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La Cina aumenta l’arsenale nucleare. Tutti i numeri di Sipri

L’arsenale cinese è passato in un anno da 320 a 350 testate, più moderno e con vettori sempre più veloci. Domani Joe Biden e Vladimir Putin si ritroveranno faccia a faccia a Ginevra. Dopo il rinnovo del New Start, tra i temi convergenti c’è proprio il controllo degli armamenti. Entrambi vorrebbero vedere la Cina aderire agli obblighi sul tema, ma da Pechino tutto tace…

Dal 2020 a oggi la Cina ha aumentato il suo arsenale atomico da 320 testate nucleari a 350. Resta apparentemente poca cosa rispetto alle 5.550 testate degli Stati Uniti e alle 6.255 della Russia (che comunque hanno ridotto i rispettivi arsenali), anche se ormai il confronto non è più sui numeri, ma sull’evoluzione tecnologica tra miniaturizzazione e vettori ipersonici.

A ufficializzare i numeri è come sempre l’autorevole Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), che ieri ha pubblicato il suo Yearbook 2021, comprensivo delle novità sul fronte del nucleare. Nel complesso, le testate a livello globale sono diminuite da 13.400 (2020) a 13.080 (inizio 2021). Tuttavia è aumentato il numero di quelle attualmente dispiegate su forze operative (da 3.720 a 3.825), di cui circa duemila in stato di “alta allerta operativa”, pronte cioè a partire nel giro di pochi secondi.

Gli Stati nucleari restano nove: Stati Uniti, Russia, Regno Unito (225 testate), Francia (290), Cina (350), India (156), Pakistan (165), Israele (90) e Corea del Nord (tra 40 e 50, stimate). I “più nucleari” restano i protagonisti della vecchia e lontana Guerra fredda, che mantengono il 90% delle testate nel mondo e che, comunque, continuano a guidare la discesa dei numeri complessivi grazie ai reciproci impegni sulla riduzione degli arsenale. Nel report Sipri dello scorso anno si era registrata una riduzione di 460 testate rispetto al 2019. Quest’anno ce ne sono 320 in meno, sempre grazie a Usa e Russia. Eppure, a fronte della discesa degli inventari grazie alla dismissione delle testate nucleari, nell’ultimo anno è aumento di 50 unità il numero delle testate in dispiegamento operativo, a testimonianza di un clima tornato alle temperature della Guerra fredda. Sipri nota che negli Usa e in Russia ci sono “programmi ampi e costosi per sostituire e modernizzare le rispettive testate nucleari, i sistemi di lancio di missili e aerei e gli impianti di produzione”.

Novità sul tema si attendono domani da Ginevra, dove Joe Biden e Vladimir Putin si ritroveranno faccia a faccia per il primo atteso bilaterale. Tra i primi atti della nuova presidenza americana c’è stato il rinnovo del Trattato New Start. Siglato da Barack Obama e Dmitrij Medvedev nel 2010, ha sostituito i precedenti Start I, Start II e Sort, fissando a 1.550 il limite di testate nucleari dispiegabili per le due superpotenze e a 700 il massimo di vettori nucleari dispiegati contemporaneamente (tra velivoli, missili e sottomarini). A scadenza ormai imminente è stato prorogato a gennaio per altri cinque anni, con la prospettiva di partire da qui per un nuovo regime di controllo degli armamenti. È il tema su cui si registra la maggiore convergenza tra Usa e Russia, e dunque anche quello su cui Biden e Putin potrebbe trovarsi più d’accordo. Anche perché entrambe le potenze vorrebbero vedere al tavolo delle trattative anche la Cina.

L’ascesa di Pechino sul fronte nucleare preoccupa Washington quanto Pechino. Non è un segreto che la scarsa determinazione messa in campo da americani e russi per far sopravvivere il trattato Inf (che vietava il dispiegamento a terra di armi nucleari a medio raggio, ossia quelle con una gittata tra i 500 e i 5.500 chilometri) sia stata legata soprattutto all’insofferenza verso obblighi che non vincolavano Pechino, libera di proseguire la sua modernizzazione missilistica. E Pechino è infatti andata avanti notevolmente negli ultimi anni, tra nuovi vettori intercontinentali, missili a planata ipersonica e testate nucleari sempre più moderne (qui tutto l’arsenale cinese). Nel report Sipri la Cina è, tra i nove Paesi nucleari, quello che ha aumentato di più la disponibilità di testate nucleari, venti in più in un anno, senza la possibilità di capire quali siano quelle dispiegate e quelle in stato di allerta (Usa e Russia hanno su questo obblighi di trasparenza).

Da notare anche l’aumento del Regno Unito, passato da 215 testate a 225. Nel 2010 il governo di Londra sottoscrisse l’impegno a ridurre il numero di testate disponibili da 225 a 180 entro la metà di questo decennio. Le ambizioni della “Global Britain” targata Boris Johnson hanno però cambiato la situazione. “Riconoscendo l’evoluzione dell’ambiente di sicurezza, incluso lo sviluppo del range di minacce tecnologiche e dottrinali, non è più possibile” mantenere l’impegno della riduzione a 180 testate, si legge nel documento pubblicato a marzo. Il Regno Unito procederà dunque ad aumentare l’arsenale fino a 260 testate, così da avere un deterrente “minimo, credibile, indipendente, assegnato alla Difesa della Nato”.

A proposito di Nato, c’è da registrare l’accresciuta attenzione dell’Alleanza al tema del controllo degli armamenti. Ieri, nel comunicato finale del summit di Bruxelles, ampia parte è stata dedicata al tema, non senza critiche per l’attivismo di Russia e Cina sul fronte degli armamenti strategici. Da tempo gli Stati Uniti cercano di rendere la Nato più protagonista sui fori internazionali del controllo degli armamenti. L’obiettivo è aumentare la pressione internazionale su Mosca e, soprattutto, Pechino.

Infine la Corea del Nord, per cui quella di Sipri resta una stima, tra 40 e 50 testate nucleari disponibili. Stima basata sull’arsenale che Pyongyang potrebbe potenzialmente costruire con la quantità di materiale fissile che ha prodotto. “Non ci sono prove pubblicamente disponibili che la Corea del Nord abbia prodotto una testata nucleare operativa per essere lanciata da un missile balistico intercontinentale – nota il think tank svedese – ma potrebbe avere un piccolo numero di testate per missili balistici a medio raggio”. Non ci sono stati nel 2020 test di vettori balistici a lungo raggio, ma è proseguito lo sviluppo di quelli a gittata minore e la produzione di materiale fissile.

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