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Dal Mar Nero al Mar Cinese. Dopo l’Ucraina, anche Taiwan vuole i droni navali

Sulla scia dei successi ucraini, anche Taiwan decide di dotarsi di capacità navali unmanned. Capaci di influenzare gli equilibri nei confronti di una Cina sempre più ostile

L’impiego estensivo ed efficiente dei droni nel conflitto in Ucraina ha senza ombra di dubbio contribuito ad incrementare l’interesse degli attori statali e non statali verso questo tipo di apparecchi, economici, efficaci e flessibili nell’utilizzo. E se la stragrande maggioranza dei droni utilizzata nella guerra sono Uncrewed Aerial Vehicles, ovvero droni volanti, negli ultimi mesi ha fatto sempre più scalpore l’utilizzo di Uncrewed Surface Vehicles, droni galleggianti impiegati nella guerra marittima per attaccare bersagli navali di alto valore e per esercitare un “diniego” (denial) di determinate porzioni di mare. Grazie a essi Kyiv è riuscita a ristabilire una certa supremazia nel Mar Nero, costringendo la Marina russa a incrociare in porzioni di mare considerate più sicure.

Le notizie riguardanti i successi riportati dagli Usv sono arrivate ben oltre il bacino del Mar Nero, attirando l’attenzione di altri Paesi, come ad esempio Taiwan. L’isola del Pacifico, che si sta dotando di capacità militari volte a deterrere un’eventuale invasione da parte della Repubblica Popolare Cinese, ha già avviato uno specifico programma di sviluppo di capacità unmanned, all’interno del quale si è aperto un nuovo capitolo “navale”. Risale infatti a poche ore fa la dichiarazione dove funzionari del governo di Taipei hanno annunciato che l’isola si concentrerà anche sullo sviluppo di droni marini d’attacco, che avranno il duplice scopo di eseguire operazioni offensive a sorpresa e di contrastare le minacce riducendo al minimo le vittime.

Un budget di 812 milioni di dollari taiwanesi (equivalenti a circa 25 milioni di dollari statunitensi) è stato stanziato per lo sviluppo di due differenti prototipi di droni marini d’attacco di dimensioni e carichi variabili. Questi Usv avranno un raggio di controllo remoto di 70 chilometri e la loro progettazione privilegerà le capacità stealth, così da massimizzare la loro efficacia negli attacchi a sorpresa.

A lavorare alla realizzazione dei due prototipi sarà il National Chung-Shan Institute of Science and Technology, che ha già sviluppato un’imbarcazione senza equipaggio dotata di capacità di trasmissione video in tempo reale e di una serie di funzioni quali simulatori di radiofrequenza, sistemi di simulazione di disturbo, lanciafiamme e riflettori di segnali radar. L’istituto ha dichiarato che questa piattaforma può essere combinata senza soluzione di continuità con “progetti di Usv correlati per espandere radar, armi, sonar e altri moduli per compiti quali la difesa costiera, le operazioni offensive, il rilevamento di mine e le missioni antisommergibile”.

La costituzione di un arsenale di droni andrebbe a impattare su diverse dimensioni di carattere strategico-militare, dalla superiorità numerica all’Intelligence, Surveillance and Reconnaissance, dalla rapidità di reazione alla riduzione del rischio umano (menzionato anche dai rappresentati del governo). Questioni che si fanno più importanti giorno dopo giorno, mentre la narrativa di Pechino si fa sempre più aggressiva e l’opzione militare per prendere il controllo di Taiwan diviene sempre più probabile.

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