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Gas russo, sanzioni e Nord Stream 2. La versione di Nicolazzi

Gas naturale liquefatto Gnl

È possibile fissare un tetto al prezzo del gas che schizza alle stelle? Formiche.net ne ha parlato con Massimo Nicolazzi, esperto manager con alle spalle una solida esperienza nel settore degli idrocarburi, analizzando le nuove dinamiche, anche geopolitiche, che ruotano attorno a questa risorsa

Se il gas dalla Russia si è ridotto e se Nord Stream 2 resta chiuso non è in conseguenza di sanzioni europee. Lo dice a Formiche.net il prof. Massimo Nicolazzi, esperto manager con alle spalle una solida esperienza nel settore degli idrocarburi, (Eni e Lukoil), secondo cui per spiegare i prezzi alle stelle basta la dinamica di domanda e offerta e la necessità per gli operatori di scontare anticipatamente il rischio.

Il record del prezzo del gas è solo colpa delle sanzioni? Già prima della guerra c’erano stati significativi rincari.

All’inizio dell’anno scorso eravamo a 20 Euro Mwh e a dicembre avevamo toccato i 130. Il mercato europeo per una serie di ragioni post covid si era ritrovato corto. La siccità in Brasile aveva portato al minimo l’idroelettrico, le pale nel mare del Nord giravano meno del previsto, la Cina si era rimessa a fare la Cina dal lato dei consumi e quant’altro. Si doveva quindi supplire con più gas. E però anche Gazprom di suo non aveva messo volumi sullo spot, ma forniva solo quanto previsto dai contratti sul lungo. Se questo fosse necessità tecnica o complotto prebellico ancora si discute.

E oggi?

Oggi non c’è nessuna sanzione puntuale, tranne quella sul carbone in vigore in relazione alle produzioni fossili russe. Ci sono difficoltà di pagamento e di esportazione per i russi dovute all’effetto indiretto delle sanzioni finanziarie. Ma non c’è sanzione specifica. Se il gas dalla Russia si è ridotto e se Nord Stream 2 resta chiuso non è in conseguenza di sanzioni europee. Dopo l’inizio della guerra il dato di fatto è che sono venuti meno l’80% del gas che andava in Germania e il 50% del gas che veniva in Italia. Per cause che la Russia continua rigorosamente a definire tecniche, mentre noi continuiamo a definire di ricatto, per ironia (?) della storia Bruxelles aveva proclamato che potevamo fare a meno entro l’anno dei 2/3 del gas fornito dalla Russia senza contraccolpi. Oggi abbiamo i 2/3 in meno e i contraccolpi di prezzo (oltre 300 Euro MWh) e di inflazione sono esplosivi.

Nel breve periodo verrà sostituito?

Non c’è una possibilità soddisfacente di sostituzione totale del gas russo a breve, anche perché il gas ha bisogno di infrastrutture di ingresso e di tante altre cose. Il gas è un mercato regionale e non un mercato globale e i valori, nella loro follia, comunque riflettono una situazione di disequilibrio regionale tra domanda e offerta. Il gas negli ultimi anni negli Stati Uniti è quasi sempre costato una frazione di quel che costava in Europa o in Asia; e fino a un anno fa il costava più in Asia che in Europa, mentre oggi, venuti meno in buona parte i flussi dalla Russi,a i prezzi europei sono diventati sensibilmente più alti di quelli asiatici. Potete urlare al complotto e alla speculazione, ma in buona parte a spiegarvelo basta la dinamica di domanda e offerta e la necessità per gli operatori di scontare anticipatamente il rischio.

Il tetto al prezzo del gas è realizzabile?

Il tetto è come l’arte per Benedetto Croce, quella roba di cui tutti parlano e nessuno sa che cosa sia. Io ne ho sentite tantissime versioni. C’è una versione che prevede un tetto al prezzo al consumo, e però comunque la decliniate (inclusi Tope spagnolo e proposte di alcuni programmi elettorali) in realtà non è un tetto ma un sussidio. Si può tecnicamente fare, ma di regola a carico della fiscalità generale (insomma buon debito a tutti). Poi c’è la versione tetto al prezzo del gas che importiamo, o magari solo al prezzo del russo; che però più che un tetto pare un autosconto. E sull’autosconto ci andrei cauto.

La scoperta di Eni a Cipro cosa porta in grembo?

Toccherebbe somministrare bromuro a qualche suo collega, e soprattutto ai titolisti che sono arrivati a parlare di uno dei più grandi giacimenti del mondo: Eni e Total hanno annunciato di aver trovato al momento possibili riserve per circa 70 miliardi di metri cubi. I consumi italiani l’anno scorso sono stati da soli superiori a 70 miliardi di metri cubi. Se il giacimento va in sviluppo, poi per esportare e vendere la produzione si rende necessario un tubo o un liquefattore. La scoperta di Eni e di Total è sicuramente una bella notizia; ma potrà avere un qualche effetto sul mercato europeo solo a infrastrutture completate (4/5 anni?) e il completamento tempestivo potrebbe essere influenzato da azioni turche di disturbo.

La scoperta è comunque importante?

Sì, perché aumentando il volume di gas scoperto e disponibile nell’offshore di Cipro, si alimenta la possibilità di giustificare economicamente l’infrastruttura per la sua esportazione, sia essa gasdotto o liquefattore.

A questo punto il gasdotto East Med è definitivamente accantonato o esiste un piano B per convogliare in Europa questo gas del Mediterraneo orientale? Perché se a Kronos noi aggiungiamo Glauko, dopo Zohr e Nohr senza contare le indagini in attorno a Creta…

Occorre fare un passo indietro: capisco che a ogni scoperta giornalisticamente faccia titolo dire che ci sono nuove riserve per l’Europa. Ma inizierei col dire che per i prossimi 2 o 3 anni non vedremo comunque le stelle e tre anni sono forse la dimensione minima perché il mercato riesca a depurarsi dal gas russo senza tenere i prezzi al cielo. Qualunque cosa si faccia, East Med arriva dopo. Se poi si sceglie la via della liquefazione il gas andrà dove lo porta il prezzo, e non necessariamente in Europa; mentre se si realizza un tubo il gas potrà venire solo qui. Ma c’è almeno un ma.

Quale?

Qualunque investimento deve fare i conti con il processo di decarbonizzazione. Stiamo parlando in ipotesi di un gasdotto che richiederebbe investimenti pluriennali e la certezza di almeno 15/20 anni di esercizio per il suo pieno ammortamento. Perché lo si faccia, lo si deve garantire per il caso di decarbonizzazione anticipata. Se non lo si assicura in qualche forma, ad esempio dal rischio che dal 2035 in Europa sia vietato o quasi l’uso di metano fossile, è difficile che qualcuno ci spenda.

Per cui scommetterebbe più su un tubo o su una scelta di rigassificazione, visto che comunque stanno aumentando tantissimo gli acquisti di navi gasiere?

Non scommetto. Per ora vedo che i produttori nell’offshore di Israele, inizialmente ritenuti associabili all’East Med, si stanno orientando verso il trasporto via tubo in Egitto con liquefazione del gas nelle esistenti facilities egiziane e riesportazione dalle stesse. Tubo o rigassificatore, per quel che si intuisce il gas di Cipro rischia di dovere fare da solo.

@FDepalo

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