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Crediti deteriorati e guerra. Le piccole banche tolgono il sonno a Bankitalia e Bce

Conti alla mano oggi l’Italia deve pagare circa il doppio di interessi per finanziare il proprio debito. E si trova un centinaio di piccoli istituti fuori dalla vigilanza di Francoforte che potrebbe andare in difficoltà data la mole di crediti deteriorati. Restando in attesa dello scudo anti-spread che la Bce dovrebbe presentare il 21 luglio, ma che potrebbe non bastare

Si apre un problema legato alle piccole banche italiane, stando alle ultime rilevazioni di Bankitalia: ovvero un centinaio di istituti che si trovano fuori dalla vigilanza diretta di Francoforte, palesano un rischio legato alla difficoltà di gestire l’aumento dei crediti deteriorati. Significa che le sofferenze in questione impattano su un sistema già colpito dal biennio pandemico, dalla crisi delle materie prime e dalle ultime mosse targate Bce, alimentando un quadro di sostanziale instabilità che potrebbe peggiorare in ulteriore tensione sui mercati in stile 2011.

Borrower based

Il Governatore Ignazio Visco ha osservato che le piccole banche dovrebbero valutare in maniera tempestiva qualsiasi tipo di azione per superare una situazione di crisi. In occasione dell’Assemblea Abi ha messo l’accento su un passaggio chiave: “È auspicabile una armonizzazione, per quanto minima, degli strumenti borrower based (come, ad esempio, i limiti al rapporto tra l’ammontare del prestito erogato e il valore della garanzia prestata), da conseguire sulla base delle raccomandazioni già emanate in materia dal Consiglio europeo per il rischio sistemico”. Si tratta di una consultazione pubblica che investe proposte normative in materia di riserve di capitale e di strumenti macroprudenziali basati sulle caratteristiche dei clienti o dei finanziamenti.

Crisi del debito?

La questione italiana si inserisce all’interno di una serie di timori diversificati su una possibile nuova crisi del debito. L’area dell’euro potrebbe essere a rischio, osservano molti analisti internazionali, anche dopo l’aumento incauto della spesa pubblica. Secondo quanto osservato pubblicamente da Robert Holzmann, governatore della Banca centrale austriaca e membro del Consiglio direttivo della Bce, per contrastare l’inflazione occorre portare rapidamente i tassi di interesse negativi in territorio positivo; ma come è noto alcuni paesi della zona euro, come l’Italia, potrebbero essere in serie difficoltà a far fronte all’aumento degli oneri finanziari.

Sempre più sono le voci secondo cui i titoli sovrani dell’Europa meridionale resteranno vulnerabili alle vendite choc. L’Italia è particolarmente sotto osservazione per via del ruolo di Mario Draghi, non solo premier ma garante internazionale per l’Italia sul versante bancario e finanziario. E l’avvicinarsi della scadenza elettorale del 2023 non smorza le tensioni. Secondo gli economisti di Barclays Plc, nel 2023 l’economia dell’area dell’euro crescerà solo dello 0,5% e secondo la Banca d’Inghilterra l’inflazione raggiungerà l’11% entro la fine dell’anno.

BCE

Il numero uno della Bce, Christine Lagarde, ha recentemente affermato che è allo studio uno “strumento anti-frammentazione” che potrebbe essere vagliato dal Consiglio direttivo: il prossimo 21 luglio si avrà l’ufficialità delle decisioni.

Nel frattempo conti alla mano oggi l’Italia deve pagare 1,9 punti percentuali in più della Germania per prendere un prestito decennale: si tratta di circa il doppio rispetto a un anno fa. Inoltre il timore è che, come accaduto in occasione della crisi dell’euro di due lustri fa, i mercati finanziari evitino i titoli di Stati a crescita più lenta. E se la Bce smetterà di comprarli il quadro sarà ancora più preoccupante.

@FDepalo

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