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Perché serve una cittadinanza competente contro la disinformazioni cinese. Scrive Angioli

Di Matteo Angioli

Matteo Angioli, segretario del Global Committee for the Rule of Law (Gcrl) “Marco Pannella”, è stato recentemente a Taipei, ospite dell’evento annuale “China in the world”, Citw23. Nel suo intervento, durante l’ampia analisi che Citw23 ha dedicato alle influenze maligne di Pechino in vari contesti internazionali, Angioli ha parlato dell’Italia, spiegando perché il coinvolgimento dei parlamenti nella lotta alla disinformazione è fondamentale per rendere più vigili e competenti i cittadini

Il ruolo storico dell’Italia come partner transatlantico e membro fondatore dell’Ue l’ha resa un sostenitore della cooperazione internazionale e dei diritti umani. In particolare, l’Italia è stata in prima linea in importanti campagne globali – grazie in particolare al Partito Radicale Transnazionale di Marco Pannella – come la richiesta di una moratoria Onu sulla pena di morte e il contributo all’istituzione della Corte penale internazionale. Questa eredità sottolinea l’impegno dell’Italia nei confronti dei valori democratici e dello Stato di diritto.

Tuttavia, i legami storici con il Partito Comunista Italiano, in particolare il suo picco nelle elezioni del 1976, hanno lasciato un impatto duraturo a livello nazionale e internazionale. Le dinamiche di quel periodo hanno influenzato in modo significativo il panorama politico italiano e hanno contribuito a creare un rapporto sfumato con le potenze globali, compresi gli Stati Uniti.

In tempi più recenti, i legami economici dell’Italia con la Cina si sono evoluti, rendendola il primo e unico Paese del G7 ad aderire alla Belt and Road Initiative (BRI). Il Memorandum of Understanding (MoU) firmato a marzo 2019 mirava a un impegno economico, creando una partnership strategica che rischiava di andare oltre le alleanze tradizionali. Fortunatamente, in questi giorni l’attuale governo ha scelto di non rinnovare l’adesione, stracciando un politicamente delicato MoU che a fine anno scadrà.

Pertanto, l’eredità comunista nella sinistra italiane e in buona parte del M5S da un lato e una cultura dell’“uomo forte al comando” (o “uomo della provvidenza” per citare Marco Pannella” espressa in particolare dalla Lega di Salvini dall’altro – unita ad una cultura liberale praticamente inesistente – ha lasciato l’Italia e le sue deboli istituzioni democratiche esposte, offrendo così un’opportunità che, rispetto all’adesione alla BRI, i leader del Partito Comunista Cinese non si sono lasciati sfuggire. In altre parole, dal 2018 si sono riuniti tutti gli elementi che hanno originato una “tempesta perfetta”, motivo per cui l’Italia è stato l’unico Paese del G7 a compiere la mossa politicamente rilevante di firmare il MoU.

L’individuazione

Individuare e comprendere le implicazioni di questa relazione sino-italiane in evoluzione diventa comunque fondamentale. I dati economici, che indicano un modesto aumento delle esportazioni italiane verso la Cina ma un significativo aumento delle esportazioni cinesi verso l’Italia, spingono a rivalutare le priorità strategiche. La decisione di non rinnovare il memorandum d’intesa segnala un cambiamento di approccio, suggerendo la volontà di una partnership più equilibrata e strategica.

Le collaborazioni con i media, come quella tra le testate italiane e i media statali cinesi come l’agenzia Xinhua, aggiungono però un ulteriore livello di complessità. L’interruzione di un accordo di cooperazione triennale tra Ansa e Xinhua, in seguito a preoccupazioni su contenuti discutibili, evidenzia la natura delicata di tali collaborazioni e la necessità di vigilare.

