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Il rapporto tra Mosca e Pechino cresce. E conviene a…

Russia e Cina stanno stringendo la partnership, sempre più asimmetrica, verso Pechino. Il ministro Wang Yi tuttavia rilancia sull’attività cinese in favore dell’ordine mondiale e per evitare lo scontro tra modelli

A trecento giorni di distanza dall’invasione russa dell’Ucraina, da Pechino, il ministro degli Esteri Wang Yi traccia il perimetro delle relazioni con Mosca. Il rapporto, spiega il capo della diplomazia cinese (che chiaramente parla secondo i dettami del Partito/Stato), va avanti e si sta anche rafforzando. Ma aggiunge, qualcosa del genere è in corso anche con l’Unione europea, perché la Cina sta lavorando per evitare lo “scontro tra blocchi”, ossia il confronto tra modelli — democrazie contro autoritarismi.

Wang sottolinea che il dialogo con la Russia non è solidarietà — su quanto sta facendo in Ucraina — e segue un solco già tracciato dal leader Xi Jinping. La narrazione che esce da Pechino serve a colpire Washington, che con l’amministrazione Biden ha elevato i valori democratici a vettore di politica internazionale e dunque ha esacerbato quel confronto con gli autoritarismi — che di fatto è il grande tema degli affari globali da un po’ di tempo, è del presente e lo sarà del futuro.

La linea spinta dal ministro cinese serve per dare alla Cina lo spessore di player globale che lavora per le dinamiche del mondo. Ma è evidente che questo genere di strategia è molto a vantaggio cinese, che vuole evitare agli Stati Uniti di costruire un blocco compatto (per ideali, idee e azioni) che possa prendere decisioni poco convenienti per Pechino. Il coinvolgere in questo genere di dibattito e narrazione dei rapporti con l’Ue — che per altro sono in una fase di revisione, con Bruxelles via via più rigida su alcuni temi — testimonia il tentativo cinese di volare alto.

Nello stesso giorno in cui l’ucraino Volodymyr Zelensky era a Washington da Joe Biden — un viaggio che ha portato i rapporti Usa-Ucraina su un livello superiore — il primo ministro russo, Dmitri Medvedev era a Pechino. La visita non era stata annunciata, ma a Medvedev è stato concesso di incastrarsi nella fitta agenda cinese e incontrarsi con Xi.

Sul tema dello scontro tra modelli, Medvedev ha più volte detto la sua contro le Democrazie: per esempio ieri, lunedì 26 dicembre, ha scritto su Twitter che “il sistema di gestione monetaria di Bretton Woods crollerà, portando al fallimento del Fmi e della Banca Mondiale. Euro e dollaro smetteranno di circolare come valute di riserva globali. Al loro posto verranno utilizzate attivamente le valute digitali”, in un thread che il magnate proprietario del social, Elon Musk, ha elogiato come “epic”, per poi riprendersi più tardi definendo certe previsioni “assurde” (forse sotto il peso, anche finanziario, di ciò che dice e pensa).

Medvedev è arrivato a Pechino come presidente di Russia Unita e in funzione di inviato particolare del presidente Vladimir Putin. Portava con sé una lettera scritta direttamente dal capo del Cremlino, secondo la stampa cinese. Nei vari resoconti del viaggio, i media di Pechino sottolineano che Xi “ha assunto una posizione obiettiva ed equa e ha promosso attivamente colloqui di pace” e “ha espresso la speranza che le parti rimangano razionali ed esercitino moderazione, si impegnino in un dialogo globale e affrontino la loro sicurezza comune preoccupazioni con mezzi politici”.

Niente di nuovo, anzi meno di quanto già espresso a proposito dell’evitare l’uso di armi nucleari — che è giusto quanto ovvio. Il readout ufficiale cinese sottolinea che la Russia si impegna a risolvere la situazione tramite accordi di pace, quello russo fornito dallo stesso Medvedev sul suo canale Telegram evidenzia che il tema dell’incontro è il commercio e la cooperazione industriale. C’è una certa distanza: da una parte la politica, dall’altra il business. Tuttavia i dati, riportati dall’esperto di Russia del Carnegie Alexander Gabuev, indicano che nonostante si sottolineino le distanze da Mosca, da parte di Pechino continua a esserci interesse nel mantenere alto l’impegno economico-commerciale russo-cinese — molte voci di scambio sono cresciute nel 2022.

Per Gabuev, questo trend è destinato a continuare. D‘altronde, la Russia ha bisogno di compensare le entrate perse con le misure occidentali sul mondo degli idrocarburi — cruciale per mantenere in vita lo stato. Allo stesso modo, per la Cina potrebbe essere conveniente continuare a beneficare degli sconti russi legati al contesto (e magari riproducibili in futuro per necessità di sopravvivenza). Un andamento noto nelle relazioni, sbilanciato a favore della Cina. Per questa ragione l’esperto del Carnegie valuta come più difficile la possibilità che la Cina inizi ad aumentare gli investimenti in Russia (i contratti specifici danno maggiori garanzie per via di una minore pesantezza operativa e migliore flessibilità).

Realtà industriali come le ditte cinesi che lavorano sulle batterie elettriche o Huawei sono rimaste in Cina con la consapevolezza che, mentre sotto le misure contro la Russia hanno imposto alle ditte occidentali l’uscita dal Paese, il mercato russo andava in qualche modo coperto adesso e in futuro. Società come Huawei potrebbero diventare monopolistiche in Russia. Allo stesso modo, anche le cooperazioni di carattere militare, e forse prenderanno molto più spazio mediatico di quanto saranno profonde nei fatti.

“Senza dubbio il 2023 porterà modifiche ai legami sino-russi tra l’impatto più visibile delle sanzioni occidentali e dell’embargo petrolifero sull’economia russa”, spiega Gabuev. “Molto probabilmente, questi sviluppi non faranno che aumentare la dipendenza di Mosca dalla Cina e approfondire l’asimmetria nelle relazioni a favore di Pechino”. Per l’esperto, “è comprensibile il motivo per cui molti vogliono sperare che la Cina trattenga Putin sull’Ucraina o si allontani dalla Russia limitando così i flussi di denaro nella cassa di guerra del Cremlino. Entrambe le speranze non sono supportate da dati e sono piuttosto nel territorio del pensiero magico”.

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