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La guerra in Siria è tra le forze del mondo islamico

In Siria si combatte e si muore da due anni. Ogni giorno. Tanto i ribelli come l’esercito. Anche se le vittime sono per di più civili, soprattutto bambini e donne. Solo un attacco a Damasco la scorsa domenica ha tolto la vita a 60 persone. Altre vittime che si sommano ai più di 32 mila morti, secondo le cifre ufficiali.
 
Secondo la giornalista Anna Mazzone, la crisi siriana è ben lontana da risolversi. La situazione di stallo riguarda la comunità internazionale, non i campi di battaglia. La guerra civile è estesa in tutto il Paese e ha effetti indiretti, come quello dell’attacco in Libano. “Assad è più debole ma conta ancora sull’appoggio dell’Esercito. Il caso della Siria non è come quello della Libia. I soldati siriani sono stati addestrati e armati dalla Russia, sanno combattere. Non sarà così facile sconfiggerli”, ha spiegato Mazzone. Con Bashar Al-Assad non succederà neanche quello che è successo con Muhammad Mubarak, che è stato abbandonato dalle forze armate. Assad è alla guida del Paese e ha ancora dalla sua parte l’esercito.
 
In attesa delle presidenziali Usa
In questo quadro la comunità internazionale sembra sospesa. Alle condanne (a parole) non seguono fatti concreti. Per Mazzone, collaboratrice di Panorama.it, la ragione principale è che si aspetta a sapere il risultato delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti il prossimo 6 novembre. Finché non si saprà il nome del prossimo presidente degli Stati Uniti non ci sarà nessuna azione a riguardo. “Al dibattito pubblico di ieri, i due candidati si sono limitati a fare un balletto sulla Siria, dove alla fine sono rimasti d’accordo: gli Usa sosterranno i ribelli siriani anche con risorse economiche. Ufficialmente è destinato agli aiuti umanitari, ma si sa che questi fondi servono anche per comprare armi e munizioni”, ha detto la giornalista della rassegna stampa internazionale “Radio Tre Mondo” di Rai Tre.
 
La Russia e quell’aereo diretto a Damasco
Lo stallo internazionale è anche dovuto ai blocchi che ha trovato il Consiglio di sicurezza dell’Onu. Per tre volte consecutive, ricorda Mazzone, ex direttore di Formiche, sono state bocciate le risoluzioni sulla Siria a causa del rifiuto della Russia e della Cina di approvare qualsiasi presa di posizione. Non solo in materia di strategie di sicurezza ma anche a livello umanitario. E il meccanismo giuridico internazionale funziona, purtroppo, con queste complesse regole.
 
“Tutto passa per Mosca. Gli interessi della Russia sono soprattutto interni: in quell’aereo russo che era diretto a Damasco – e che è stato bloccato in Turchia – c’erano sette agenti segreti russi. Avevano come missione prendere dei terroristi ceceni che si erano uniti ai ribelli siriani”, ha detto Mazzone. Questo vuole dire che oltre all’allarme terrorista qaedista, c’è quello ceceno, che sta appoggiando con armi e persone la rivolta siriana. Un tema delicato per la Russia, che senza Assad rischia di trovarsi in Siria un territorio fertile per il terrorismo ceceno che tanto teme. Ecco una delle motivazioni per sostenere il rais della Siria. Seguono le vendite di armi russe alla Siria: un business di oltre cinque miliardi di dollari, difficile da abbandonare in nome della pace.
 
L’Israele invece si mantiene affacciato dalla finestra, in attesa del risultato elettorale americano. “La maggiore preoccupazione dell’Israele è che la destabilizzazione della regione possa scatenare il conflitto con l’Iran e la sua bomba atomica. Ma fino a quando non si saprà chi è il prossimo presidente americano resta solo aspettare”, ha detto Mazzone.
 
Una guerra del mondo islamico
Il Qatar e l’Arabia Saudita sono i due grandi sostenitori regionali della causa ribelle in Siria. Perché la guerra in Siria è in realtà una guerra all’interno dell’Islam, ha spiegato Mazzone. “Il Qatar e l’Arabia Saudita sono due nazioni con maggioranza sunnita. La Siria invece è sotto il controllo della minoranza sciita. Come in Iran. Sono queste forze che si scontrano all’interno del mondo islamico a smuovere i conflitti. In Siria c’è un caleidoscopio di motivi. Sebbene c’è qualche elemento della Primavera araba e la dominazione di un dittatore – come nel conflitto in Egitto, che è stato molto più breve – ma anche perché la Siria è un Paese sciita con minoranze che hanno molto potere ma è circondato da paesi sunniti”, ha detto la giornalista. La Siria è come una cipolla con tantissimi strati diversi. Di una complessità diversa, estranea alle dinamiche occidentali e difficile da capire.

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