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Crociate russe. Il patriarcato di Mosca alla conquista dell’Africa

Il Patriarcato di Mosca ha avviato una campagna istituzionalizzata per reclutare religiosi africani appartenenti ad altri patriarcati ortodossi. All’interno di un contesto conflittuale originatosi più di cinque anni fa

La penetrazione russa in Africa assume sfumature molto diverse da loro. Da una parte c’è l’azione istituzionale del Cremlino, che promuove lo svilupparsi di rapporti interstatali sia nella loro forma bilaterale che in situazioni multilaterali (di cui l’esempio più lampante può essere individuato nel summit Russia-Africa, la cui seconda edizione si è svolta a San Pietroburgo nel luglio del 2023); dall’altra c’è il ruolo (sempre meno) ibrido svolto dalla Wagner e da altre Private Military Companies meno note, che offrendo i propri servizi agli establishment dei Paesi africani assurgono al ruolo di influenti attori locali, proteggendo la stabilità dei governi o viceversa favorendone la caduta attraverso colpi di Stato a cui partecipano più o meno direttamente, e si accaparrano il controllo di preziose risorse.

Ma accanto a queste due forme più conosciute ve ne è un’altra, oggetto di attenzioni molto minori da parte dei media internazionali, dove il ruolo da protagonista è recitato dalla Chiesa ortodossa russa guidata da un patriarca di Mosca, Kirill, le cui posizioni sono considerate molto vicine a quelle del Cremlino. Nell’ultimo anno e mezzo la chiesa ortodossa russa ha infatti avviato una campagna di “espansione” nel continente africano che si incentra nel persuadere esponenti delle altre chiese ortodosse, e in particolare di quella del Patriarcato di Alessandria, ad unirsi al Patriarcato di Mosca, in una sorta di “crociata interna” alla Chiesa Ortodossa.

L’origine di questa contrapposizione è riportata con precisione da Elisabeth Braw in un articolo a sua firma pubblicato su Foreign Policy. Nell’ottobre 2018 il Patriarcato di Mosca dichiara di non essere più in comunione con quello “principale” di Costantinopoli guidato dal Patriarca Bartolomeo, patriarca ecumenico di Costantinopoli e quindi “primo tra pari” nel mondo della chiesa cristiana ortodossa. Dietro a questo risvolto vi è l’intenzione di Bartolomeo di emettere un decreto che garantisca la cosiddetta “autocefalia”, ovvero l’indipendenza, alla chiesa ortodossa ucraina. Quando nel 2019 il decreto viene effettivamente emesso la Federazione Russa, inizia ad esercitare pressioni su Bartolomeo, che però non cambia posizione, e anzi si scaglia con veemenza contro la chiesa ortodossa russa. “Il desiderio di unità e cooperazione è stato distrutto da una nuova ecclesiologia proveniente dal nord: una nuova teologia della guerra insegnata dalla Chiesa sorella della Russia, che cerca di giustificare una guerra ingiustificata, empia, non provocata e diabolica. Era nei diritti e nei doveri di servizio del Patriarcato ecumenico concedere l’autocefalia alla Chiesa dell’Ucraina con i suoi 44 milioni di abitanti. Non abbiamo intenzione di sottoporre le decisioni e le iniziative del Patriarcato al giudizio di questa nuova ecclesiologia”, sono le parole pronunciate dal Patriarca di Costantinopoli nel settembre del 2023.

La maggior parte degli altri Patriarcati ha seguito l’esempio di Costantinopoli, compreso quello di Alessandria, responsabile di tutte le comunità africane e considerato convenzionalmente come secondo solo al Patriarcato di Costantinopoli. Anche con Alessandria il patriarcato di Mosca aveva già rotto i rapporti nel 2018; tuttavia, negli ultimi diciotto mesi la chiesa ortodossa russa è passata attivamente all’offensiva nei confronti di quella con sede nell’antica cittadina egiziana. Vescovi e i sacerdoti ortodossi russi si stanno recando in tutta l’Africa cercando di persuadere i religiosi locali ad abbandonare Alessandria e ad unirsi alla chiesa russa, offrendo loro doni e risorse materiali.

Nel 2022 il Patriarcato di Mosca ha addirittura istituito un “Esarcato africano” con sede a Mosca. Secondo il vescovo Konstantin di Zaraisk, l’esarca attualmente in carica (dopo che i due suoi predecessori sono stati entrambi spretati da Alessandria), più di 200 sacerdoti africani si sono uniti ai russi. J. Peter Pham, accademico americano specializzato in Africa, ha indagato profondamente sulla questione e ha parlato con molti dei sacerdoti coinvolti in Africa centrale e orientale. Pham riferisce che la maggior parte di loro, se aveva qualcosa di negativo da dire sul Patriarcato di Alessandra, riguardava la mancanza di sostegno materiale. In un’intervista rilasciata al sito web dell’Esarcato, Konstantin ha difeso senza sorpresa l’espansione ecclesiastica in corso, incolpando Costantinopoli per questa migrazione poiché non in grado di fornire ai propri esponenti quello di cui hanno bisogno, cosa che Mosca invece riesce a fare: “Per esempio, l’acquisto di una tenda è una questione urgente in un luogo, mentre un problema di terreno deve essere risolto in un altro, o il punto in questione sono i locali e forse anche l’edificio della chiesa. […]Dobbiamo vedere cosa si può fare, e trovare risorse monetarie e umane”. Recentemente, Konstantin ha addirittura guidato una delegazione del clero russo nel continente africano, dove ha visitato alcuni sacerdoti appena convertiti e le loro parrocchie.

“La mia conclusione è che si tratta di un tentativo orchestrato da un braccio dello Stato russo di sfruttare condizioni che sono reali per segnare una vittoria propagandistica e guadagnare influenza in un’altra sfera, quella ecclesiastica”, nota Pham, che ricorda anche come la Repubblica Centrafricana è stato il primo Paese africano sia ad ospitare il Gruppo Wagner che a riconoscere legalmente le parrocchie che passano da Alessandria a Mosca. Sottolineando il profondo legame tra l’azione del Patriarcato di Kiryll e la politica estera del Cremlino.

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