risparmi di spesa, ma Salini si è sempre rifiutato di applicarla e quando, forzato anche da una delibera Agcom, ha deciso di recepirla, lo ha fatto posticipandola all’anno prossimo. Vergognoso.

Salini propone alcune misure per tamponare la situazione, ma chi dice che quelle siano le uniche misure possibili? L’ad conferma l’intenzione di voler chiudere Rai Storia e dimezzare l’offerta culturale con l’accorpamento a Rai5, chiudere Rai Sport, bloccare i nuovi canali istituzionale e in inglese decisi dal nuovo Contratto di Servizio con un aumento di fondi di 40 milioni per due anni. Si tratta di scelte sbagliate, che hanno provocato una sollevazione tra il pubblico e tra le forze politiche.

Invece di tagliare le produzioni editoriali, l’informazione, la cultura, perché non si lavora davvero a ottimizzare i costi? Giusto riflettere, come dice Salini, sulla ridefinizione del perimetro aziendale, ma senza incidere sulla qualità.

Ad esempio: c’è un piano scritto nero su bianco, approvato anche dalla commissione di Vigilanza Rai e dal precedente Cda, che porterebbe a regime risparmi per 90 milioni di euro all’anno alla Rai. È il Piano News dell’allora direttore generale Gubitosi, con la creazione della newsroom unica e il taglio delle spese inutili nelle redazioni. Un piano che adeguerebbe la Rai alla Bbc e alle maggiori aziende editoriali del mondo, senza l’inutile moltiplicazione dei costi e delle strutture. Perché non parliamo di risparmi come questi? Continuare a considerare ogni testata come un’azienda a sé non migliora il prodotto, anzi aumenta i disservizi e moltiplica i costi.

Mettere mano all’organizzazione dell’informazione Rai non è davvero più rimandabile, a maggior ragione dopo aver assistito, con gli attuali direttori dei tg, al punto più basso mai raggiunto dall’informazione pubblica: violazioni della par condicio, multe dell’Agcom senza precedenti, errori e scivoloni continui, propaganda al posto del pluralismo.

Si discuta subito di questo, con un nuovo amministratore e un nuovo Cda.

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