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Conte e M5S, caso chiuso? Risponde la prof. Bassu

Conte in o Conte out? La battaglia di carte bollate partita dal tribunale di Napoli chiuderà l’epopea dell’ex premier alla guida del Movimento Cinque Stelle? Parola agli esperti. Intervista alla professoressa Carla Bassu, docente di Diritto comparato all’Università di Sassari

La sorte, coi 5 Stelle, è stata davvero beffarda. Chi l’avrebbe mai detto che i vertici pentastellati, assurti al rango dispensando giustizialismo, sarebbero stati azzerati proprio da un tribunale. Eppure, a fare le spese del provvedimento dei giudici napoletani è proprio il leader: Giuseppe Conte. L’avvocato del popolo ghigliottinato da un epilogo infausto di un ricorso presentato da alcuni attivisti. Ma, spostando il focus per un attimo dal terremoto politico che sta avvenendo in casa grillina, dal punto di vista prettamente procedurale, che sta succedendo? Per rispondere a questa domanda abbiamo chiesto un parere a Carla Bassu, docente di Diritto pubblico comparato all’università di Sassari.

Professoressa Bassu, il tribunale di Napoli ha sospeso le modifiche apportate allo statuto del Movimento 5 Stelle, a seguito di un ricorso presentato da alcuni attivisti. L’effetto è stato quello di far decadere il leader Giuseppe Conte e di far tornare tutto nelle mani di Grillo. Come valuta questa decisione del tribunale sotto il profilo giuridico?

Si tratta di un provvedimento di natura cautelare; il tribunale ha accolto il ricorso presentato da alcuni attivisti (che in prima istanza era stato respinto) e sospeso le delibere di modifica dello Statuto del M5S, riscontrando vizi procedurali nel processo decisionale. Siamo di fronte a una partita che si gioca su un terreno squisitamente giudiziario ma ha conseguenze politiche e il crinale è delicato.

Il provvedimento emesso dai giudici prende le mosse da due fattori: il primo è legato all’esclusione di un buon numero di iscritti dalla votazione e, di conseguenza, il mancato raggiungimento del quorum. E’ il segnale del fallimento della democrazia digitale? 

La democrazia digitale è a mio parere una risorsa che, se opportunamente disciplinata, può essere funzionale alla promozione della partecipazione in una fase in cui la politica è vista quasi con sospetto e percepita come avulsa dai problemi reali. Sarebbe necessario considerare con la dovuta premura l’aggiornamento dello strumentario democratico in modo da consentire di servirsi delle nuove tecnologie, rendendole coerenti con il nostro modello di democrazia rappresentativa. Per questo occorre una regolamentazione attenta.

Dal punto di vista giuridico, i partiti sono disciplinati da un quadro normativo chiaro?

Ci sono misure relative alla trasparenza dei partiti, dei movimenti politici e delle fondazioni, riferite in particolare ai meccanismi di finanziamento. Manca però un’attuazione organica dell’articolo 49 della Costituzione che riconosce ai partiti la funzione essenziale di consentire ai cittadini e alle cittadine di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.

 Cosa crede che occorra per mettere ordine all’interno della disciplina giuridica che riguarda i partiti?

Servirebbe una legge di attuazione all’articolo 49 della Costituzione. I partiti non sono associazioni come le altre ma anche strumenti di realizzazione della sovranità popolare, perché servono come luoghi di confronto e coinvolgimento diretto delle persone nella vita politica. Per poter svolgere il ruolo fondamentale riconosciuto dalla Costituzione e consentire la partecipazione dei cittadini alla dinamica pubblica i partiti devono conformarsi alle regole democratiche non solo nella loro proiezione pubblica ma anche nell’organizzazione interna.

Come si uscirà, giuridicamente, dall’impasse del Movimento 5 Stelle? 

I giudici valuteranno nel merito, tenendo conto delle posizioni delle diverse parti in causa, sulla base di un parametro puramente giuridico. Altra è la questione politica.

 

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