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Quanto conta il dossier Libia nel dialogo Draghi-Biden

La Libia è un punto di contatto tra Italia e Usa dove l’amicizia tra i due Paesi diventa cooperazione pratica e impegno a difesa di valori e obiettivi condivisi. La stabilizzazione regionale tra i temi dell’incontro Draghi-Biden

Che tra Italia e Stati Uniti il dossier Libia – paradigma attuale della situazione nel Mediterraneo – sia un punto di contatto ci sono pochi dubbi. Quando nel pomeriggio di oggi, sabato 12 giugno, Mario Draghi e Joe Biden si incontreranno (a margine del G7 in Cornovaglia), la situazione del Paese nordafricano sarà uno dei temi sul tavolo. Perché la Libia – dove un cessate il fuoco e un processo guidato dall’Onu hanno prodotto un governo di unità nazionale che ha il compito di stabilizzare il Paese verso le imprescindibili quanto sensibili elezioni di dicembre – rappresenta un tema di politica internazionale ampio.

Si tratta delle evoluzioni in corso nel Mediterraneo. Fino a pochi mesi fa il bacino era teatro di scontro tra potenze regionali (Turchia, Emirati Arabi, Egitto) mentre – anche complice un effetto Biden – ora si è innescato un processo di dialogo che punta a una generalizzata distensione. Tutto compiacendo i desiderata della Casa Bianca democratica, ma anche necessità legate al recovery post pandemia, su cui Draghi è investito di responsabilità e speranze da quella regione di mondo, l’Europa, che nel Mediterraneo trova la propria dimensione marittima.

La Libia è un test. Il processo regionale ha in effetti trovato avvio grazie al cessate il fuoco libico, il primo contesto in cui Turchia e Egitto – in guerra sui due fronti libici, in scontro nel delicatissimo Mediterraneo orientale, in profondo attrito ideologico-culturale per essere prominenti nel mondo sunnita – hanno iniziato aperture. All’Italia il compito di proteggere come capofila il percorso avviato dal governo di Tripoli nato dopo lo stop alle armi, con un ruolo riconosciuto dagli Stati Uniti. Che comprendono l’importanza del processo inquadrandolo all’interno delle dinamiche regionali (consapevoli che una generalizzata tranquillità può essere un valore per le necessità strategiche: ossia, concentrarsi sul fronte compatto anti-Cina).

Washington ha recentemente formalizzato un aumento dell’interesse per quanto succede in Libia e nel Nordafrica-Sahel:interessamento non più solo connesso all’esigenza di reprimere le organizzazioni jihadiste che trovano riparo in quelle aree (dove le leggi sono lasche e i confini persi nei deserti). Ora Washington – che ha recentemente nominato un inviato speciale per la Libia e mosso un alto funzionario del dipartimento di Stato in visita a Tripoli, dopo anni – sembra attento alle evoluzioni di carattere geopolitico. Dà sostegno al governo libico perché lo percepisce come un vettore di stabilità regionale.

Non è solo Biden, ma la maturazione di un sentimento che da tempo pervade alcuni apparati statunitensi, come il Pentagono. Impegnato attivamente con AfriCom, presente sul terreno sia in missioni operative anti-terrorismo sia come forme di contatti di diplomazia-militare, alla Difesa hanno chiaro perfettamente il contesto. La stabilità libica coincide con la stabilità dell’area;la stabilità dell’area è questione di interesse nazionale per l’Europa, dunque per gli alleati (vedere quanto Bruxelles soffre il rinculo delle crisi migratorie sul Mediterraneo); la stabilità degli alleati è necessaria per competere adeguatamente, in blocco, contro le penetrazioni e gli interessi dei rivali (Russia e Cina, anche nel quadro di una competizione tecnologica che è base dello sviluppo culturale).

Draghi ha chiaro questo meccanismo tanto quanto Biden. Il dialogo Usa-Italia è da considerarsi come un elemento di stabilizzazione, se si pensa che all’interno del Mediterraneo si sono recentemente giocate mosse aggressive da parte della Turchia contro la Grecia, aspre polemiche tra Ankara e Parigi, crisi geo-culturali tra turchi e monarchie arabe del Golfo, e tutte hanno trovato sfogo in Libia. Questioni su cui l’Italia ha sempre giocato un ruolo terzo, distensivo e dialogante: molto apprezzato da Washington. Se dalla Libia riparte il percorso in cui il colloquio diplomatico prevale sulla minaccia (e uso a volte) delle armi, allora l’Italia non può che esserne hub, scalo da cui gli americani possono muovere la propria potenza.

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