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Ecco i numeri choc della Carbosulcis

Ma Carbosulcis è una miniera? A leggere i giornali (e le tv) parrebbe di sì. Minatori con il casco in testa hanno sfilato a Roma e molte penne si sono esercitate sul carattere antico e romantico di quel lavoro.
 
Un´anima gentile mi ha girato il bilancio 2010 della Carbosulcis, che non ero riuscito a trovare né nel sito della società né in quello della Regione, azionista unico di Carbosulcis. E ho imparato molte cose.
 
Il risultato finale è sconfortante. La perdita è di 35 milioni di euro. Ma qualche approfondimento purtroppo peggiora la situazione. Il valore della produzione ammonterebbe a 21 milioni e rotti. A fronte di costi per quasi 60 milioni. Ma solo 12 dei 21 milioni di valore della produzione derivano da ricavi fatturati, degli altri 9 ben 7 sono costi capitalizzati. Cioè costi portati a ricavi in nome di una loro presunta utilità futura. Una voce, questa, di fronte alla quale qualsiasi certificatore storce il naso tre volte e nessun compratore eventuale riconoscerebbe mai come una vera entrata.
 
Ma ancor più interessante è l’analisi dei 12 milioni fatturati. Di essi solo circa 4,5 milioni derivano dalla vendita del carbone, la ragione sociale della società, e gli altri dalla gestione di una discarica, cui Enel conferisce i rifiuti della centrale a carbone. Enel è anche l´unico compratore del carbone venduto da Carbosulcis.
 
Quindi 35 milioni di perdite a fronte di 4,5 milioni di carbone venduto? Di che cosa stiamo parlando? Di una miniera?
 
La scoperta più interessante poi sta nelle ultime righe della relazione di bilancio. In cui viene proposto di coprire le perdite, ricorrenti da molti anni, “utilizzando le riserve del Fondo costituito dai versamenti effettuati dal socio (la Regione Sardegna, ndr) in conto copertura perdite future”.
 
Non credo esista un´altra società al mondo il cui patrimonio netto sia costituito da un fondo che già prevede di perdere anno su anno.
 
Chiudere significherebbe risparmiare 35 milioni all’anno (70.000 euro per ogni dipendente occupato). Più del costo totale di tutta la mano d´opera, che è di 22 milioni, oneri sociali e Tfr compresi. Davvero tenere in vita attività in perdita strutturale da sempre è il modo migliore per garantire occupazione?
 
Per rispondere a questa domanda, mi sono informato sul bilancio della più importante struttura turistica sarda. Forte Village, centro alberghiero e termale: 63 milioni di ricavi e 13 di utili con 1000 occupati (400 stabili).
 
Ma vuoi mettere? Camerieri e impiegati mica sono così fotogenici.
 

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