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Mes, Recovery Fund e debito. Parla Mario Turco

Intervista al sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla programmazione e agli investimenti. Non servono figure ad hoc per gestire 209 miliardi di euro, questo governo ha tutte le carte in regole per utilizzare al meglio i fondi. Il Mes è un falso problema, vorrei che qualcuno mi spiegasse perché nessuno l’ha chiesto in Ue. La Bce? Sarebbe opportuno prevedere dilazioni per quei Paesi che si sono indebitati a causa della pandemia

Mes, debito, Recovery Fund. Un’operazione verità, di quelle su larga scala, forse necessarie in un momento che più delicato di così non può essere. Mario Turco, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla programmazione e agli investimenti in quota Movimento Cinque Stelle, punta a fare proprio questo. Perché solo dalla chiarezza si ottiene una buona strategia.

Turco, partiamo dal Recovery Fund. I fondi presto o tardi, arriveranno. E per l’Italia sarà la prova del fuoco. C’è chi ha proposto, come Assonime, un ministro ad hoc per i fondi europei. Lei cosa propone per un corretto e soprattutto efficiente uso delle risorse?

I fondi del Recovery Fund arriveranno nei tempi stabiliti e previsti, lavoriamo da mesi e non c’è nessun ritardo sul cronoprogramma. Il governo è già da tempo impegnato nella redazione del piano Next Generation Eu e sull’utilizzo dei 209 miliardi spettanti all’Italia.

Mi pare molto chiaro. Però ciò non toglie che occorrerà una buona dose di lungimiranza e polso nel saper gestire una tale mole di risorse…

La valutazione delle proposte progettuali dovrà privilegiare nuovi asset strategici dello sviluppo economico in modo da consentire all’economia del Paese di poter crescere in maniera più solida dal passato. Nonostante le difficoltà di questi mesi, abbiamo garantito livelli sostenibili di sicurezza sanitaria, sociale ed economica, questo grazie anche alla fiducia e ai sacrifici dei cittadini, delle imprese e dei lavoratori italiani, che hanno compreso la tragicità del periodo. Ritengo, quindi, che il governo, nel momento più difficile della storia d’Italia, abbia dimostrato, nonostante alcuni errori comprensibili commessi, competenze, capacità e professionalità adeguate a superare la crisi e a rilanciare il Paese. Questo non giustifica, pertanto, forze politiche aggiuntive e nuovi ministri ad hoc per affrontare il periodo post crisi Covid-19.

Niente ministri ad hoc. E allora, dove migliorare?

Nell’ambito della mia delega alla programmazione economica e agli investimenti, sin dall’inizio, in occasione delle diverse attività di monitoraggio effettuate al Cipe ancor prima della pandemia, ho evidenziato la necessità di migliorare la capacità di spesa e la gestione degli investimenti pubblici. Ciò potrà avvenire solo se alla programmazione economica si affianchi una efficiente gestione degli investimenti che necessariamente richiede un efficace sistema di monitoraggio, concomitante e non più ex post, sul processo amministrativo, sullo stato della spesa e sui tempi di realizzazione delle opere.

Turco, la Pa italiana ha più volte dato segni di scarsa efficienza. E la sfida è ardua…

Abbiamo ereditato una struttura amministrativa con tante criticità e basata su vecchi schemi di gestione, e stiamo cercando di innovarla nonostante le difficoltà che stiamo vivendo. A tal riguardo ho proposto ed è stata approvata una riforma, frutto delle attività di monitoraggio effettuate, che istituisce un sistema di monitoraggio e valutazione degli investimenti pubblici permettendo di superare le criticità gestionali riscontrate sull’impiego delle risorse pubbliche. Tutto questo è contemplato nell’art-41 del Decreto Semplificazione, la cui direttiva e circolare applicativa, in tempi brevi, è stata già approvata dal Cipe il 26 novembre di quest’anno. Non è tutto.

C’è altro?

Sì. Allo stesso tempo, oltre a prevedere regole certe sull’utilizzo delle risorse, prevedendo anche la nullità degli atti amministrativi di finanziamento laddove non si rispetti l’istituzione del Codice unico di progetto (Cup), è stato istituito un Comitato di Monitoraggio costituito dal Dipartimento per la Programmazione e il coordinamento della Politica Economica, dalla Ragioneria generale dello Stato e dal Dipartimento di coesione che avrà il compito, tra l’altro, di analizzare l’andamento della spesa per gli investimenti, individuare soluzioni alle criticità riscontrate, predisporre piani correttivi e rimuovere gli ostacoli; attuare un piano di comunicazione e formazione, che sarà condiviso con le rappresentanze degli Enti territoriali, a favore delle Pubbliche amministrazioni interessate alla riforma, responsabili di linee di finanziamento. La riforma, inoltre, rende trasparente e corretta l’informazione anche ai cittadini che potranno valutare in maniera oggettiva lo stato di realizzazione degli investimenti pubblici.

Un buon programma, sottosegretario…

Lo può dire forte. Il governo sul tema del monitoraggio e di migliorare la gestione degli investimenti pubblici lavora da tempo ed era uno degli obiettivi primari.

