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Dal Conte II al governo Draghi, il ruolo del Centro in politica

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Per costruire un partito di “centro” non ci si può che rifare al pensiero di Sturzo padre del “popolarismo”. È possibile che sia possibile un altro centro, nessuna remora. Sarà di certo con identità laica, liberale non popolare col quale si potrà realizzare una alleanza di governo col “centro” di cultura popolare. Il commento di Raffaele Reina

Il complesso e complicato dibattito politico che si sta svolgendo in questi giorni, dopo aver attraversato le turbolenze sfociate nella nascita del governo Draghi, registra una novità: la possibilità della riscoperta di un “centro” che faccia chiarezza sulla confusione fino ad oggi voluta e determinata dagli inventori dei termini centrodestra e centrosinistra senza trattino. Forse si è giunti alla rivalutazione del Centro dimenticato.

Il sistema politico e di governo dell’Italia, storicamente, fino alla fine del Ventesimo secolo è stato sempre caratterizzato da un forte “centro”. L’idea di un partito con tali peculiarità in Italia fu introdotto da don Luigi Sturzo agli inizi del Ventesimo secolo, ne divenne protagonista per tutto il Novecento, esclusa la parentesi del Fascismo. Esaurita con la Democrazia Cristiana quell’esperienza, le tenebre ingoiarono la politica vera. Politologi, opinionisti, operatori politici e dell’economia si adoperarono con veemenza contro il vecchio sistema dei partiti, perché bisognava agire per far crescere il “nuovo”. Sciocchezze. Slogan banali e senza senso inondarono i mezzi di informazione: “a destra o a sinistra”, “di qua o di là”, “centrodestra o centrosinistra”, adesso ci si accorge che quel nuovo non c’era perché non esisteva, era solo illusorio, effimero, inconcludente, tanto che oggi si è costretti a prenderne atto, e a individuare paradigmi di buona politica.

Emergono dall’affannosa indagine ipotesi e numerose proposte, si torna quindi a discutere anche di “centro”. Nel trentennio trascorso era sì evocato, ma flebilmente, tenuto quasi nascosto, a rappresentare la foglia di fico che mistificava l’inconsistenza di destra e di sinistra. Il sistema politico degli ultimi decenni della Repubblica, dopo copiose sbornie e infiniti riti orgiastici, senza raggiungere approdi stabili e condivisi, si presenta oggi come il re nudo, di pensiero, di cultura, di etica, di proposta, di visione del mondo. Non a caso i cosiddetti partiti, di fronte alle tortuosità del governo Conte II, hanno dichiarato la loro impotenza e mostrato la propria inadeguatezza. È stata necessaria una iniziativa decisa del presidente Sergio Mattarella per rimettere sulla retta via costituzionale il percorso del governo del Paese, chiamando Mario Draghi a guidare il nuovo esecutivo.

L’arrivo a Palazzo Chigi del già presidente della Bce non è stato indolore, ha provocato evidenti fenomeni tellurici che hanno offuscato vecchi totem e antiche prassi politiche. È il “redde rationem”, ci si interroga smarriti per individuare il proprio “ubi consistam”. In questo scenario sconquassato si cercano soluzioni per superare la complicata contingenza. Si ha contezza di una situazione precaria, il sistema politico italiano balbetta, manca un vero e proprio partito di “centro” punto di equilibrio del sistema, da anni precipitato nell’oblio della dimenticanza. A introdurre una formazione politica centrista in Italia fu, come si è detto poc’anzi, don Luigi Sturzo, sacerdote a Caltagirone. Egli racconta come fu importante per lui guardare ai modelli del partito Zentrum dell’impero germanico al Reichstag e l’altro irlandese alla House of Commons. Essi, pur non partecipando al governo, obbligarono altissimi esponenti politici della Germania e dell’Inghilterra ad accoglierne posizioni e proposte, risultando vittoriosi nelle storiche lotte del Kulturkampf e per la libertà dell’Irlanda.

Sturzo con convinzione e tenacia seguì il medesimo paradigma, applicando nel consiglio comunale della sua Caltagirone quell’esperienza nel 1899 e nel 1904, proponendo proprie liste, che nel 1905 gli consentirono, con i soli esponenti della nascente Democrazia cristiana, di diventare sindaco con una propria maggioranza, utile per amministrare quel comune per cinque anni interi. Con lo stesso spirito nel gennaio 1919 egli fondò il partito popolare, partito di centro, con l’intenzione di tenerlo fuori dagli impegni di governo fino a quando non avesse avuto convinzione di poter essere decisivo e costruttivo nel Parlamento. Appena dopo sei mesi dalle elezioni del novembre 1919, che assegnarono cento seggi al Partito popolare, la crisi dei liberali, la crescita della riottosa sinistra, gli scioperi violenti nelle fabbriche convinsero Sturzo ad accettare l’invito dei liberali ad entrare nel governo. Aderì ma con responsabilità minima, come partito di rincalzo.

Il “centro”, quindi, come sinonimo di Partito popolare. Volere oggi costruire un partito di “centro” non ci si può che rifare al pensiero di Sturzo padre del “popolarismo”. È possibile che sia possibile un altro centro, nessuna remora. Sarà di certo un centro con identità laica, liberale non popolare col quale si potrà realizzare una alleanza di governo col “centro” di cultura popolare. All’indomani delle elezioni politiche del 1948 Alcide De Gasperi, guida illuminata della Dc, “centro” democristiano, pur avendo ottenuto la maggioranza assoluta in Parlamento, facendo tesoro dell’insegnamento di Sturzo, volle nella sua coalizione di governo collaborare con le forze centriste laiche e liberali. Un valido e possibile sentiero da seguire in questo tempo.

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