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L’attualità di Mattei e l’opzione occidentale per l’Africa. Parla Aresu

Il premier lancia il piano Mattei con l’obiettivo di far diventare il nostro Paese un hub energetico europeo. Per l’autore del “Dominio del XXI secolo”, Mattei “fu un grande innovatore, ed è considerato un padre fondatore in Algeria. Bene questa attenzione da parte del governo”

Nel nome di Enrico Mattei. La premier Giorgia Meloni lancia il piano del governo, con un obiettivo ben chiaro: far diventare il nostro Paese un hub europeo per il gas. C’è, nell’attenzione verso il Nord Africa come partner strategico, un retaggio che affonda le sue radici nella grande storia italiana e nella visione dell’imprenditore marchigiano. Un’attenzione, sostiene Alessandro Aresu – autore de Il dominio del XXI secolo (Feltrinelli) e autore di un capitolo nel libro Enrico Mattei e l’intelligence (Rubbettino) – “figlia anche di una serie di ricorrenze importanti, tra le quali la data di istituzione dell’Ente Nazionale Idrocarburi, avvenuta il 10 febbraio del 1953”.

Un’intuizione di un grande precursore. Un visionario. 

Sì, l’idea di istituire l’Ente Nazionale Idrocarburi è stata lungimirante. Questa impresa, figlia dell’impegno comune di Mattei e dell’ex ministro Vanoni, si intreccia con la storia della Repubblica Italiana. In questo solco si inserisce il lancio del piano Mattei da parte del governo, intensificando i rapporti con un Paese – l’Algeria – che annovera Mattei come un ‘padre fondatore’. Molto apprezzata, in questo senso, l’iniziativa dell’intitolazione del parco in sua memoria ad Algeri, inaugurato dal presidente Mattarella.

L’attenzione verso la figura di Mattei – come di altri dirigenti democristiani – è altissima. In che cosa consiste, secondo lei, l’attualità delle sue intuizioni e del suo modo di agire?

Innanzitutto Mattei aveva l’ossessione (positiva) delle infrastrutture. Secondo lui l’interesse del Paese passava inevitabilmente dalla costruzione di infrastrutture. Tanto per calarla nell’attualità, i rigassificatori al giorno d’oggi. Oltre, chiaramente, alle infrastrutture che ci collegano ai nostri partner internazionali. In questa logica si inseriva la centralità che Mattei dava alla formazione. Era convinto che l’Italia dovesse formare classe dirigente di altri Paesi per rafforzare i propri legami e il proprio ruolo in chiave strategica. Oltre a questo, fu un grande innovatore. Non dimentichiamoci ad esempio che, all’epoca, fu tra i più convinti sostenitori del nucleare.

In un’epoca di transizione ecologica, come si troverebbe un imprenditore che ha costruito la sua fortuna sugli idrocarburi?

Sono convinto che sarebbe uno dei fautori della transizione, declinata in chiave industriale. Si interrogherebbe, ad esempio, sul futuro della chimica. L’approccio pragmatico che l’ha contraddistinto sarebbe molto efficace anche in questo frangente.

Questo esecutivo sembra aver particolare attenzione per i padri nobili della Dc. Anche Mattei su espressione di quella scuola e di quella grande tradizione politica. 

Aveva una forte impronta politica, senz’altro. Era un partigiano cristiano e finanziò, anche grazie al rapporto con Marcora (recentemente ricordato in un evento alla Camera), una delle correnti più innovative e fondamentali nella storia della Dc: la Base. Tuttavia, Mattei raccolse la stima di tantissime persone di storia ed estrazione politica diverse. Eni nel 1982  pubblicò un testo che contiene, assieme a tantissime testimonianze africane, anche quella del comunista Gian Carlo Pajetta che loda Mattei in un bellissimo scritto, e quella dell’ex ministro bavarese Otto Schedl che racconta del suo lavoro con Mattei per la cooperazione in Germania grazie a Hjalmar Schacht, ex banchiere e ministro dell’economia della Germania nazista.

Il contesto nel quale si muoveva Mattei, chiaramente, era molto diverso dal quadro attuale. L’Italia, con gli equilibri geopolitici di oggi, che ruolo può giocare nel Mediterraneo?

L’Italia ha la possibilità di sfruttare la sua presenza storica nei Paesi del Nord Africa. Ci deve essere un’opzione Occidentale per quei territori, sia sul piano geopolitico che sul piano energetico. Ci sono tante partite in ballo: dalla finanza alla diplomazia dello sviluppo. Occorre però passare dalle dichiarazioni ai fatti. Anche gli Stati Uniti si stanno “riaffacciando”, probabilmente a fronte del fatto che la Cina continua inesorabilmente la sua politica di forte presenza in quei Paesi, sviluppando politiche muscolari anche sotto il profilo portuale.

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