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Il populismo non è morto (neanche in Italia). I rischi globali secondo Bremmer

Biden

La presidenza Biden, su cui incombe la sfida di Trump, è il primo rischio globale del 2021 secondo Eurasia Group. Seguono coronavirus, clima, sfida Usa-Cina e post Merkel. Timore per il ritorno dei populismi in Europa (anche in Italia) alla luce delle difficoltà dei governi nella gestione della pandemia

La pandemia di coronavirus, che nella classifica Top Risks redatta l’anno scorso da Eurasia Group neppure compariva, è la seconda sfida mondiale per il 2021. Davanti c’è soltanto la presidenza di Joe Biden. Ecco i dieci rischi globali per quest’anno secondo la società di consulenza di Ian Bremmer.

PRIMO RISCHIO: IL 46* PRESIDENTE

Nel rapporto presentato 12 mesi fa gli autori inserivano in vetta alla classifica, per la prima volta, una questione interna agli Stati Uniti: le elezioni di novembre e lo stato delle istituzioni federali in un Paese sempre più polarizzato. Elementi che ritroviamo oggi con il primo posto occupato da “46*”. È la presidenza dell’asterisco, scrivono gli esperti di Eurasia, visto che l’inquilino della Casa Bianca è considerato illegittimo da circa metà del Paese. Biden “ha ricevuto 306 voti elettorali e più di 80 milioni di voti popolari, più di qualsiasi candidato alla presidenza nella storia americana”, scrivono. “Ma il rifiuto del presidente Donald Trump di accettare il risultato di un’elezione che dichiara essere stata rubata è unico nella storia americana e sottolinea quanto il Paese sia diventato e rimarrà diviso”.

SECONDO RISCHIO: IL COVID

L’anno inizia con le buone notizie dal fronte vaccini. Il mondo è ottimista sul fatto che la vita inizierà a tornare alla normalità nella prima metà dell’anno. Tuttavia, “le crisi economiche dei mercati emergenti potrebbero minare le iniziali riprese nei mercati avanzati e ridurre in modo significativo la crescita globale; la ripresa iniqua porterà instabilità politica. Quest’anno rivelerà che i sintomi persistenti del Covid-19 minacciano non solo la nostra salute ma anche l’economia globale”.

TERZO RISCHIO: IL CLIMA

“Ci saranno molte strette di mano trionfali e la comparsa di progressi climatici con nuovi annunci di emissioni zero”. Ma la transizione energetica continuerà a essere dominata dall’assenza di coordinamento globale.

QUARTO RISCHIO: LA SFIDA USA-CINA

“Dopo l’uscita di Trump, le relazioni Stati Unniti-Cina non saranno così evidentemente conflittuali. Entrambe le parti cercheranno un po’ di respiro. Ma il desiderio di stabilità sarà controbilanciato da tre fattori nuovi e sottovalutati: una diffusione delle tensioni dagli Stati Uniti ai suoi alleati; una competizione per guarire il mondo e un’altra per renderlo più verde. A conti fatti, quest’anno vedrà una rivalità bilaterale intensa come quella dell’anno scorso, e questo è pericoloso”. E ancora: Biden cercherà respiro “per concentrarsi sugli affari interni e il presidente cinese Xi Jinping per consolidare ulteriormente il suo potere in vista del Congresso del Partito nel 2022. Ma non ci sarà alcuna distensione”. Anzi, assisteremo a un’escalation delle tensioni.

LE ALTRE SEI SFIDE

Al quinto posto c’è il flusso dei dati con il rischio che nuove barriere ostacolino la ricerca di risposte coordinati alle sfide globali come il cambiamento climatico. Al sesto posto c’è la sfida tecnologica e geopolitica nell’arena cibernetica. Il settimo posto c’è la Turchia, che ha scongiurato una crisi finanziaria alla fine dello scorso anno e che rappresenta un alleato scomodo per la Nato e gli Stati Uniti (“gli sforzi di Biden per un reset nelle relazioni con Ankara Ankara finiranno presto nei guai”) oltre che un vicino destabilizzante per l’Unione europea. Specie alla luce delle note tensioni tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e l’omologo francese Emmanuel Macron, che con l’uscita di scena della cancelliera tedesca Angela Merkel si prepara a essere l’uno di riferimento nel Vecchio continente. L’ottava sfida è rappresentata dal prezzo del petrolio, che si prepara a un 2021 peggiore dell’anno appena concluso. La nona è l’Europa dopo Merkel, con il rischio che, in seguito alla pandemia e alla sua gestione da parte dei governi europei, “anche il populismo europeo si sveglierà dal suo (breve) letargo”: “I passi falsi dei partiti al potere creeranno aperture per i populisti in Italia e nei Paesi Bassi quest’anno, e in Francia in vista delle elezioni del prossimo anno”. All’ultimo posto (il decimo) c’è l’America Latina: “il Medio Oriente è evidentemente il grande perdente della crisi del coronavirus tra le regioni del mondo. Ma l’America Latina è chiaramente al posto secondo”.

LE FALSE PISTE

Ecco, invece, le tre false piste da non seguire. L’amministrazione Biden sarà disposta a coinvolgere i leader amici di Trump — dal presidente brasiliano Jair Bolsonaro a quello turco Erdogan, dal premier israeliano Benjamin Netanyahu a quello britannico Boris Johnson — su questioni di interesse comune. Le Big Tech saranno salvata dalle complessità politiche dei problemi che pongono. E in assenza di un evidente scatto di Teheran verso la bomba, il rischio di una guerra tra Stati Uniti e Iran è basso.

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