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Niente fondi senza riforme. Giustizia, Pa e concorrenza, il difficile arriva ora

La data del 30 aprile, con l’invio del Pnrr italiano a Bruxelles, non è un punto di arrivo ma di inizio. Grazie alla sterzata data dal premier Draghi, il nostro Paese dovrà abbandonare il suo “riformismo immobile”, come da definizione di Guglielmo Negri. Luigi Tivelli spiega come il governo dovrà correre a maggio

Occorre sempre qualche attenzione ai facili successi. Non è che perché il Pnrr è stato presentato e accettato a Bruxelles il 30 aprile il problema è di per sé risolto e c’è la piena certezza che a luglio scatterà l’anticipazione all’Italia del 13% dei 191,5 miliardi del Recovery Fund per essa previsti. Abbiamo visto negli scorsi mesi come sia diffuso nelle istituzioni europee un certo scetticismo sulla reale capacità di produrre ed implementare le riforme che interessano all’Europa.

È come se più di qualcuno, per assurdo, avesse letto gli splendidi saggi di più di trent’anni fa dell’indimenticabile Guglielmo Negri, intellettuale e uomo delle istituzioni, che già allora, in riferimento al nostro Paese, parlava di “riformismo immobile”. In questi due mesi che ci separano da luglio, proseguirà alacremente fra i funzionari italiani e i funzionari europei soprattutto il confronto proprio su quelle circa 40 pagine del Pnrr che riguardano le riforme.

Perché è vero che si è passati da quella paginetta stringata della prima versione del Piano ad una esplicitazione più precisa e puntuale delle singole riforme, ma a Bruxelles ci chiedono anche cronoprogrammi e impegni più precisi. Per fortuna che che nelle ultime settimane di elaborazione del Piano il Presidente Draghi ha messo tutto il suo impegno e il suo peso perché venissero profilate ed esplicitate al meglio quelle riforme che contemporaneamente sono rinviate e attese da molto tempo, il Paese ne necessità più che mai e sono le stesse che l’Europa ci chiede.

Scegliamo quelle che mi sembrano le tre principali. Una riforma della pubblica amministrazione tesa a superare la stratificazione normativa e la limitata e diseguale digitalizzazione, lo scarso investimento nel capitale umano dei dipendenti, l’assenza di ricambio generazionale e di aggiornamento delle competenze. Con la prevista immissione nei ruoli con meccanismi moderni di assunzione come sta provvedendo a fare il Ministro Brunetta e con l’impegno poi dei decreti semplificazioni attesi per questo mese di maggio e con un processo a tappeto di digitalizzazione, sempre che siano previsti in termini adeguati tempi, metodi e scadenze, su cui è forte il focus di Bruxelles, il risultato sembra efficace.

La seconda riforma è quella della giustizia con cui si prevede la riorganizzazione degli uffici giudiziari, la creazione dell’ufficio del processo (una struttura a supporto del magistrato nella fase conoscitiva della causa), la definitiva attuazione del processo telematico, il recupero dell’arretrato, con un impegno esplicito del Premier a ridurre i tempi dei processi civili del 40% e almeno del 25% di quelli penali, partendo da una condizione in cui oggi servono 500 giorni per concludere un processo civile in primo grado.

L’ultima riforma in ordine di tempo inserita nel Pnrr per una scelta esplicita ed efficace del Presidente Draghi è quella della concorrenza, alla quale a Bruxelles sono particolarmente sensibili. Lo stesso Draghi ha parlato di “Una continuativa e sistematica opera di abrogazione e modifica delle norme che frenano la concorrenza, creano rendite di posizione e incidono negativamente sul benessere dei cittadini”,  un’opera tesa ad impedire che “i fondi che ci accingiamo ad investire finiscano soltanto ai monopolisti”.

Da qui l’impegno del Premier a varare entro luglio una nuova legge annuale sulla concorrenza (l’ultima e l’unica fu nel 2017, nonostante la legge annuale fosse stata introdotta nel 2009). Lo stesso Draghi ha citato tra gli ambiti della legge le gare per i regimi concessori, oppure la semplificazione delle autorizzazioni, i settori strategici come le reti digitali o l’energia, il tutto per scongiurare effetti negativi sui cittadini.

La conseguenza sarebbe che perlomeno per tutto il corso di validità del Recovery Plan ci sarebbe ogni anno una legge annuale tesa a eliminare vincoli, rigidità, statalismi e a rendere più  “europeo” il modello italiano. Ora, il punto è se  il cronoprogramma è stato articolato in termini adeguati, se a Bruxelles sarà superata l’atavica scarsa fiducia nella capacità dell’Italia nel avviare e condurre in porto le riforme. Certamente, anche i questo caso, la garanzia – Draghi giocherà un ruolo rilevante, ai fini di superare ogni possibile eventuale dubbio, nella erogazione della prima tranche del finanziamento a valere sul Recovery Fund.

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