Parliamo d’Europa. Lunedì l’Italia dovrà essere in grado di dare una risposta all’Ecofin sul Mes. Il governo sembra ancora diviso, eppure la riforma del Meccanismo non equivale alla richiesta dei fondi. Che cosa spaventa realmente del Mes?

Le risorse del Mes sono un falso problema poiché il governo ha già stanziato fondi sufficienti a gestire la crisi sanitaria. Tante sono le risorse che abbiamo messo a disposizione delle Regioni. Il problema non è aggiungere altre risorse ma migliorare la capacità di spendere i soldi stanziati, migliorando soprattutto la gestione della sanità e soprattutto la qualità della spesa, evitando inutili sprechi. Oggi non lavoriamo solo per risolvere le contingenze emergenziali ma stiamo pensando a come far ripartire nel miglior modo possibile il Paese, cercando di garantire la sostenibilità delle politiche di finanziamento. Occorre chiedersi poi una cosa.

Che cosa?

Come mai nessun Paese europeo, considerando che la crisi ha colpito tutti, ha attivato lo strumento del Mes? Il suo utilizzo significherebbe attestare una mancanza di liquidità che avrebbe come conseguenza di attirare leve speculative nei confronti dei nostri titoli pubblici. L’andamento al ribasso degli interessi sul nostro debito, dimostrano la non necessità di attivare il Mes proprio a conferma che l’Italia ha liquidità idonee per fronteggiare la crisi Covid e per finanziare la futura ripresa economica. I tassi di interesse bassi sul debito pubblico, infine, stanno favorendo ingenti risparmi finanziari di diversi miliardi, molto al di sopra del risparmio di qualche centinaia di milioni di euro che l’utilizzo del Mes garantirebbe, e che mal si concilierebbero peraltro con una ripresa della speculazione finanziaria, al momento assente.

Un suo collega di partito, il sottosegretario Fraccaro ha rilanciato, ieri, l’ipotesi della cancellazione del debito pandemico. Sappiamo tutti quanto è complesso ottenere tale sconto. Ma non crede che in momenti unici nella storia servano risposte altrettanto uniche?

L’Europa ha già in parte previsto un non debito derivante dalle risorse del Recovery Fund, dove a fronte dei 209 miliardi, ha già previsto risorse a fondo perduto che l’Italia non dovrà restituire pari a 81,4. Sarebbe un errore da non ripetere, in considerazione di quanto accaduto dopo la crisi economica del 2007-2008, attivare politiche restrittive e di tagli alla spesa pubblica.

Qualche idea in proposito?

Avevo già proposto, e in parte si sta seguendo, un piano di autofinanziamento interno che permetta all’Italia di autofinanziare al suo interno la spesa pubblica e la ripresa economica, attraverso l’emissione di titoli pubblici rivolta espressamente ai risparmiatori italiani, la possibilità di cedere crediti fiscali tra gli operatori economici, politiche fiscali di sostegno alle imprese e all’occupazione, così come la possibilità di istituire una Banca pubblica per gli investimenti e di attrazione del risparmio privato infruttifero.

Poi c’è la Bce. Che ad oggi ha quasi il 20% del nostro debito in pancia…

Nel difficile scenario post Covid importante sarà anche il ruolo della Bce che dovrà valutare possibili soluzioni sui debiti che i singoli Stati hanno contratto per il Covid, prevedendo possibili dilazioni di favore o ulteriori contributi a fondo perduto, da far gravare sul bilancio europeo e coprire con forme di tassazione comune da non far gravare sull’economia reale. Infine, la politica monetaria e fiscale dovrà favorire politiche espansive della spesa per fronteggiare la crisi occupazionale post emergenza sanitaria; così come indirizzare gli ingenti risparmi sull’eco mia produttiva, al fine di sostenere lo sviluppo economico e il benessere dei cittadini. Sarebbe utile ridurre la convenienza di queste risorse ad essere indirizzate a favore della speculazione finanziaria.

Proviamo a lavorare d’immaginazione. L’Italia del post Covid non sarà più la stessa. Lei come la vede la nuova Italia e, soprattutto, la nuova economia?

Nella programmazione economica e nelle politiche d’investimento di questi mesi abbiamo dato priorità a progetti orientati alla digitalizzazione, alla sostenibilità, all’economia green, e alla transizione energetica, scoraggiando la superata economia lineare. Ed è un’occasione unica per modernizzare il Paese sia con riferimento alla Pubblica amministrazione sia al nostro tessuto economico-produttivo. Allo stesso tempo stiamo assicurando ingenti investimenti nella filiera dell’educazione, della formazione e delle ricerca.

Investimenti… se ne parla sempre in Italia. Ma alla fine si rimane lì.

Per questo fondamentale sarà il ruolo degli investimenti sulla crescita economica. A tal riguardo, abbiamo creato una struttura operativa con un profilo manageriale che garantirà il monitoraggio dei progetti e la verifica della loro attuazione. La grande sfida sarà come migliorare la competitività del Paese. Solo così saremo in grado di crescere con percentuali superiori a quelle degli ultimi vent’anni.

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