Pubblichiamo l’editoriale del quotidiano Italia Oggi scritto da Pierluigi Magnaschi, direttore di Italia Oggi ed MF/Milano Finanza
Monti ha dimostrato, con poche ma azzeccate affermazioni, che il quadro politico istituzionale, quello che è maturato nel primo dopoguerra e che era dominato, da una parte, dalla Dc e, dall’altra, dal Pci (e che adesso sopravvive nei suoi eredi che preferiscono non dichiararsi tali), non solo rastrella soltanto la minoranza del consensi degli elettori italiani (come vedremo fra poco) ma ha addirittura smesso di essere composto da forze politiche fra di loro alternative, essendo esse, oggi, legate da un patto consociativo che le porta a far finta di litigare, pur essendo chiaro che esse sono d’accordo su quasi tutto e si sono ripartite le parti per giocare una partita truccata. Mai come oggi, quindi, il teatrino della politica ha smesso di essere una locuzione dissacratoria per diventare una locuzione vera.
Che le forze politiche storiche siano in una ridotta, lo dimostra il risultato elettorale in Sicilia dove il 50% degli aventi diritto al voto non è andato a votare e il 20% ha votato per il Movimento5Stelle. Ciò vuol dire che in Sicilia le forze politiche storiche raccolgono il demoralizzante 30% dei consensi e purtroppo continuano a far finta di non essersi rese conto che, nel loro complesso, dico nel loro complesso, esse rappresentano la minoranza nel paese.
Di fronte a questa Waterloo, se ci fosse un qualche spirito vitale, i partiti dovrebbero svegliarsi, svecchiarsi, rinnovarsi, reagire. Invece, di fronte a un Mario Monti che dice l’ovvio (e cioè che le riforme sul lavoro non sono state fatte perché il Pd è, su questo tema, succube della Cgil che, a sua volta è succube della Fiom) tutte le forze politiche (sia quelle succubi della Cgil sia quelle che non dovrebbero esserlo) insorgono come un sol uomo, si stracciano le vesti, esibiscono un irato stupore.
Insomma, fanno di tutto, salvo che controbattere, smentendo con fatti la tesi di Monti al quale, ovviamente, si potrebbe chiedere perché sulla riforma del lavoro non sia andato avanti nonostante il no della Cgil o perché, in subordine, una volta che fosse stato da lui accertato che questo niet era insuperabile, non ha denunciato al paese ciò che dice adesso. Una cosa comunque è ferma. Monti ha rotto, sia pure in ritardo, un tabù, dicendo ad alta voce una cosa che tutti, a bassa voce, anche nel Pd, riconoscono come assolutamente vera.