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L’Italia perde il suo ombrello. E spread e Borsa reagiscono (male)

L’annuncio di Francoforte sulla stretta monetaria era atteso e persino prevedibile. Ma è la mancanza di chiarezza sui possibili paracadute in caso di rendimenti alle stelle che getta nel panico investitori e borse. Piazza Affari crolla fino al 5% mentre il differenziale Btp/Bund sfonda quota 230 punti base

La stretta sui tassi era temuta, ma anche annunciata. Nessuno, alla vigilia del consiglio direttivo della Bce di Amsterdam, aveva dubbi sulla decisione del board guidato da Christine Lagarde. Ovvero, un primo rialzo del costo del denaro a partire dal prossimo luglio, con un bis da incastonare nel mese di settembre. Tutto molto graduale, certo, ma è pur sempre materiale da maneggiare con cura. Semmai, quello che ha fatto impennare gli spread sovrani, a cominciare da quello italiano, sono le mancate rassicurazioni sulle misure per il contenimento dei rendimenti legati alle obbligazioni di Stato.

Qualcuno, forse in eccesso di ottimismo, lo aveva chiamato scudo anti-spread. Ma nulla di tutto questo, nel comunicato ufficiale dell’Eurotower, si è visto (qui l’intervista all’economista Carlo Cottarelli). Dunque, tassi in risalita per la prima volta in 10 anni dal mese prossimo e fine degli acquisti di debito. E così il debito italiano ha reagito, tornando sotto pressione. Lo dimostra l’improvviso allargamento dello spread, che fin dalle prime battute di giornata ha toccato i 231 punti, tre in più rispetto ai 228 punti base della vigilia, per poi ripiegare a 223 punti base. Di riflesso, prosegue la corsa del rendimento del Btp decennale, al 3,8% rispetto al 3,72%, su livelli che non si vedevano dal 2014.

Sulle Borse, poi, il canovaccio non cambia. Milano è stata ampiamente la peggiore, arrivando a perdere fino al 5%, dopo aver ceduto alla boa di metà seduta il 3,8%, con Madrid in calo del 2,5%, Parigi di un punto e mezzo, Londra e Francoforte dell’1,2%, mentre Amsterdam è risultata negativa di un punto. Il timore dei mercati, soprattutto quelli che guardano all’Italia, è che con la fine del quantitative easing e del programma di acquisto di titoli varato ad hoc per affrontare la pandemia (il Pepp) l’Italia rimanga senza l’ombrello protettivo costituito dalla consapevolezza che in caso di tensione sui mercati l’Eurotower farà da compratore di ultima istanza come avvenuto negli ultimi anni.

Basti pensare che oggi Francoforte ha oggi in pancia circa 727 miliardi di euro di titoli di Stato della sola Italia. Ma Lagarde non ha voluto indicare uno specifico livello dei tassi delle obbligazioni o dei prestiti o degli spread sui bond che attiverà questo o quell’intervento futuro, cosa che è stata percepita come troppo vaga. Insomma, se lo spread sale troppo, chi, come e quando comprerà debito italiano, al posto degli investitori?

Nel mentre, Bankitalia ha consistentemente rivisto il ribasso le previsioni di crescita economica dell’Italia e nella direzione opposta quelle sull’inflazione. Ora, nello scenario di base, che esclude uno stop alle forniture di energia e gas dalla Russia, per quest’anno Via Nazionale stima un più 2,6% del Pil, cui dovrebbero seguire un più 1,6% nel 2023 e un più 1,8% nel 2024. E l’inflazione, invece, salirà al 6,2%. Non poteva mancare ovviamente il polverone politico, con annessa invocazione a Mario Draghi.

“Credo che l’iniziativa della Bce sia intempestiva, inopportuna e che tradisca una miopia nelle istituzioni europee, in quelle monetarie sulla quale molti dovrebbero interrogarsi”, ha dichiarato Giorgia Meloni, leader di FdI, in un incontro elettorale a Gorizia. “Il risultato dello spread all’indomani delle posizioni della Lagarde la dice lunga su quanto si riesca a capire il momento che si sta attraversando. Chiedo al Presidente del Consiglio e ai nostri rappresentanti nelle istituzioni europee di far sentire la loro voce. Non siamo ora in una posizione tale da rivedere il quantitative easing, che ci ha molto aiutato, in un momento in cui abbiamo insieme due choc, della pandemia e della guerra”.

E a pesare sui mercati anche l’inflazione americana, risultata sopra le attese degli economisti: +1% mese su mese a maggio (+0,7% mese su mese la stima del consenso) e +8,6% anno su anno contro stime per un +8,3%, l’aumento più consistente registrato negli ultimi 40 anni.

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