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Italia-Polonia. Relazioni internazionali, difesa, energia, investimenti. Parla l’ambasciatore Amati

Di Giulia Gigante

L’Italia è il secondo partner commerciale della Polonia in Ue, l’interscambio tra i due Paesi è arrivato a 24 miliardi. Le aziende italiane impiegano oltre 100mila persone nel Paese. Ma non c’è solo l’economia: difesa, strategia geopolitica, obiettivi euro-atlantici e cultura rafforzano un rapporto stretto e proficuo. Intervista all’ambasciatore italiano in Polonia, Aldo Amati

Prima di entrare nel vivo dell’intervista all’ambasciatore d’Italia in Polonia, Aldo Amati, è utile fare un breve excursus inerente alla collocazione della Polonia sullo scacchiere internazionale. Il postulato ideologico “la storia insegna ma non ha scolari”, che ben si adatta al profilo delle società moderne, non si addice al modus operandi dei governi polacchi che si sono succeduti dal 1989, con l’insediamento dell’esecutivo di Tadeusz Mazowiecki, fino all’attuale governo del premier Mateusz Morawiecki.

Infatti, seppur considerando l’alternanza partitica da Solidarnosc al PiS di Jaroslaw Kaczyński, la Polonia rimane ancorata al patto euro-atlantico. Credo sia utile ricordare l’accordo siglato tra Usa e Polonia per lo schieramento di truppe americane nel Paese, allo scopo di incrementare la strategia di “containment” nei confronti della Russia. Nell’agosto del 2020, subito dopo l’approvazione dell’Enhanced Defense Cooperation Agreement,  l’ex segretario di Stato Americano Mike Pompeo e il ministro della Difesa Blaszczak, hanno partecipato  alla celebrazione del centenario della vittoria polacca contro i bolscevichi. Una chiara presa di posizione.

L’accordo potrebbe fare della Polonia il quartier generale del V Corpo dell’esercito americano, che ha base a Fort Knox nel Kentucky. Inoltre, la Polonia si è schierata al fianco dell’America contro la “machtpolitik” cinese in relazione al 5G, nel supporto al fronte bielorusso contro Putin e, soprattutto, nell’opposizione al  gasdotto Nord Stream 2 e con la conseguente adesione al Baltic Pipe Project (BPP); un’infrastruttura strategica sviluppata da una joint venture tra Gaz-System ed Energinet, cofinanziata dall’Unione Europea per la realizzazione di un nuovo corridoio del gas che partirà dalla Norvegia per arrivare in Polonia, attraverso la Danimarca. Saipem, la società fondata da Enrico Mattei nel 1956, rientra nel BPP ed ha annunciato un investimento di 280 milioni di euro.

Dunque, la Polonia è uno dei maggiori alleati Nato dell’Europa centro-orientale. Secondo lei, a seguito dell’insediamento di Joe Biden, cambierà qualcosa tra il governo polacco e la sfera euro-atlantica? Cambierà l’atteggiamento verso Russia e Cina?

L’atteggiamento polacco verso la Presidenza Biden è di sostanziale continuità, di “business as usual”. Certamente la stagione dell’idillio con Trump che quando veniva in Europa faceva tappa a Varsavia, è finita e non si escludono contrasti su questioni spinose come la riforma giudiziaria, le discriminazioni nei confronti di LGBT o i diritti delle donne. Ma dal punto di vista di Kaczynski e del suo governo, la Polonia ha già tratto molti vantaggi nella relazione con Washington negli ultimi 4 anni.

Ora si tratta di portare avanti tutti i successi raggiunti nella liberalizzazione dei visti, nel settore militare sotto forma di forniture di tecnologia e di contratti miliardari ( di cui si avvantaggia l’industria militare Usa), nello spiegamento di nuove unità sul territorio polacco, nelle forniture di gas liquido per emanciparsi dalla dipendenza energetica russa. Con Mosca le relazioni sono ai minimi storici, se Washington avrà bisogno di una sponda fortemente antirussa in Europa di fronte a oscillazioni franco-tedesche, Varsavia risponderà con entusiasmo.

