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Amministrative con vista Colle. Bazoli traccia la rotta del Pd

Il parlamentare dem a Formiche.net: “La frammentazione interna del Pd, condannata da Zingaretti nel suo appello, va invece valorizzata perché dimostra la vitalità dialettica del partito. Ha ragione D’Amato: chi non si vaccina mette in sofferenza il sistema sanitario nazionale”

Non c’è bisogno di andare oltre il Pd, dice a Formiche.net il parlamentare bresciano Alfredo Bazoli. La decisione di Enrico Letta di candidarsi alle suppletive senesi senza simbolo dem è solo una strategia per allargare il più possibile la coalizione, osserva, nella consapevolezza che il partito ha le carte in regola per vincere le amministrative. E promuove la proposta dell’assessore laziale D’Amato: chi finisce in terapia intensiva e ha rifiutato la puntura deve pagarsi il ricovero.

I ballottaggi sono l’obiettivo minimo per il Pd alle prossime amministrative?

Il ballottaggio è l’obiettivo minimo, perché noi puntiamo a vincere e sul punto sono ottimista: in quasi tutte le competizioni siamo all’altezza e abbiamo le carte in regola per aggiudicarci la posta in palio.

Qualcuno ha parlato di nuovo progetto per andare oltre il Pd. Enrico Letta candidato a Siena senza simbolo ne è la conferma?

No, personalmente non credo che sia necessario andare oltre il Pd. Il partito ha tutte le caratteristiche per essere ancora oggi in Italia un grande partito maggioritario. Quindi non vedo la possibilità di imboccare un progetto che avrebbe contorni molto indefiniti. Altresì penso che l’indicazione del simbolo con cui il Segretario si presenterà alle suppletive di Siena sia un indizio che va in una semplice direzione: quella di rappresentare una coalizione che sostiene un candidato. Niente altro. Mi sembra ovvia la scelta di un simbolo che tenga conto dell’ampiezza di tutti gli alleati.

Nel medio-lungo periodo c’è la possibilità per il Pd di essere player non secondario per la partita del Colle?

Il Pd ovviamente sarà uno dei protagonisti di questa scelta, se non altro per i numeri che ha in Parlamento e nel Paese. Penso che il ragionamento sul successore del Capo dello Stato debba partire, più che dai nomi, dalle caratteristiche del Presidente. Abbiamo la necessità di avere un Presidente che metta in sicurezza il Paese: negli ultimi turbolenti anni abbiamo visto quanto sia stato importante il ruolo di un Colle capace di ristabilire la serenità istituzionale. Da lì bisogna partire e da quell’identikit: solo in seguito costruire, sulle candidature che matureranno, le maggioranze necessarie.

A chi è rivolto l’appello lanciato da Zingaretti (“contro troppi atteggiamenti legati ad interessi personali e visioni di parte che hanno indebolito la forza e la coerenza del messaggio e di una proposta unitaria del Pd”)?

Credo si riferisca alla frammentazione interna che è una caratteristica connaturata al Pd che spesso alimenta le personalizzazioni. Penso che non dovremmo enfatizzare questo passaggio come un male ineludibile, mentre si tratta di un’articolazione da valorizzare perché dimostra la vitalità dialettica del partito, che ha una dimensione plurale visto che rappresenta molteplici culture politiche. In seguito penso che l’auspicio di Zingaretti sia stato quello di restare sempre sul piano politico e meno su quello personale, all’interno delle varie componenti. Un punto su cui concordo. Contro chi ce l’abbia, francamente non lo so.

Condivide la proposta avanzata dall’assessore regionale del Lazio, il dem D’Amato («Chi finisce in terapia intensiva e ha rifiutato il vaccino deve pagarsi il ricovero»)?

Pur essendo una provocazione, secondo me utile, coglie il punto della questione: chi non si vaccina inevitabilmente corre il rischio di ingrossare le fila di coloro che fanno pressione sul sistema sanitario, mettendo in difficoltà anche le cure ordinarie. Se confligga con i principi costituzionali del diritto universale alla salute, questo è un altro paio di maniche.

Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli ha detto: “Siamo molto delusi dalle conclusioni di del Consiglio dei ministri degli Esteri. Abbiamo visto paesi terzi farsi avanti per aiutare gli afghani in cerca di asilo, ma non abbiamo visto un solo Stato membro fare lo stesso”. Si rischia lo schema del 2015?

I paesi europei dovrebbero dare un segnale immediato, riprendendo in considerazione tutte le richieste di asilo degli afgani che si trovano già oggi su suolo europeo. Si tratta di decine di migliaia di persone a cui questo diritto è stato negato, forse perché fino a poche settimane fa l’Afghanistan non era considerato un paese a rischio. Oggi tale condizione non c’è più.

@FDepalo

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