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Alta tensione in Libia. Gli scontri mortali e i rischi per la regione

Le lotte intestine tornano a surriscaldare il clima in Libia. Le tensioni tra i vari centri del potere sfociano nuovamente in scontri armati: decine i morti, con il rischio che l’escalation possa produrre alterazioni ai delicati equilibri che si sono creati tra gli attorni esterni che si muovono sul dossier

Le Nazioni Unite hanno chiesto l’immediata cessazione delle ostilità in Libia dopo una giornata di scontri mortali tra fazioni politiche nella capitale, Tripoli. Almeno 32 persone sono state uccise e altre decine sono rimaste ferite durante gli scontri, ha dichiarato il ministero della Sanità. Tra i morti c’è anche Mustafa Baraka, un giovane comico famoso per i video condivisi sui social network.

“Il Segretario generale esorta le parti libiche a impegnarsi in un dialogo autentico per affrontare l’impasse politica in corso e a non usare la forza per risolvere le loro differenze. Invita inoltre le parti a proteggere i civili e ad astenersi dall’intraprendere qualsiasi azione che possa aggravare le tensioni e approfondire le divisioni”, ha dichiarato il portavoce di Antonio Guterres. “Le Nazioni Unite sono pronte a fornire i loro buoni uffici e la loro mediazione per aiutare gli attori libici a trovare una via d’uscita dallo stallo politico che minaccia sempre di più la stabilità faticosamente conquistata dalla Libia”.

La Libia sta tornando in preda al caos. Dopo aver goduto di mesi di calma, accompagnati da uno sforzo per cercare di stabilizzare il Paese condiviso anche dai principali attori interni che proiettano i propri interessi sul dossier, lo spettro degli scontri armati tra i gruppi di potere è tornato più che realistico.

Sabato 27 agosto, le forze armate del governo guidato da Abdelhamid Dabaiba – che geode di riconoscimento a livello internazionale perché creato da un processo onusiano, ma sfiduciato dal parlamento libico – hanno cercato di respingere tra le strade di Tripoli un convoglio di milizie fedeli a Fathi Bashagha, l’uomo riconosciuto come primo ministro dalla Camera dei Rappresentanti libici.

Sono stati segnalati colpi di armi leggere ed esplosioni in diverse aree della capitale. In tutta la città si è visto salire del fumo nero. I servizi di emergenza hanno dichiarato che sono stati colpiti anche diversi centri medici. Parte della popolazione è stata evacuata dalle aree circostanti i combattimenti.

La missione delle Nazioni Unite in Libia ha dichiarato che i combattimenti hanno incluso “bombardamenti indiscriminati medi e pesanti in quartieri popolati da civili” e ha chiesto un cessate il fuoco immediato, sostenuto sabato dall’ambasciatore statunitense in Libia, Richard Norland, che sta pressando da giorni per evitare escalation (tra l’altro gli Stati Uniti in questa settimana hanno anche perso un drone, abbattuto dai miliziani di Khalifa Haftar, il signore della guerra di Bengasi, o dai contractor russi della Wagner).

Da mesi in una condizione di “stallo istituzionale”, come la definisce la Farnesina, lo scontro tra i vari attori libici rischia di far precipitare il Paese in una nuova guerra intestina. Il rischio è la possibilità che essa assuma dimensioni regionali. Già in passato sul suolo libico si sono scontrati per procura attori come Turchia, Qatar, Emirati Arabi, Egitto e Russia, attualmente in una fase di delicatissimo acquietamento.

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