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L’Iraq secondo il verbo di De Michelis

“Il conflitto dei curdi potrebbe diventare un elemento positivo per uscire dalla logica settaria e risolvere gran parte delle crisi in Medio Oriente”. Così il presidente dell’Istituto per le relazioni tra l’Italia e i Paesi dell’Africa, America latina ed estremo Oriente (Ipalmo), Gianni De Michelis, ha presentato il ministro degli Affari esteri dell’Iraq, Hoshyar Zebari, dopo l’incontro con l’omologo italiano Giulio Terzi di Sant´Agata nel vertice Italia-Iraq. Facendo riferimento al ministro Zebari, De Michelis ha sostenuto che “il problema dei curdi è un esempio di come dallo scontro si può arrivare alla convergenza. L’Iraq è un esempio che questa convivenza è possibile”.
 
Per l’ex ministro degli Esteri italiano, la Repubblica irachena ha vissuto una transizione con esito positivo e ha già sperimentato due round di elezioni con un buon risultato. Un caso che potrebbe replicarsi in Egitto e Tunisia, anche se non si è ancora raggiunto il livello costituzionale per diventare vere democrazie. “Le difficoltà fanno parte del processo di apprendimento delle democrazie. Essendo l’Iraq un contesto regionale complicato, potrebbe inviare segni positivi a far capovolgere la situazione siriana”, ha detto De Michelis.
 
Secondo De Michelis, le vicende che hanno sconvolto il Medio Oriente negli ultimi due anni hanno preso di sorpresa l’Europa. Sono cambiamenti irreversibili, bivi che potrebbero portare a questi Paesi a prendere strade completamente diverse. “Ricordo quando vent’anni fa l’Algeria ha interrotto il suo cammino verso la democrazia. È stato devastante con un saldo di circa 200 mila vittime mortali. Non vorrei fare una contabilità dei morti ma tengo presente questo quando penso alla Libia, lo Yemen e la Siria. Non abbiamo ancora raggiunto questo dramma e, anche se le situazioni sono ugualmente pesanti, possiamo fare diversamente”, ha detto De Michelis.
 
L’Iraq, tre ragioni per essere vicini
 
Per Maurizio Massari, inviato speciale del ministro degli Esteri per i Paesi del Mediterraneo e le Primavere arabe, l’Iraq è un incredibile esperimento di come diverse religioni e culture riescono a coabitare: sunniti e sciiti, cristiani e curdi. Tutti ben disposti nel percorrere un processo di trasformazione democratica. Anche con eccezioni di scontento ma molto minoritarie. Se questo modello interrazziale e interreligioso sopravvive, realtà come quella della Siria possono guardare con fiducia al futuro.
 
Per il rappresentante della Farnesina, l’Iraq è importante per tre ragioni. La prima è per il legame che dal 2007 mantiene con l’Italia. Il nostro Paese è il primo partner europeo dell’Iraq. È sempre stato vicino al popolo iracheno e ha anche investito circa tre miliardi di dollari per il recupero.
 
La seconda è la rilevanza a livello europeo per l’impegno diplomatico dell’Unione europea per accompagnare l’Iraq nel nuovo dialogo politico. Infine, il protagonismo regionale: “l’Iraq è al centro delle principali crisi del Medio Oriente, tra l’Iran e la Siria. Qualsiasi soluzione politica deve coinvolgere questo Paese strategico”, ha detto Massari.
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