Gli economisti non sono riusciti a predire la crisi del 2008 e il trambusto dell’eurozona. Ma le previsioni sul 2013 sono ancora più difficili a causa dei fattori non finanziari. Secondo uno studio di Sebastian Mallaby, Senior Economic Advisor di Oxford Analytica, sarà la politica a decidere del destino economico in Usa, Unione europea, mercati emergenti e Giappone.
Fiscal Cliff evitato, debito a rischio
Il peggio è stato evitato con l’approvazione della legge che permette agli Stati Uniti di non cadere nel Fiscal Cliff, ma le finanze pubbliche non sono al riparo. Il supporto, di breve periodo, all’economia non riesce a risolvere il problema del debito nel lungo termine.
Attenzione a non minare la credibilità della Bce
Secondo Mallaby la politica è un fattore predominante per le previsioni europee. Per ora, la Bce sta prevenendo una crisi peggiore, pronta a sorreggere i debitori il cui fallimento potrebbe far saltare l’unione monetaria, si tratti di uno Stato o di una banca. Ma la politica potrebbe minare questo sistema di sicurezza. La Bce può aiutare i Paesi debitori e le relative banche solo se i governi si comporteranno in modo responsabile.
Il rischio di un governo nazionalista in Italia
Per Oxford Analytica anche la situazione di Italia e Grecia è preoccupante. I mercati sono sicuri del fatto che la Bce aiuterà Roma come Madrid, ma questo dipenderà da quanto il governo italiano accetterà la supervisione della troika. Con Mario Monti come primo ministro questa possibilità c’è. Ma se le prossime elezioni daranno vita ad un governo più nazionalista, il supporto di Mario Draghi potrebbe non risultare più credibile.
Le scommesse degli investitori su Madrid e Atene
I mercati danno per scontato che la Spagna accetterà prima o poi una sorveglianza esterna, che comporterebbe però delle restrizioni ai budget regionali. Se le pressioni secessioniste impedissero un tale controllo o se l’ostilità contro Bruxelles dovesse crescere nel dibattito politico nazionale, la volontà spagnola di sottomettersi alla vigilanza sarebbe messa in dubbio e l’abilità della Bce di aiutarla non sarebbe sicura.
La Grecia, che ha recentemente assicurato la sua cooperazione alla Bce nel ridurre il debito otterrà probabilmente più concessioni entro la prossima estate. La Bce si impegnerà solo se Atene continuerà a guardare verso le riforme necessarie.
Mercati emergenti flessibili?
Rispetto ad Usa e eurozona, i grandi mercati emergenti potrebbero sembrare beatamente sicuri, ma, sottolinea Mallaby, l’apparenza inganna. Brasile, Russia, e Cina stanno combattendo contro una regolamentazione non efficiente e contro la corruzione che riveste tutto: dai bassi investimenti che hanno portato il tasso di crescita brasiliano all’1% fino ai grandi tagli indiani al potere d’acquisto della scorsa estate.
Burocrazia e corruzione stanno intralciando l’abilità delle economie emergenti di rispondere agli stimoli. Ma bisognerà far attenzione alle riforme annunciate e ai prezzi al consumo. Se gli aumenti dei prezzi dovessero diventare a doppia cifra, i Paesi emergenti saranno costretti a mettere un freno alle loro politiche espansive abbassando i tassi di crescita.
La transizione giapponese
Il governatore uscente della Banca del Giappone (BoJ), Masaaki Shirakawa, è stato in assoluto il più cauto dei banchieri centrali delle economie avanzate, rifiutando di agire in modo deciso contro la deflazione che non dà pace. Il primo ministro liberale in pectore, Shinzo Abe, ha già spinto la BoJ a rivedere la sua politica monetaria, e la svolta del prossimo governatore potrebbe segnare una nuova crescita per il Paese.