Riusciranno “i nostri eroi” a giungere nel 2013 al pareggio di bilancio come previsto dal Fiscal Compact, dalla legge costituzionale approvata in aprile e soprattutto – ma chi se ne è accorto? – dall’ultimo provvedimento varato dal Parlamento prima di essere sciolto – la legge “Disposizioni per l’attuazione del principio di bilancio ai sensi dell’art.81 sesto comma della Costituzione”?
Non sappiamo chi saranno “i nostri eroi”. Lo sapremo dopo le elezioni per il rinnovo del Parlamento. E non necessariamente il giorno dopo o la settimana seguente. E’ verosimile che data la segmentazione del sistema politico saranno necessarie alcune settimane di negoziati (mentre verranno eletti Presidenti di Camera e Senato e formate le Commissioni dei due rami del legislativo) per definire la struttura del Governo ed il suo programma. Il “pareggio di bilancio” è, comunque, un punto programmatico fermo. Anzi, dovrebbe essere la stella polare dell’azione di Governo dato che l’Italia ha firmato con entusiasmo il Fiscal Compact, lo ha ratificato con un entusiasmo ancora maggiore, non ha perso tempo a varare una norma “rinforzata” in aprile ed assicurato il varo di specifiche disposizioni attuative prima dello scioglimento delle Camere.
I nostri eroi (quale che sia il loro colore) sono, direbbe il Vice Ministro Michel Martone, sfigati e incastrati: il primo Governo ed il primo Parlamento della Repubblica vincolati non solo da trattati internazionali e leggi “rinforzate” di rango costituzionale ma anche da norme attuative approvate in articulo mortis dai loro predecessori, nonostante autorevoli componenti della “strana maggioranza” (specialmente nell’ambito del PD) si scambiassero appunti feroci e velenosi su alcuni dei 21 articoli del provvedimento, accusandosi a vicenda di scarsa competenza tecnico-economica.
Dato che il 2012 sta per terminare, rimandiamo al 2013 (“anno del serpente”, secondo il calendario cinese – dunque non immune da veleni) osservazioni su alcuni controversi aspetti tecnici della norma. Soffermiamoci, invece, sulle probabilità di arrivare al pareggio di bilancio nel consuntivo 2013.
Secondo le stime della Commissione Europea (CE) e dei 20 istituti econometrici che costituiscono il gruppo del “consensus” (tutti privati, nessuno italiano), i conti pubblici italiani del 2012 si chiudono con un disavanzo pari all’1,4% del Pil – la cifra esatta si saprà tra circa tre mesi quando i dettagli saranno stati riveduti e corretti in quelle che sono ancora stime basate sulla contabilità dei Ministeri a fine novembre. Tuttavia, non credo che ci saranno sorprese significative. Vale la pena sottolineare che è raro che i dati previsionali CE e consensus coincidano.
Differente la situazione delle previsioni per il 2013: la CE prevede un disavanzo “strutturale” del 0,4% ed il consensus ne stima uno dello 0,9%. Il Governo uscente ha sottolineato che il disavanzo “strutturale” verrà curato da misure quali quelle della spending review. La stima del consensus è la media aritmetica di una gamma piuttosto ampia di previsioni: alcuni dei 20 istituti stimano un disavanzo pari allo 0,5% (o anche inferiore), altri all’1% (o anche di più). Se si esaminano stime econometriche a 24 mesi, prodotte da quasi tutti gli istituti del consensus, il disavanzo si aggirerebbe attorno all’1,5% sino al terzo trimestre 2014. Resterebbe, quindi, immutato rispetto al livello di fine 2012.
Tanto il Fiscal Compact quanto le norme italiane di ratifica, di legge rinforzata e di disposizioni attuative contemplano deroghe per eventi eccezionali che comportino scostamenti dall’obiettivo programmatico strutturale. Le deroghe sono essenzialmente del Protocollo interpretativo del Trattato di Maastricht concluso nel 2005, che servì a giustificare non solo gli scostamenti dei PIIGS (Portogallo , Irlanda, Italia, Grecia, Spagna – ancora non li si chiamava così) ma anche quelli, ben più importanti, di Francia e Germania. Riguardano azioni al di fuori dal controllo di Governo e Parlamento: catastrofi naturali, recessioni internazionali e via discorrendo. Le disposizioni attuative prevedono un sistema di monitoraggio, l’istituzione di un Ufficio parlamentare di bilancio, una relazione del Governo al Parlamento su scostamenti e meccanismi di correzione. Di tutto ciò, parleremo all’inizio del 2013.
Soffermiamoci ora sul punto centrale: con tutti i suoi limiti (ma non esistono strumenti migliori se non il ricorso ad augùri ed ad esorcisti), l’econometria ci dice che il pareggio di bilancio, stella polare del programma del prossimo Governo, è un obiettivo scarsamente realizzabile, anche nell’eventualità di un Governo saldo ed orientato verso l’Europa (nonché deciso a portare “più Europa” in Italia). Cosa succederebbe, invece, se, dopo le elezioni, il Parlamento assomigliasse al colorito Tiergarten di Berlino e si fosse costretti a definire una legislatura breve per ricompattare il sistema politico, darsi una nuova legge elettorale e tornare alle urne il più presto? Non solo lo spread arriverebbe alle stelle ma il pareggio di bilancio, anche nei limiti quantizzati in questa nota, diventerebbe una chimera.