Monti – Non Monti? L’indecisione del premier e l’attesa per il responso sul futuro politico italiano mettono a dura prova i nervi del Paese. Gli auspici e le prospettive dei manager delle industrie, pubbliche e private, sembrano però essere ben chiari. Appoggio deciso ad una ricandidatura del Professore a Palazzo Chigi, ai movimenti in fieri in funzione anti-partito che lo acclamano, e un no altrettanto fermo alle ventate di demagogia che arrivano da una parte della sinistra da cui anche Bersani non sembra riuscire a smarcarsi.
In una conversazione con Formiche.net, è il presidente di Federmanager Giorgio Ambrogioni a illustrare le aspettative della categoria dall’agenda politica del prossimo governo. Ma guai a cadere negli stessi errori fatti dai tecnici.
“Bisogna comprendere cosa succederà nelle prossime ore, ma che il quadro sia pieno di incertezze è un dato di fatto. E’ necessario capire – spiega Ambrogioni – chi può essere il leader vero che metta la faccia con delle proposte concrete. Il nostro auspicio è che le prossime mosse di Monti facciano chiarezza, annunciando la sua volontà di essere il leader di uno schieramento e quale sia il suo programma”.
Le pecche del governo Monti
Forza Monti dunque, ma non senza riserve. Era stato proprio Ambrogioni infatti a dare un giudizio negativo sull’operato del governo allo scadere del primo anno dell’incarico di Monti. “Non siamo acritici, anzi siamo critici soprattutto verso alcuni atti, specialmente sul lavoro e sulla previdenza, e su ciò che non è stato fatto sulla ripresa e sullo sviluppo. Non c’è’ dubbio che sul piano della politica industriale ci aspettavamo più protagonismo da parte del governo. Ci sono troppi dossier aperti e non presidiati (Finmeccanica, AnsaldoEnergia, Avio)”.
“Il nostro auspicio – sterza Ambrogioni – è che il prossimo governo sia a guida Monti e, da un lato, continui il risanamento del debito pubblico da cui non si può prescindere, e dall’altro si impegni in politiche per la ripresa. Vorremmo avere dei segnali. Già con il governo Berlusconi erano stati aperti dei tavoli con indicazioni sulla riforma fiscale in modo da abbassare l’evasione e mettere ordine nella giungla delle detrazioni e delle deduzioni, di cui si erano occupati Piero Giarda e Vieri Ceriani, esponenti dell’attuale governo. Ci aspettavamo quindi almeno che questi argomenti venissero presi in mano”.
I punti su cui lavorare nella prossima legislatura
Ma come aggiornare l’agenda del prossimo governo? “Quello che chiediamo è una politica chiara che valorizzi turismo, ambiente, cultura e tradizioni, anche perché è impensabile che non si affrontino i nodi che scoraggiano gli investimenti esteri nel Paese. La capacità italiana di attrarre capitali dall’estero è un terzo della media europea. Abbiamo bisogno che gli investitori credano nell’Italia. Inoltre, basta con la scusa che non si può privatizzare l’enorme patrimonio pubblico del nostro Paese, per esempio sul mattone di Stato e sulle municipalizzate che generano solo perdite e clientelarismo. C’è tanta determinazione su questo e sul fatto che bisogna favorire la crescita qualitativa e dimensionale delle nostre imprese”.
Le due facce della medaglia
Il presidente dei manager tira le somme. “Noi vorremmo che l’agenda del prossimo governo fosse per metà basata sul risanamento e sul rigore e al contempo che desse segnali forti e chiari in modo da togliere al Paese lacci e lacciuoli che impediscono all’Italia di esprimere le sue potenzialità”.
L’impegno dei manager italiani e Prioritalia
Ma quelle di Ambrogioni e della Federmanager non sono solo parole. “Ho partecipato alla riunione organizzata da Indipendenti per l’Italia”, il movimento ipermontiano capeggiato da Paolo Mazzanti ed Ernesto Auci. “Stiamo valutando dei modi per aiutare l’affermazione di ‘movimenti in movimento’ per farli arrivare in Parlamento, perché possono essere portatori di una politica nuova. Tutte le rappresentanze manageriali che si rifanno alla sigla Prioritalia stanno riflettendo su un loro maggiore protagonismo. Con l’appello fatto il 26 novembre a Milano di fronte a 5000 manager riuniti per gli Stati generali CIDA – prosegue – Monti ci ha invitati ad un impegno più forte ed evidente, e noi vorremmo ascoltarlo perché abbiamo capito che fermarci a fare i dirigenti non basta più. Serve un senso di responsabilità sociale su tutti i temi della crescita e dello sviluppo”.
Il sostegno ai movimenti pro-Monti
Queste le iniziative in concreto. “Vorremmo nelle prossime ore dare sostegno e orientamento a questi movimenti, per esempio aiutando a raccogliere firme o ad esprimere le candidature sul territorio. Molti di noi sono impegnati con Italia Futura o con il movimento Indipendenti per l’Italia di Auci e Mazzanti. Altri guardano con interesse al movimento di Linda Lanzillotta e c’è chi è vicino a Fermare il Declino di Oscar Giannino”.
Il peso dei sindacati nella politica del Pd
Ma cosa cercano davvero i manager italiani? “Siamo favorevoli in prima battuta a tutto ciò che è nuovo. I vecchi contenitori ci hanno delusi perché non riescono a fare il salto di qualità che vogliamo. Dietro i nuovi movimenti ci sono invece gruppi sociali con cui condividiamo una vicinanza di visioni. Non c’è dubbio che siamo preoccupati da qualche presa di posizione di esponenti della sinistra che oggi vediamo come una palla al piede di Bersani. Non mi riferisco solo a Vendola – sottolinea Ambrogioni – ma anche alla demagogia insopportabile del leader della Fiom, Maurizio Landini, sulle pensioni manageriali secondo lui pagate dagli operai. I nostri sacrifici li stiamo facendo, ma Landini così suscita solo odio di classe e il Pd si fa trascinare senza prendere posizione”.
Le stesse parole di Pier Luigi Bersani a Monti per proseguire su una strada concordata (‘Tu rassicuri i mercati a Bruxelles, io posso garantire sul piano sociale i sindacati’) sono emblematiche. “Il segretario del Pd dovrebbe invece rassicurare la società tutta, non solo una parte del Paese. Si tratta di un approccio che deve preoccuparci?”.
L’alternativa Renzi
L’alternativa Matteo Renzi avrebbe avuto risvolti diversi agli occhi di Ambrogioni? Il sindaco di Firenze “avrebbe avuto una visione più vicina al nostro modo di pensare e avrebbe dato più modernità rispetto agli statalisti Landini e Vendola che non pensano ad aggredire la spesa pubblica ma solo a noi come ad una classe da tosare”, conclude.