Dal punto di vista accademico, inoltre, la presenza di 16 Istituti Confucio nelle università italiane solleva dubbi sulla potenziale influenza nel settore dell’istruzione. Eventi di collaborazione come quello co-sponsorizzato dal presidente della facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma con la Società cinese per gli studi sui diritti umani portano per esempio l’attenzione sull’intersezione tra università e legami diplomatici.

Culturalmente parlando, l’evento “Shen Yun – La Cina prima del comunismo” che viene organizzato ogni anno in diversi teatri italiani incontra la resistenza delle autorità locali che hanno creato barriere logistiche o amministrative per scoraggiare lo spettacolo dallo svolgimento dello spettacolo.

Anche “Brics e il nuovo ordine mondiale” è stato un incontro, organizzato dalla Fondazione per gli studi internazionali e la geopolitica il 30 novembre 2023, in cui la narrazione cinese ha trovato ampi spazi. Basta leggere descrizione e obiettivo: “I Brics, e da gennaio 2024 Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Iran sono un gruppo di paesi che, a causa del loro peso demografico, risorse energetiche e GPD combinato (37,3% del Pil globale), prefigurano la costruzione di un nuovo ordine mondiale multipolare al fine di approfondire aspetti della potenziale cooperazione e concorrenza dei Brics con l’Italia e i paesi del G7”.

L’intervento

Gli sforzi per scoraggiare l’influenza esterna (cinese e non solo) coinvolgono non solo la ricalibrazione economica, ma anche azioni legislative e diplomatiche. Le risoluzioni del Parlamento europeo e le iniziative parlamentari italiane sottolineano l’importanza di strategie coordinate, di trasparenza e di contrasto alla manipolazione delle informazioni.

Come il documento dell’European University Institute, pubblicato nel luglio 2022 dal professor Claudio Radaelli (tra l’altro membro del Consiglio Scientifico Gcrl) propone, introduciamo tre “dimensioni attive” relative all’“attuazione del diritto alla conoscenza”. La prima sono gli obblighi automatici di informare: si tratta di obblighi che le autorità pubbliche dovrebbero rispettare (indipendentemente dalle richieste specifiche e dal fatto che l’interesse di un determinato cittadino o delle parti interessate sia interessato). Poi c’è il diritto dei cittadini di essere informati e “contribuire alla stesura e alla valutazione di leggi, regolamenti e altri strumenti politici”. Infine la promozione di “un ambiente educativo e culturale che migliori e stimoli l’apprendimento continuo dei cittadini in una società dell’informazione”. Si tratta dunque di “trasformare l’informazione in conoscenza”, come ripete spesso Esechia Paolo Reale del Siracusa International Institute e membro del Consiglio Scientifico Gcrl.

In tale contesto, il rispetto del Trattato di Prüm per la cooperazione di polizia diventa fondamentale, soprattutto se si considera che la Cina ha istituito stazioni di polizia all’estero in violazione degli obiettivi del trattato stesso.

L’8 marzo 2023 il senatore Giulio Terzi, presidente della Commissione per le Politiche europee, ha posto una domanda parlamentare al ministro degli Affari esteri chiedendo se fosse opportuno sospendere il trattato di estradizione con la Cina, se è urgente che tutti gli Stati membri dell’UE sospendano tutti gli accordi bilaterali di estradizione in vigore con la Repubblica popolare cinese; se si ritiene ancora necessaria una revisione dell’uso della “red notice” dell’Interpol, in considerazione dell’uso strumentale da parte della Cina.

Coinvolgere i parlamenti come strumento chiave nella lotta contro la disinformazione è uno degli obiettivi fondamentale. Poiché rappresentano e parlano ai loro elettori, detengono il prezioso potere di promuovere i dibattiti al fine di sviluppare narrazioni, sfatare le notizie false e approvare una legislazione che promuova i diritti umani. Contribuiscono alla creazione di “una cittadinanza vigile e competente”, per citare Eisenhower, che è l’unico strumento per frenare l’influenza malevola cinese in modo che la sicurezza e la libertà possano prosperare insieme.

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