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Il 2023 sarà una stagione turistica record. Ma c’è una voragine tra i lavoratori

L’estate 2023 farà quasi certamente registrare il ritorno ai livelli pre-pandemia, forse andando anche oltre. Ma di addetti da impiegare in alberghi, ristoranti e spiagge, se ne trovano davvero pochi. Ecco cosa ne pensa Marina Lalli, presidente di Federturismo

Strano Paese l’Italia. Ai nastri di partenza della prima, vera, stagione estiva libera dallo spettro della pandemia, ecco che lo Stivale rischia di fare cilecca. Il motivo? Mancanza di braccia. E pensare che di gambe, quelle dei turisti che da settimane affollano sbracciati e in bermuda le strade di Roma ma non solo, ce ne sarebbero fin troppe.

Succede che in apertura della stagione turistica Confcommercio rilancia l’allarme occupazione: nei servizi di alloggio e ristorazione, date le previsioni di aumento del 15,3% delle presenze rispetto al 2019, anno pre-pandemia, quest’anno serviranno 280 mila lavoratori in più, il doppio se si calcola anche l’indotto. Ma già le imprese sanno che il 40%, tra i 220 mila e i 230 mila, saranno di difficile reperimento.

Perché? Le ragioni sono diverse. Riduzione dell’offerta dopo la pandemia, con l’emigrazione o lo spostamento ad altri settori produttivi (come le costruzioni) di figure qualificate, insufficienti competenze per mancanza di formazione e anche mancanza di capacità dei centri per l’impiego di incrociare domanda e offerta di lavoro. Confcommercio, comunque, assolve il reddito di cittadinanza: se un soggetto non è occupabile, la misura non ne cambia l’occupabilità. Non fa una piega, ma poco sposta.

E allora? Formiche.net ha raggiunto Marina Lalli, presidente di Federturismo, poco prima di prendere parte a un convegno. Proprio nei giorni in cui i dati Istat sul turismo raccontano che nel 2022 i viaggi dei residenti in Italia sono stati 54 milioni e 811mila. Si tratta di un aumento rispetto al 2021 (+31,6%) anche se restano lontani i valori pre-Covid (-23% sul 2019). Ma il 2023 sarà un’altra storia.

“La stagione che si sta per aprire avrà grandi numeri, tanto è vero che ad oggi non riusciamo a capire quale sarà il tetto da mettere alle persone che verranno. Una cosa appare certa, supereremo il 2019, in termini di presenze”, spiega Lalli. Che poi sposta il baricentro sul problema, quello vero. “Stiamo riscontrando una mancanza di lavoratori, questo è un guaio che avremo per tutta l’estate, la stagione che in assoluto richiede il maggior numero di lavoratori. Sarà complicato, non si può pensare che il decreto Flussi risolva la situazione, una lingua non si impara in tre giorni. Noi imprenditori siamo disposti a fare la nostra parte, formando nuovo personale, ma la situazione è molto complicata”.

Va bene, ma soluzioni. Secondo Lalli, “la proposta delle imprese è la rimodulazione degli incentivi e della decontribuzione. Insomma non andare a prendere una parte della tassazione che grava sulla busta paga del lavoratore. Ricordiamoci che in Italia, chi lavora nel turismo è il meno pagato d’Europa ma anche il più costoso per le imprese. C’è una forchetta di tassazione che è insopportabile”. Ci sono i bonus, i ristori, che la pandemia ha ormai inculcato nel glossario delle imprese, si potrebbe pensare. Qui Lalli è netta. “Le aziende del turismo non sono ancora in grado di stare sulle loro gambe, hanno bisogno di aiuto, dopo due anni e mezzo di non lavoro. E poi ci sono i tassi, che sono aumentati. La nuova finanza cosa di più rispetto a prima, questo non ci lascia tranquilli”.

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