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Chi sale e chi scende. La Risk map 2021 di Sace

La società che insieme a Simest funge da polo dell’export per il made in Italy presenta la Risk Map 2021. Su 120 Paesi, condizioni economiche migliori di un anno fa in 22 Paesi

2021, anno della svolta? Forse, ma non per tutti. Il mondo è grande e la tanto agognata uscita dal tunnel arriverà un po’ in ordine sparso. Questo il messaggio di fondo emerso dalla Risk Map di Sace, giunta all’edizione 2021. L’anno da poco cominciato, si prospetta come un anno di transizione verso l’uscita dalla crisi pandemica, un anno caratterizzato dai cosiddetti fattori V: Ovvero, Virus, Varianti e Vaccini, ma anche un sentiero di pieno recupero dell’economia mondiale dopo la profonda recessione registrata nel 2020.

A un anno dall’inizio della pandemia che ha portato a una recessione globale senza precedenti, l’incertezza economica permane e il quadro complessivo dei rischi è decisamente più elevato ed eterogeneo. Ma il 2021 sarà un anno di transizione verso la ripresa, grazie ai progressi nel contrasto al virus e nonostante i rischi di nuove ondate, trainata dai fattori di resilienza e da una nuova attenzione alla sostenibilità come parte integrante delle strategie di competitività aziendale.

Ebbene, secondo la Risk Map, che ha analizzato 194 Paesi, 22 migliorano, 52 restano stabili e 120 peggiorano nel loro grado di rischio del credito. Questo non toglie che le nostre imprese potranno sfruttare le opportunità di crescita anche nelle aree più “instabili”, ma soprattutto in quelle economie che nelle aree di riferimento risultano più “solide” come gli Emirati Arabi Uniti e il Perù o più resilienti come il Vietnam, spiegano da Sace.

Come detto, il 2021 sarà un anno a V: quello che emerge dalla mappa è un quadro contraddistinto da un incremento generalizzato dei livelli di rischio, ma anche da una profonda eterogeneità tra le diverse aree geografiche, in cui le imprese potranno sfruttare le opportunità di crescita persino nelle Regioni più “instabili”, grazie a un approccio in cui competitività e sostenibilità diventano due facce della stessa medaglia.

D’altronde, “gli scenari globali sono ancora profondamente segnati dallo shock pandemico”, spiega Sace, “che nell’ultimo anno ha imposto un improvviso cambiamento delle priorità di numerosi Stati. Le misure d’emergenza per il contenimento e contrasto del contagio hanno innalzato alcune tensioni economico-sociali e si sono tradotte in un aumento dei livelli di debito pubblico e privato, già critici soprattutto nei Paesi a medio e basso sviluppo. Ciononostante è attesa una ripresa a V dell’economia mondiale nel 2021, con un inizio piuttosto timido per poi prendere vigore nel corso dell`anno e quindi recuperare pienamente dopo la profonda recessione registrata lo scorso anno”.

Il problema di molti Paesi rimane, comunque, il debito. “La crisi pandemica ha contribuito a un ulteriore incremento del debito mondiale, sia pubblico che privato, nel 2020: un aumento di 24 mila miliardi che ha portato il debito complessivo a raggiungere quota 281 mila miliardi, pari al 355% del Pil globale e in netto aumento rispetto al 320% raggiunto nel 2019”, si legge nella mappa Sace.

Secondo il gruppo dell’export (insieme a Simest) guidato da Pierfrancesco Latini, il Fondo monetario internazionale ha sostenuto le esigenze finanziarie delle economie in difficoltà con linee di credito ed estensione di programmi ad hoc fornendo liquidità per 32,3 miliardi di dollari in 83 Paesi, di cui circa 16,7 miliardi verso l’Africa Subsahariana, circa 5,4 miliardi verso l`America Latina e circa 3,9 miliardi verso il Medio Oriente e il Nord Africa. Anche i Paesi membri del G20 si sono mossi con l`iniziativa di sospensione del servizio sul debito per concedere alle economie più fragili alle conseguenze dello shock un riscadenzamento del debito a parità di valore.

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