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Un pragmatico a Palazzo Chigi. Palano legge la dottrina Draghi

grillo draghi

Mario Draghi è una persona pragmatica, nel senso che alle idee (e ideologie) preferisce i fatti. Il suo pragmatismo non è trasformismo né c’entra con il camaleontismo di Conte. La radiografia di Damiano Palano, direttore del Dipartimento di Scienze politiche alla Cattolica di Milano

Ci hanno provato in tutti i modi a ricostruire una “dottrina Draghi”. Da quando “super-Mario” ha salito gli scaloni del Quirinale fior fior di scienziati della politica hanno tentato di trovare un file-rouge che dica qualcosa del dna politico del prossimo premier tecnico, dai suoi trascorsi al Tesoro e a Bankitalia fino alla lunga avventura alla guida della Bce a difesa dell’euro, whatever it takes.

Sia chiaro, non è cosa da poco. La lunga consuetudine del premier incaricato con la politica italiana e internazionale ne fa un tecnico sui generis, che conosce a memoria rituali, dogmi e messaggi in codice dei palazzi del potere. E però affibbiare all’ex “Mr. Bce” un’etichetta è compito arduo se non impossibile.

Si sente spesso dire in questi giorni, specie da chi gli è più vicino, che Mario Draghi è “una persona pragmatica”. Chissà che non sia questa l’unica, vera chiave per capire il Draghi-pensiero.

Ne è convinto Damiano Palano, politologo, direttore del Dipartimento di Scienze politiche dell’Università Cattolica di Milano. “Il pragmatismo è la colonna portante della carriera di Draghi. Lo abbiamo visto in azione. Quando, ad esempio, ha messo via gran parte degli standard operativi delle banche centrali e della Bce per rispondere a una situazione inedita che richiedeva flessibilità”.

Certo, dice, “è un pragmatismo tipico della tecnica finanziaria, non sarà facile trasporlo in politica”. Viene da chiedersi se pragmatismo non sia sinonimo di “trasformismo”. Se così fosse, basterebbe guardare ai “responsabili” à la Lello Ciampolillo. “No, attenzione – spiega Palano – il bieco trasformismo, cioè la convinzione che si possa cambiare qualsiasi idea a seconda delle esigenze contingenti, è ben altra cosa. Non a caso spopola nella politica di oggi, orfana di riferimenti ideali e teorici, di una dottrina, e dipendente dai talk show”.

Bisogna allora andare indietro nel tempo per trovare un Draghi ante-litteram, di settant’anni. “Un paragone si può fare, con qualche forzatura, con Luigi Einaudi. Aveva un solido pantheon culturale alle spalle, ma una volta in politica ha dimostrato di saper adeguare la sua impostazione di “tecnico” alle esigenze del dopoguerra”.

Definire Draghi “un tecnico”, spiega il politologo, è a dir poco riduttivo. “Frequenta la politica, anche se a livello istituzionale, da più di trent’anni. Non è così ingenuo da pensare che con gli strumenti tecnici si superino le ostilità della politica. Un errore che fece invece Mario Monti. Ma lui è di Varese, Draghi è nato e cresciuto a Roma e conosce bene i riti dei palazzi romani”.

È ancora presto per tirare le fila di un vero e proprio “pensiero politico” del futuro premier prima ancora che metta piede a Palazzo Chigi. Secondo Palano però è probabile che la “dottrina Draghi” lasci un segno più profondo sulla politica (e la politologia) italiana del “contismo”.

“Chiarisco, non sono così critico dell’esperienza dei governi Conte. Ma la sua forza in questi anni, la capacità di adattarsi e mettere insieme forze politiche diverse, di fare un po’ il “camaleonte”, può trasformarsi in un grande limite per il suo futuro politico. Non esiste, in effetti, un manifesto del contismo”. “Conte è stato un grande contenitore – continua il professore – difficilmente lo vedo in grado di vestire i panni del leader politico di una coalizione, o magari del Movimento Cinque Stelle”.

L’ex premier-avvocato ci proverà comunque. Correrà al collegio di Siena alle suppletive per la Camera e ha già fatto capire di volersi contendere lo scettro dei Cinque Stelle. Non è certo il primo presidente del Consiglio “tecnico” a farsi stregare dalle sirene della politica. Fecero così Ciampi, Dini e pure Monti, con alterni risultati, non proprio felicissimi.

Anche Draghi cederà? “Sinceramente penso che avrebbe fatto volentieri a meno di questo incarico – dice Palano – un impegno politico immediato mi sembra lontano dal personaggio. È pur vero che quando si inizia un lavoro, e un lavoro ambizioso come ricostruire l’Italia, la tentazione di proseguirlo è fortissima”.

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