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In Europa c’è l’alternativa centrista. Ma lavorare con Conte è impossibile. Parla Marcucci

All’Italia e all’Europa serve un’alternativa moderata e liberale, che coniughi concretezza e buon senso, innovazione e coesione sociale. Il campo largo? Solo quando lo vuole Conte: per noi è impossibile lavorare con loro. Per Renew a Bruxelles ci sarà spazio. Conversazione con Andrea Marcucci, presidente di Libdem

L’elezione di Alessandra Todde a governatrice della regione Sardegna fotografa una situazione nella quale lo spazio per l’alternativa “centrista” è sempre più ridotto. Il testa a testa è stato tra lei e il candidato sostenuto dalla coalizione di centrodestra, Paolo Truzzu. Per Renato Soru le urne hanno consegnato un risultato modesto: poco più dell’8,5%. Ebbene, all’indomani dellla vittoria – benché di misura – dell’asse giallo-verde, i primi a interrogarsi sono stati proprio i centristi. A questo punto, in uno scenario così polarizzato, c’è ancora posto per una realtà che appare sempre di più frastagliata, lacerata da personalismi e divisioni interne? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Marcucci, presidente di Libdem ed ex capogruppo del Pd in Senato.

Calenda questa mattina ha detto chiaramente che non c’è più spazio per candidati terzi. La vede così anche lei?

Immagino che Calenda si riferisca ad elezioni con un turno unico, come appunto la Sardegna. Tutt’altra cosa rispetto ad esempio alle elezioni politiche o alle europee, dove io credo ci sia un gran bisogno di candidati terzi, lontani dal sovranismo disastroso di Meloni e Salvini e dal populismo di Conte o di quello che Schlein ha portato nel Pd. C’è un metodo infallibile per quel che riguarda le regionali o le amministrative: leggere i programmi e ascoltare i territori, e decidere di conseguenza.

Non le sembra un modo per certificare la fine di un’alternativa centrista al bipolarismo?

Per me non è così. All’Italia serve un’alternativa moderata e liberale, che coniughi concretezza e buon senso, innovazione e coesione sociale. Guardi alla realtà parlamentare di oggi, gli eletti del fu terzo polo, su singoli temi fanno ancora la differenza, faccio due nomi su tutti, Enrico Costa e Roberto Giachetti sulla giustizia, ma ovviamente ne potrei citare tanti altri.

Va chiarita una cosa: la Sardegna insegna che Pd e M5S assieme possono vincere. Un’alleanza di questo tipo, però, per voi al momento sarebbe indigesta. O è cambiato qualcosa?

Le elezioni sarde sono state decise da una fortunata serie di coincidenze per la candidata del campo largo. Nel voto di lista, la destra resta comunque molto avanti. Difficile che possa diventare un modello esportabile altrove. Noto anche che il campo largo si manifesta quando Conte lo decide, con il suo programma e magari anche con il suo candidato. Noi liberaldemocratici ora siamo concentrati sulle elezioni europee. Pensiamo, come Emma Bonino, a una lista di scopo che tenga insieme il maggior numero possibile di riformisti.

Se i proponimenti iniziali del Terzo Polo erano quelli di intercettare l’elettorato moderato, ora pare ci sia una rassegnazione. Non si corre il rischio, con queste uscite, di perdere terreno (soprattutto nei territori) ed esistere solo in virtù del gruppo parlamentare?

Per questo, è importante costruire una casa adesso. Renew Europe nella prossima legislatura europea deve poter essere determinante, anche nel fronteggiare il gruppo di Giorgia Meloni, con il suo antieuropeismo spinto. Ogni voto disperso, è un voto in più a Giorgia Meloni.

Quale sarà la vostra scelta di campo in Abruzzo, Basilicata e Piemonte?

Le ripeto, non ci sono ricette valide in ogni situazione. Il rapporto con il M5S resta molto difficile, il partito di Conte, nei territori, è spesso il partito del no a tutto, no alle infrastrutture, no ai termovalizzatori, no a qualsiasi ammodernamento. Impossibile collaborare con loro.

Se non c’è spazio per candidature terze in Regione e alle politiche, non c’è spazio neanche in Europa o lo scenario è diverso?

Gli scenari nazionali sono completamente diversi. È in campo un’opzione terza, dobbiamo metterla in piedi e rafforzarla, le Europee possono essere un buon precedente. Peraltro anche a Roma, i gruppi di Italia Viva, Azione e Più Europa spesso sono impegnati sullo stesso fronte.

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