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Indo-Pacifico, arriva la strategia europea (dopo Francia e Germania)

Pubblicata la strategia europea per l’Indo-Pacifico: serve una presenza navale “significativa” nella regione (dove per ora c’è soltanto la Francia). La Cina non viene nominata ma…

Una presenza marittima “significativa” nell’Indo-Pacifico. È quanto prevede la strategia europea per la cooperazione nella regione, definita “di primaria importanza strategica” nel documento approvato oggi dal Consiglio dell’Unione. 

Nelle conclusioni emerge l’intenzione dell’Unione europea di rafforzare la sua attenzione strategica, la sua presenza e le sue azioni nell’area al fine di “contribuire alla stabilità regionale, alla sicurezza, alla prosperità e allo sviluppo sostenibile, in un momento di crescenti sfide e tensioni nella regione”. L’impegno, si legge ancora, “avrà un obiettivo a lungo termine e si baserà sulla difesa della democrazia, dei diritti umani, dello Stato di diritto e del rispetto legge internazionale”. Le attuali dinamiche nell’Indo-Pacifico hanno dato origine a “un’intensa concorrenza geopolitica che si aggiunge alle crescenti tensioni sul commercio e sulle catene di approvvigionamento, nonché nelle aree tecnologiche, politiche e di sicurezza. Anche i diritti umani vengono messi in discussione”.

Secondo il Consiglio, questi sviluppi minacciano sempre più la stabilità e la sicurezza della regione e oltre, con un impatto diretto sugli interessi dell’Unione europea. Di conseguenza, “l’approccio e l’impegno dell’Unione europea cercheranno di promuovere un ordine internazionale basato su regole, condizioni di parità, nonché un ambiente aperto ed equo per il commercio e gli investimenti, la reciprocità, il rafforzamento della resilienza, la lotta ai cambiamenti climatici e il sostegno alla connettività con l’Unione europea”. Rotte di approvvigionamento marittimo libere e aperte nel pieno rispetto del diritto internazionale rimangono “fondamentali” e l’Unione europea cercherà di collaborare con i suoi partner nell’Indo-Pacifico su queste questioni di interesse comune. L’Unione europea continuerà a sviluppare partenariati nei settori della sicurezza e della difesa, anche per affrontare la sicurezza marittima, le attività informatiche dannose, la disinformazione, le tecnologie emergenti, il terrorismo e la criminalità organizzata. L’Unione europea e i suoi partner regionali lavoreranno anche insieme per mitigare gli effetti economici e umani della pandemia di Covid e si adopereranno per garantire una ripresa socioeconomica inclusiva e sostenibile. Il Consiglio ha incaricato l’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza e la Commissione di presentare una comunicazione congiunta sulla cooperazione nell’Indo-Pacifico entro settembre 2021.

Come ha sottolineato Politico, si tratta di un “importante passo diplomatico” per i 27. Tuttavia, c’è soltanto un Paese dei 27 ad aver forze navali “significative” nella regione, in questa fase segnata dalle tensioni tra Stati Uniti e Cina: la Francia. La Germania si è impegnata a inviare un’unica fregata in Asia ad agosto. E, vista la Brexit, senza il Regno Unito (che con la Francia potrebbe invece unirsi al Quad allargato), l’Unione europea si trovano con capacità navali ridimensionate. 

Così nel documento non c’è molto di più del riconoscimento dell’“importanza di una significativa presenza navale europea nell’Indo-Pacifico”. Ecco perché potrebbe essere quel riferimento a “sviluppare partenariati” a rappresentare il perno della politica navale europea nell’Indo-Pacifico piuttosto che un impegno diretto che significherebbe ribaltare decenni di politica estera e di difesa del blocco. Pesano le diverse vedute tra i 27 per gli impegni militari ma anche i timori di alcuni Stati che una discesa “in mare” possa irritare la Cina finendo per colpire gli scambi commerciali.

Tra questi c’è sicuramente la Germania, il cui approccio mercantilistico è stato “sconfitto” nel documento nel riferimento alla cooperazione sul “valore aggiunto”: catena del valore sicure e resilienti, salute globale, infrastrutture critiche (come il 5G), cyber e tecnologie emergenti. Non ci sono riferimenti alla Cina (l’unico è all’accordo Cai) ma gli altri, quelli ai “like-minded partners”, sembrano un chiaro segnale a Pechino (e dunque a Washington) sul posizionamento europeo nell’Indo-Pacifico.

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