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Il Mes, la Finlandia e la mossa del cavallo. Consigli a Meloni

La Finlandia oggi ha proposto di usare una porzione del Mes per aiutare l’Ucraina aggirando il veto posto dall’Ungheria. Nei suoi panni rilancerei subito il suggerimento di Helsinki. Il commento di Marco Mayer

I Paesi europei interessati al Mes non sono 27 come ha detto Enrico Mentana ieri al telegiornale delle 20. Ma venti. Probabilmente ha confuso i Paesi che hanno adottato l’euro (ultima la Croazia, dal 1° gennaio scorso) con l’insieme di tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Bulgaria, Danimarca, Repubblica Ceca, Polonia, Romania e Svezia hanno le loro valute nazionali. Per inciso, la Bulgaria dovrebbe entrare nell’eurozona dal 1° gennaio 2025 e (per le crescenti difficoltà della corona svedese) in Svezia si è per la prima volta aperto un dibattito su un possibile ingresso.

Ma a chi non capita di sbagliare? Certo, in campo monetario e finanziario è sempre bene essere precisi. Il paradosso è che l’errore di Mentana potrebbe l’occasione giusta di raccontare a milioni di telespettatori che da anni subiscono sistematiche campagne di disinformazione (quasi sempre di origine russa e cinese) piene di bufale sulla presunta fragilità dell’euro. Che, invece, è la seconda valuta al mondo sia per i pagamenti (31,6 rispetto al 47,6 % del dollaro) sia per le riserve (circa il 21% rispetto al 56% del dollaro). Magari l’Unione europea avesse una forza analoga a livello globale in campo politico, diplomatico e militare.

Tanta acqua è passata sotto i ponti dal luglio 2012 e dal celeberrimo what ever it takes di Mario Draghi allora governatore della Banca centrale europea. Da quel momento molto è stato fatto in Europa sia in termini di politiche fiscali innovative (eurobond per i Pnrr) nonché per creare strumenti di last resort dell’eurosistema. Ormai anche i neoliberisti accettano l’idea che per l’economia mondiale è bene evitare con misure preventive adeguate che gli Stati e le grandi banche falliscano. Per una assurda eterogenesi dei fini in Italia la bandiera del Mes è diventato uno strumento per regolare i conti tra Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti all’interno della Lega, tra Fratelli d’Italia e la Lega nella maggioranza e tra Movimento 5 Stelle e Partito democratico all’opposizione.

Il Mes è per sua natura un paracadute che serve a prevenire il contagio sistemico come quello che si è verificato in seguito alla grande crisi finanziaria nata negli Stati Uniti nel 2007-2008. In pratica, ha la funzione preventiva di un vaccino che impedisce trasmettere il virus innescato dalle difficoltà fiscali di uno Stato e/o la crisi di una grande banca si diffonda macchia a d’olio nella spirale perversa di recessione, disoccupazione e stagflazione.

È presto per capire se ci saranno altre immediate ripercussioni negative per l’Italia. Quel che certo è che la bocciatura del Mes – come dimostra l’assenza di Giorgetti, ministro dell’Economia, in Aula – incrina la reputazione e l’affidabilità internazionale della nazione e di conseguenza gli interessi nazionali dell’Italia. Il voto del Parlamento certamente incoraggerà – come da mesi già sta accadendo in sordina – Mosca e Pechino a corteggiare ancora di più il nostro Paese come ai tempi del governo gialloverde.

Rispetto a questo scenario politicamente confuso, Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, potrebbe reagire cogliendo tutti di sorpresa con la mossa del cavallo. La Finlandia oggi ha proposto di usare una porzione del Mes per aiutare l’Ucraina aggirando il veto posto dall’Ungheria di Viktor Orbán. Nei suoi panni rilancerei subito il suggerimento di Helsinki.

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