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Perché gli emergenti temono l’attivismo di Bernanke

Il Quantitative Easing della Fed di Ben Bernanke, il programma statunitense di acquisto di titoli pubblici e obbligazioni fondiarie, è sotto accusa ed è impopolare nella maggior parte dei mercati emergenti, ma secondo gli analisti il suo ultimo round Q3, con un’immissione di liquidità che può arrivare anche a 80 miliardi di dollari al mese, dovrebbe creare meno polemiche di quelli precedenti.
 
Guardando oltre la retorica aggressiva della Fed, di cui si fanno portavoce i governi di Brasilia e di Pechino, i fondamentali dell’economia, secondo il Wall Street Journal, suggeriscono oggi che il Q3 avrà conseguenze diverse.
 
Quando la Federal Reserve lanciò il primo programma di acquisti di bond nel 2010, molti di questi mercati emergenti si preoccuparono di controllare il livello d’inflazione e si sentirono minacciati dagli sforzi della Fed di stimolare l’economia. Con questi mercati che hanno oggi problemi di crescita, lo stimolo della Fed ha il potenziale di aiutare e non di ferire, secondo il quotidiano americano di Rupert Murdoch.
 
Ciò non blocca le critiche secondo cui l’azione della Fed inonderà il mercato con troppi capitali, svalutando il dollaro e favorendo così le esportazioni degli Stati Uniti. “L’aumento della liquidità globale potrebbe portare a rapidi afflussi di capitali nei mercati emergenti, incluse Corea del Sud e Cina, e spingere al rialzo i prezzi delle materie prime”, ha dichiarato la scorsa settimana il governatore della Banca della Corea del Sud, Kim Choong-soo. “Quindi – ha proseguito – Corea e Cina devono concentrare i loro sforzi per minimizzare le ricadute negative che si generano dalle politiche monetarie delle nazioni avanzate”.
 
Misure di difesa delle economie asiatiche sembrano ancora più urgenti dopo la diffusione ieri dell´Indice PMI manifatturiero cinese a settembre, che si è attestato a quota 49,8, confermando un rallentamento nella crescita dell´economia cinese. La rilevazione è infatti risultata inferiore ai 50 punti, livello che separa l´espansione dalla contrazione dell´attività manifatturiera. Tuttavia, il dato è di poco superiore alla rilevazione di agosto pari a 49,2 punti. Ma anche il premier italiano, Mario Monti, nel suo intervento al “Council on Foreign Relations” la scorsa settimana ha evocato la “singolare forza dell’euro”. Oggi su Repubblica Federico Rampini sostiene che con queste parole il presidente del Consiglio intendesse riportare l’attenzione sul fatto che una svalutazione dell’euro potrebbe favorire anche le esportazioni italiane e francesi.
 
I leader dei Paesi emergenti criticano il fatto che la creazione di moneta ad opera della Fed svaluta il dollaro e rende le loro economie meno competitive. Sostengono inoltre che ciò spinge al rialzo i prezzi di cibo ed energia, e che l’immissione di capitali sul mercato può trasformarsi in un’ondata di moneta incontrollabile e finanziariamente destabilizzante alla ricerca dei maggiori profitti nelle economie più forti in Asia e in America Latina. Sia nel 2010 che la scorsa settimana, il ministro delle Finanze brasiliano, Guido Mantega, ha accusato la Fed di aver iniziato una “guerra monetaria”. Ma la Fed ha ribattuto che una sana ripresa statunitense aiuterebbe l’economia globale, e i banchieri centrali non dovrebbero aver così fretta di muovere critiche. La Fed ha inoltre sottolineato che questi Paesi potrebbero comunque affrontare l’inflazione permettendo un apprezzamento monetario.
 
Ma, ha scritto il Wall Street Journal, attrarre eccessivamente capitali, e in modo rapido, potrebbe causare delle bolle speculative o portare le valute alle stelle, con conseguenze disastrose sul livello di competitività nelle esportazioni, sulle banche e sul mondo imprenditoriale.
 
Nonostante tutto, le banche centrali asiatiche e sud americane sembrano d’accordo con le politiche della Fed. Le economie sono in crisi e il taglio dei tassi dimostra più attenzione per la crescita che per il livello di inflazione. Paesi come l’Indonesia e la Cina hanno visto fughe di capitali quest’anno, e l’ultima decisione della Fed potrebbe aiutarli a rifinanziare il sistema. Per i Paesi emergenti che guardano ancora agli Stati Uniti come al loro cliente privilegiato, quello che alla fine renderà il Q3 popolare sarà solo la sua capacità di rendere di nuovo vivace la più grande economia del mondo.

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