La Polonia si propone anche oltreatlantico come interlocutore indispensabile nel dialogo con i Paesi dell’Europa Centrale e Orientale e con l’Ucraina mettendo sul piatto il proprio peso all’interno del Gruppo di Visegrad e in formati ristretti come il Triangolo di Lublino (con Ucraina e Lituania). Con la Cina, durante l’era Trump, il governo di Morawiecki ha mantenuto un atteggiamento ambiguo e oscillante. La Cina rimane il secondo partner nell’interscambio commerciale, Varsavia ha guardato con favore alla “Belt and Road Initiative” come possibile volano di sviluppo infrastrutturale per le regioni dell’est meno sviluppate del Paese. Tuttavia, per quanto la Polonia  possa cercare margini di autonomia dal punto di vista dei rapporti economici con Pechino, ciò non può avvenire in modalità eccessivamente contrastanti coi desiderata di Washington.

Focalizziamoci sulle relazioni italo-polacche. Cominciamo col dire che i nostri sono gli unici Paesi al mondo, i cui inni nazionali si citano a vicenda. La presenza di Leonardo non è una presenza prettamente economico-commerciale. Non solo è un partner strategico del Ministero della Difesa polacco (basti pensare che  attualmente centosessanta elicotteri sono in servizio con le forze armate polacche), ma  contribuisce allo sviluppo di relazioni con stakeholder, aiuta le aziende a rafforzare la loro presenza sul mercato interno, offre team di esperti nelle aree dedicate allo sviluppo del business, marketing, ricerca e intelligence, affari istituzionali e politici, relazioni militari e appalti pubblici. Le istituzioni polacche come valutano il ruolo di aziende come Leonardo nel loro tessuto economico?

L’importanza della presenza economico-industriale italiana in Polonia mi è stata riconosciuta personalmente dal Primo Ministro Morawiecki in più occasioni. Del resto le nostre aziende in questo Paese impiegano quasi 100 mila lavoratori e in alcune realtà locali rappresentano un polo di sviluppo fondamentale per la vita economico-sociale dell’area. Nomi come Ferrero sono noti in tutte le famiglie polacche e sono sinonimo di feste natalizie o pasquali o di eventi ad alto richiamo mediatico di carattere mondano o sportivo.

Generali Assicurazioni fa parte ormai saldamente del panorama dei principali attori presenti in Polonia che per la società rappresenta un lucroso mercato. Il “brand” Italia è dunque parte integrante dello sviluppo economico impetuoso di questo Paese negli ultimi 30 anni, sta a noi proporre nuovi modelli e nuovi prodotti al di là di settori consolidati come quello dei   macchinari o l’”automotive” per allargare l’orizzonte alla chimica, alla farmaceutica, all’ agroalimentare e alla moda italiana che ben presto troverà nel mercato polacco uno sbocco naturale.

L’Italia è il secondo partner commerciale della Polonia nell’Ue. il primo posto spetta ai cugini tedeschi. Sono 2.700 le imprese italiane presenti in Polonia con investimenti produttivi o con attività di carattere commerciale o di consulenza. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi nell’articolare una partecipazione imprenditoriale in Polonia?

In termini di investimenti moltissime nostre imprese hanno optato per un mercato che presenta condizioni allettanti per quanto concerne la fiscalità (a partire dalle Zone Economiche Speciali, Zes), la burocrazia che si è molto digitalizzata e il costo del lavoro. Il Paese inoltre si trova inoltre in una posizione geografica che gli consente di fungere da hub logistico e distributivo verso la Germania e i mercati dell’est in grande espansione.

Certamente  esistono anche complessità da non sottovalutare, tra cui la lingua, che rende più rende arduo il compito di approcciare per la prima volta il mercato, e talvolta anche la difficoltà a reperire e poi a “fidelizzare” la manodopera, soprattutto quella meno qualificata. Nel complesso, comunque, la Polonia  finora ha mantenuto un’attrattività in termini di tasso di corruzione, stabilità politica , utilizzo dei fondi europei e manodopera qualificata rispetto ad altri Paesi.

Parliamo della cooperazione energetica tra Italia e Polonia. Quest’ultima ha avviato un ambizioso programma per trasformare la sua economia in chiave green. Dopo il webinar di giugno e il workshop del 2 dicembre, quale sarà il futuro delle fonti e delle reti energetiche nei nostri due paesi?

