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L’energia farà divampare i conflitti internazionali. Parola di Intelligence Usa

Il livello di conflittualità inter-statuale, scrivono gli analisti del National Intelligence Council di Washington, si è mantenuto particolarmente basso negli ultimi decenni. Poche guerre sono esplose negli ultimi dieci anni e dal 1945 nessuna ha coinvolto direttamente due grandi potenze. Un periodo di relativa pace, unico nel corso degli ultimi cinque secoli, che però difficilmente sarà destinato a durare ancora a lungo.

Secondo le proiezioni dell’Intelligence americana, infatti, il sistema internazionale, nel corso dei prossimi 15 anni, sarà soggetto a cambiamenti strutturali tali che le probabilità di un conflitto tra grandi potenze potrebbero aumentare considerevolmente. Se il sistema internazionale dovesse frammentarsi e se le attuali forme di cooperazione non fossero più viste come vantaggiose da molti dei principali attori globali, allora il livello di competizione e di conflittualità saranno destinati ad aumentare.

Tre i fattori principali che incrementerebbero il livello di rischio: un cambio negli interessi e nelle percezioni strategiche degli attori chiave, dispute sulle risorse energetiche ed alimentari e un più facile accesso a tecnologie letali.

Secondo il pensatoio dei Servizi segreti statunitensi, il calcolo strategico delle potenze emergenti è destinato a mutare in modo considerevole nel prossimo futuro. All’interno delle élite cinesi, solo per fare un esempio, è già adesso molto acceso il dibattito tra coloro che ritengono che la Cina debba proseguire nell’attuale linea di non interferenza negli affari interni di altri Paesi e coloro che, al contrario, sostengono che la Cina debba mutare rotta costruendo proprie basi militari all’estero, divenendo una potenza globale ed assumendo, quindi, una posture più assertiva negli affari internazionali.

Più in generale il National Intelligence Council ritiene che le nuove potenze, nei prossimi 10/15 anni, avranno tutto l’interesse a non intaccare lo status quo, traendo semmai beneficio dall’attuale ordine internazionale senza sobbarcarsi i costi di una sua revisione, per giunta violenta. Molto dipenderà anche da quale ruolo l’Europa e, soprattutto, gli Stati Uniti sapranno e vorranno giocare come garanti di stabilità e di sicurezza internazionale, pur in presenza di stagnazione economica ed austerità  nei budget pubblici.

Il secondo fattore è costituito dalle risorse, l’accesso alle quali sarà vitale per sostenere la crescita di un numero sempre più elevato di Stati. Ciò aumenterà la competizione e con essa il rischio di conflittualità anche perché molte di tali risorse si troveranno all’estero, al di fuori dei confini nazionali. In particolare, secondo il rapporto Global Trends 2030, le regioni più a calde saranno il Mar cinese meridionale, l’Oceano indiano, il Mare artico e l’Oceano atlantico meridionale, per quanto riguarda le risorse energetiche, il Nord Africa, alcune zone del Medio-Oriente, dell’Asia Centrale e Meridionale e del nord della Cina, per quanto riguarda l’acqua.

Il terzo e ultimo fattore è costituito dalla diffusione di alcune tecnologie (armi di precisione, c.d. “cyberweapons” e armi biologiche) che permetteranno, da qui al 2030, ad un numero più ampio di attori di incrementare la letalità delle proprie azioni a costi contenuti. Ad esempio, la “quasi universale” disponibilità di strumenti di navigazione GPS e di immagini satellitari commerciali, unita alla proliferazione di armi di precisione di lungo raggio, potrebbe alterare il “balance of power” in regioni come il Medio-Oriente, dando un senso di eccessiva sicurezza a potenziali aggressori e creando, inoltre, problemi significativi alle truppe NATO e statunitensi schierate o da schierare in teatro.

Che caratteristiche avranno, quindi, le guerre del futuro? Secondo gli esperti statunitensi esse saranno combattute contemporaneamente con una pluralità di metodi, convenzionali e non-convenzionali (altissimo il pericolo del ricorso ad armi nucleari nelle future guerre in Asia), e contro avversari che saranno sempre più “ibridi” ovvero in grado di unire il ricorso a tattiche di guerra irregolare con armamenti tecnologicamente avanzati. In un simile contesto sarà essenziale, per la NATO e gli Stati Uniti, raggiungere e tutelare la propria superiorità informativa, negandola, al contempo, agli avversari. Una conferma, insomma,  dell’importante ruolo dell’Intelligence nelle strategie del XXI secolo.

* Direttore del Dipartimento di Ricerca dell’Istituto Italiano di Studi Strategici “Niccolò Machiavelli”.


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