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La grazia a Paolo Gabriele. Qualche spunto di riflessione

Non era una questione del “se”, bensì del “quando”. Che il Santo Padre Benedetto XVI avesse deciso di concedere la grazia a colui che per parecchio tempo è stato uno dei suoi collaboratori più fidati, ovvero il proprio aiutante di camera Paolo Gabriele, non era certo un mistero. Più complicato, invece, prevedere quando il Papa avrebbe deciso di rimettere in libertà il suo ex collaboratore ponendo così fine ad un lungo “braccio di ferro” con il Segretario di Stato Tarcisio Bertone.

Il processo a Paolo Gabriele

Tutto ha inizio il 25 gennaio 2012 quando il giornalista Gianluigi Nuzzi decide di dedicare alcune puntate della propria trasmissione “Gli intoccabili” agli “scontri” che quotidianamente avvengono all’interno del Vaticano, svelando il contenuto di numerosi documenti segreti. Le indagini congiunte della Gendarmeria vaticana, guidata da Domenico Giani, finito lui stesso sotto l’occhio del ciclone, e della Commissione cardinalizia guidata dal cardinale dell’Opus Dei Julian Herranz, portano all’arresto del maggiordomo del Papa Paolo Gabriele, entrato nel 2006 a far parte dell’appartamento pontificio. E già sin dai primi giorni inizia a circolare all’interno delle mura leonine l’indiscrezione secondo la quale il Santo Padre avrebbe presto deciso di concedere la grazia al proprio collaboratore. Un’indiscrezione che trova ben presto conferma nelle parole pronunciate nel corso di una conferenza stampa dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, che definisce come “molto concreta” l’ipotesi di un gesto di clemenza. Anzi, addirittura, si sparge la notizia per la quale la grazia sarebbe imminente, a condizione che Paolo Gabriele invii una lettera di scuse direttamente al Santo Padre.

Lo “scontro” con Bertone

Così come Giovanni Paolo II perdonò il proprio attentatore Ali Agca, anche Benedetto XVI avrebbe perdonato sin da subito colui che per lunghi anni si è preso cura di lui dal mattino alla sera. In risposta alla lettera di scuse inviata da Gabriele al Santo Padre, con la quale l’ex maggiordomo ammetteva di avere tradito la fiducia in lui riposta, Benedetto XVI avrebbe inviato al suo ex collaboratore un libro dei Salmi, con la propria firma e la propria benedizione apostolica. Un chiaro gesto di perdono e di distensione da parte del Santo Padre. Tutto, quindi, sembrava pronto per la concessione della grazia la quale, però, è giunta solo qualche giorno fa. Benedetto XVI, infatti, ha dovuto vincere alcune resistenze provenienti dall’interno della cerchia dei propri collaboratori più stretti, ed in particolare dalla Segreteria di Stato. Non è certo un mistero, infatti, che il cardinale Tarcisio Bertone fosse uno dei “nemici” di Paolo Gabriele. Ed è proprio il Segretario di Stato ad avere cercato di “rallentare” la concessione della grazia.

La dura nota della Segreteria di Stato

Se il Santo Padre, infatti, ha guardato sin dall’inizio al processo nei confronti di Gabriele con un per nulla celato senso di pietà, la stessa cosa non si può dire con riferimento al cardinale Bertone. Particolare impressione, infatti, ha destato la nota ufficiale della Segreteria di Stato, pubblicata subito dopo la condanna in primo grado e riconducibile quindi direttamente allo stesso Bertone, e caratterizzata per la presenza di un linguaggio molto duro nei confronti di Paolo Gabriele. Una nota in chiaro contrasto con l’atteggiamento del Santo Padre e con la più volte ventilata ipotesi della grazia. Sarebbe, infatti, il Segretario di Stato Tarcisio Bertone ad opporsi fermamente alla concessione della grazia. Bertone, infatti, si considera da sempre come una delle principali vittime dello scandalo Vatileaks. Una situazione, quest’ultima, aggravata dal fatto che l’ex maggiordomo del Papa non abbia mai fatto pervenire alcuna scusa al Segretario di Stato.

Una decisione del Papa

Alla luce di questa impasse è stato il Santo Padre Benedetto XVI a rompere gli indugi concedendo la grazia a Gabriele in occasione del Natale. Una decisione personale del Papa, così come quasi tutta personale è stata la gestione del caso. E’ stato, infatti, Benedetto XVI in persona a decidere di affidare le indagini, oltre che alla Gendarmeria, ad una Commissione di cardinali di comprovata fiducia e riconoscendole il potere di interrogare chiunque ritenesse opportuno. Ed è stata sempre del Santo Padre, a dimostrazione di come in cuor suo già vi fosse l’idea di concedere la grazia, ad escludere l’ipotesi della scomunica. Ma soprattutto, Benedetto XVI con questa decisione, che fa seguito ad alcuni cambi nei posti chiave del potere vaticano, spera di chiudere definitivamente il caso Vatileaks.


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