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Libertà prescrittiva e continuità terapeutica. La versione di Farmindustria

“La scelta di prescrivere un farmaco originator o un qualsiasi biosimilare dipende dalle caratteristiche individuali del paziente, che solo il medico può valutare in scienza e coscienza”. Si espone così Farmindustria nel recentissimo paper “I biosimilari. La posizione delle aziende farmaceutiche”, ricordando ancora una volta l’importanza della libertà prescrittiva del medico per il benessere dei pazienti.

“L’intercambiabilità, ossia la possibilità di passare nel corso della terapia dall’uno all’altro farmaco, tra originator e relativo biosimilare e viceversa, non deve essere promossa per ragioni di carattere economicistico fino a diventare vincolante per i medici”, continua il documento. “Questi ultimi sono gli unici a poter valutare il miglior approccio terapeutico nell’interesse del singolo paziente – con particolare attenzione a quelli già in trattamento – sulla base di solide evidenze cliniche”.

Negli anni, infatti, si è assistito a un progressivo deterioramento degli obiettivi di salute come fine ultimo dell’attività medica, spesso surclassati da obiettivi di budget. Il contenimento della spesa sanitaria, certo, non può che essere di fondamentale importanza per lo Stato, oltre che per gli stessi operatori del settore. Non è però deontologicamente corretto, come molti medici hanno sottolineato nel corso degli ultimi anni, subordinare il benessere del paziente a obiettivi di contenimento della spesa, limitando di fatto la libertà prescrittiva del medico sancita, com’è noto, all’articolo 4 del codice deontologico dei medici.

Il farmaco biosimilare, come spiega il documento firmato da Farmindustria “è un farmaco biologico simile ma non identico a un altro biologico di riferimento (originator) già autorizzato nell’Unione europea per il quale è scaduta la copertura brevettuale”. Come tutti i farmaci, è dunque sottoposto a controlli e approvato dalle agenzie regolatorie competenti. Non solo. Esso può consentire di “liberare risorse da destinare all’innovazione e alla ricerca” e ha “lo stesso valore in termini di efficacia e sicurezza dei farmaci biologici originator”. Pur costituendo, dunque, un’opportunità per il Sistema sanitario nazionale, consentendo di ridurre gli oneri finanziari a suo carico, il farmaco biosimilare non può essere sostituito, come peraltro definito da legge, automaticamente al suo originator, né si può in alcun modo pretendere che i medici mutino la terapia dei propri pazienti, indistintamente, per ragioni meramente economiche e senza aver effettuato una corretta valutazione del bilanciamento fra valore economico e valore del benessere umano. 

L’individuazione della terapia ottimale da parte del medico è – e deve essere – frutto di un’attenta valutazione nel tempo con la “finalità prioritaria di raggiungere il migliore equilibrio tra efficacia del trattamento, compliance e sicurezza”, spiega poi il paper. Per cui, non solo solo il medico può essere la sola persona atta alla definizione della terapia del soggetto in cura, ma, in caso di terapia già avviata e di pazienti già stabilizzati grazie alla terapia scelta “è importante garantire la continuità terapeutica”.

Peraltro, specifica il documento dell’Associazione delle imprese del farmaco, “L’informazione sulla scelta della terapia, sui relativi rischi e benefici deve essere chiara e completa”, – cosa che ad oggi spesso non accade – poiché “costituisce un elemento fondamentale nella comunicazione tra medico e paziente per il suo coinvolgimento nel percorso di cura”.

Sancita, infine, la rilevanza dell’uniformità di garanzia dell’autonomia prescrittiva del medico sull’intero territorio nazionale, come ribadito più volte dal Consiglio di Stato. Ridurre le disuguaglianza di accesso alle cure, ad oggi diffusa, tra cittadini di diverse Regioni, deve essere una delle priorità del nostro sistema sanitario, che spesso costringe i malati a doversi trasferire, in condizioni di salute non ottimali, per poter ricevere la terapia più efficace.

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