La Polonia ha avviato un percorso volto alla riconversione della sua matrice dal carbone a fonti più pulite ed efficienti , in particolare gas, eolico, fotovoltaico ed idrogeno. Il “Next Generation EU” mette il governo polacco di fronte a una scelta obbligata: la “decarbonizzazione” della propria economia. L’obiettivo zero emissioni di CO2 della Commissione Europea entro il 2050 costringe il Paese ad accelerare il percorso verso fonti alternative e, probabilmente, anche la scelta nucleare farà parte del “mix” indispensabile per raggiungere il traguardo. In una fase transitoria il gas è destinato a giocare un ruolo di rilievo , mentre le maggiori speranze sono qui riposte nell’eolico e nell’idrogeno.

Siamo di fronte a una transizione energetica a tappe forzate e la sfida è di quelle “impossibili” anche per le ripercussioni politiche derivanti  dal peso che il settore minerario ha avuto nel sistema di potere del partito Diritto e Giustizia di Kaczynski. Le aziende italiane hanno tutte le carte in regola per accompagnare gli scenari disegnati soprattutto se saranno supportate da un indispensabile azione politica al massimo livello.

Ci uniscono gli scambi economici, ci accomuna la medesima sfera d’influenza, ma a saldare i destini di Italia e Polonia ci pensano la storia, la letteratura, le tracce architettoniche del Rinascimento, i romantici, la musica classica e il grande schermo. L’Istituto Polacco di Roma, l’Istituto Italiano di Cultura a Varsavia, il brain exchange supportato dai percorsi Erasmus, dai partenariati accademici che coinvolgono l’Università Jagellonica, l’Università di Varsavia e l’Università Adam Mickiewicz di Poznan, costituiscono un circuito culturale di grande importanza. Cos’ha prodotto e cosa può produrre questo gemellaggio culturale?

Tra Italia e Polonia nei secoli è esistita “un’attrazione fatale”, un’assonanza culturale che si è nutrita di innumerevoli capitoli di amicizia, di curiosità reciproca, di “grand tours” verso il nostro Paese. Il “miracolo” dell’affinità e del piacere di stare insieme per polacchi e italiani deriva anche dalla mancanza di una vera competizione tra i due Paesi , dall’assenza di “pretese imperiali”. Per i polacchi la “fuga” verso l’Italia rappresenta un momento “onirico” , di divertimento , di liberazione dall’ossessione della sicurezza e dalla paura. Nel rapporto bilaterale la vera sfida culturale che ci sta di fronte  è di rompere una rete di stereotipi che avvolge l’immagine della Polonia e dei polacchi in Italia, mentre l’evoluzione della cultura e della società italiana  contemporanea non fa ancora parte dell’immaginario collettivo polacco.

Ci sono degli obiettivi politico-economici, oltre quelli precedentemente elencati, che possono comportare una collaborazione tra Italia e Polonia?

Tra i partner stranieri, l’Italia nel corso degli ultimi tre decenni ha conquistato una posizione di grande forza, con un interscambio che nel 2019 ha superato i 24 miliardi di Euro. Si tratta di una cifra molto significativa, che è molto simile a quella che abbiamo con la Russia , supera quella che il nostro Paese raggiunge con partner come  Turchia, Giappone, India, Israele ed è sostanzialmente equiparabile a quella che si ottiene sommando l’interscambio con tutti i mercati dell’area dei Balcani.

Interessi economici così rilevanti, vanno accompagnati da un’uguale attenzione politica, la società polacca sta crescendo sotto ogni punto di vista e la Polonia è destinata a giocare in Europa un ruolo molto significativo nei prossimi decenni rappresentando l’attore più importante in un’area – quella dell’Europa centro-orientale – che cresce a ritmi sostenuti. Varsavia guarda a Roma e all’Italia per una “partnership strategica” , vuole imitare il nostro modello di un’economia strutturata soprattutto su migliaia di PMI e per milioni di polacchi il nostro Paese è la meta ideale  per una vacanza o un’esperienza culturale. Sta a noi cogliere l’occasione e comprendere prima degli altri che nella “Mitteleuropa”  sta crescendo  una media potenza con cui farei conti e stabilire un rapporto privilegiato .

[Foto dal profilo Facebook dell’Ambasciata d’Italia in Polonia]

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