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Cravatta 1, pochette 0. Così Grillo commissaria Conte

Beppe Grillo show a Montecitorio. Il fondatore del Movimento rimette i puntini sulle i, “Conte ha bisogno di noi, non il contrario”. Sui due mandati restano le distanze, e strizza un occhiolino a Di Maio, “il miglior ministro di sempre”. Pombeni: è come Crono, mangia tutti i suoi figli

Via la pochette, torna la cravatta. Beppe Grillo si è già stufato di Giuseppe Conte e strizza l’occhio a Luigi Di Maio. L’ex premier e capitan-futuro del Movimento Cinque Stelle non decolla. Anzi barcolla, sotto i colpi del fondatore-vate-garante.

Grillo è tornato a Roma, preceduto dalla solita, spasmodica attesa degli eletti in cerca di un segnale, anche solo un cenno. Nell’auletta dei gruppi a Montecitorio fa il bis: prima i deputati, poi i senatori. È un fiume in piena, l’incipit è di quelli a effetto. “Io sono il garante, non un coglione”, e giù uno scroscio di applausi e risatine beffarde.

Il “papà” del Movimento è di nuovo in città per mettere i puntini sulle i. “Il Movimento ha bisogno di un visionario come me e di un integerrimo come Conte”, dice. Concede questo, al premier che studia da capo-partito: una diarchia, niente di più.

Poi la stoccata, riportata dall’Adnkronos: “È Conte che ha bisogno di me, non io di Conte. Lui deve studiare e capire cos’è il Movimento”. Questo il clima che si respira alla vigilia del lancio del Movimento 2.0. Sempre che siamo davvero alla vigilia. Sulla carta è tutto pronto. C’è il nuovo logo, che ha incastonato al suo interno il numero-simbolo della battaglia ecologica, “2050”. C’è la bozza del nuovo statuto, “io e Conte siamo d’accordo sui tre quarti”, dice Grillo. Il problema è dato dal quarto mancante. Conte vuole abolire la regola dei due mandati, il Vate no, “ma decideranno gli iscritti”.

Le distanze si allargano di ora in ora. Tanto che, nella serata di mercoledì, i fedelissimi di Conte facevano trapelare la spossatezza del leader, forse si fa un partito suo. Lui nega, e butta acqua sul fuoco in una telefonata a Grillo. Che per tutta risposta, alla Camera, lo rimbrotta di continuo, mentre tesse le lodi di Di Maio, “sei uno dei migliori ministri degli Esteri della storia”.

“Grillo fa quello che sa fare meglio: tenere il palcoscenico”, dice a Formiche.net Paolo Pombeni, politologo e storico dell’Università di Bologna. “Ha bisogno di Conte, ma ha paura di lasciargli strada libera. Quindi lo ricatta: ti faccio vedere io quanto sono forte”. Chissà che quell’occhiolino a Di Maio, l’ex capo che ha imparato l’arte del governo e si è tenuto alla larga dalle faide intestine, non sia qualcosa di più.

“Di tutti questi personaggi, Di Maio è indubbiamente il migliore, l’unico che è stato capace di crescere – riprende Pombeni – Grillo lo sa, ma sa anche che Di Maio non è Conte: una volta che lo metti in sella non lo butti giù, ha un forte radicamento nel Movimento”.

Ma forse il vero motivo dell’ultimo Grillo-show romano è un altro. “Un’affermazione: io sono qui, e non mi sposto. Un modo per tracciare delle linee rosse, come hanno fatto Putin e Biden a Ginevra”. Grillo “ha sempre fatto così”, dice il professore. Anche con Davide Casaleggio “c’era un accordo spartitorio, deve essere rinnovato: uno fa il centravanti di sfondamento, l’altro il regista dietro, e talvolta davanti le quinte”.

Alla fine il fondatore, dice Pombeni, si terrà stretto Conte. Non perché abbia paura di un partito dell’ex premier, “un partito non si fa in due giorni, l’esperienza di Monti, Renzi e Calenda dovrebbe aver insegnato qualcosa”. Semmai il timore è un altro. “Grillo non è in grado di fare l’uomo di governo, ha bisogno di qualcuno al suo fianco. Solo che, fosse per lui, preferirebbe un semplice “portavoce”.

Comunque vada, il Movimento del tandem Grillo-Conte parte con più di una ruota bucata. E alla fine non è detto che il garante non voglia giocare un brutto scherzo all’ex premier. “Come Berlusconi, Grillo si comporta come Crono: mangia i suoi figli. Anche sul palco è sempre stato l’uomo dei monologhi”.

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