Che lo spread sia un imbroglio è un grido di battaglia politico. Che sia un enigma è un dato di fatto. La differenza tra i titoli decennali italiani e tedeschi è sotto i 300 punti base, e nei giorni scorsi ha sfiorato i 287, la quota obiettivo indicata da Mario Monti per passare il testimone e dichiarare vittoria. Come mai? Certo non può essere la legge di stabilità che mostra tutti i difetti delle solite finanziarie; tanto meno questa coda sfilacciata di legislatura o le grandi riforme nel cassetto. E allora? Tenere la barra dritta, garantire continuità e rigore nei conti, assicurare il pareggio del bilancio nei termini prestabiliti sono premesse indispensabili. Tuttavia, i fondamentali dell’economia italiana restano gli stessi e alcuni indicatori chiave sono persino peggiorati: la recessione è più forte del previsto, il debito pubblico ha varcato i duemila miliardi e continua a salire rispetto al prodotto lordo.
Un bell’aiuto arriva dalla Grecia che forse vede un bar lume nella notte. Gli imprenditori tedeschi sono più ottimisti. L’accordo sul bilancio americano sembra imminente in barba a tutti gli articoli dei mena grami sul baratro fiscale. Insomma, il clima esterno s’è rasserenato e in una economia nella quale le percezioni con tano quanto le azioni, tutto fa brodo. Ma incide anche un altro, importantissimo fattore, che l’Assobancaria ha messo in evidenza: “L’allentamento delle tensioni sui mercati finanziari è il risultato della decisa azione da parte della Bce” e non tanto “dell’apprezzamento gen erale delle politiche” nazionali e comunitarie, scrive il rapporto di previsione per il prossimo anno.
L’Abi ha in mente l’intervento di Mario Draghi in agosto e quel bazooka (L’OMT) pronto anche se resta in armeria. Ma non solo. Facciamo un passo indietro di un anno, quando venne varato il programma straordinario di sostegno alle banche, con prestiti illimitati all’un per cento. In due tranche, sono stati ero gati mille miliardi di euro. Le banche italiane hanno prel e vato dal bancomat Bce circa 250 miliardi, di questi ben 147 sono serviti ad acquistare titoli di Stato. Oggi nella pancia del sistema bancario nazionale ci sono circa 340 mil iardi in Btp (176 miliardi), Bot, Cct, Ctz. Ciò ha consentito il successo delle aste sui nuovi titoli e ha spento la speculazione su quelli già emessi. Un effetto sistemico, dunque, stimolato anche dalla moral suasion della Banca d’Italia.
I bilanci si sono riempiti di zavorra. Banca Intesa, secondo le stime di R&S, ha da sola 80 miliardi in titoli della Repubblica italiana, pari a una volta e mezza il suo capitale netto; Unicredit ne con serva per 41 miliardi, due terzi del capitale disponibile. Venderli è suicida, bisogna aspettare che cambi il vento, tenerli vuol dire immobilizzare grandi risorse. L’Abi calcola che, rispetto a un anno fa, i prestiti alle famiglie e i mutui per l’acquisto di case sono a crescita zero, il credito a consumo è sceso di sei punti. Dunque, le banche hanno salvato l’Italia, ma non gli italiani. I quali debbono far fronte alle proprie esigenze finanziarie intaccando i risparmi o la ricchezza accumulata in passato.
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