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Il Redditometro. Cos’è e come funziona

E’ l’argomento di questi giorni. Tutti ne parlano, tutti sono preoccupati e cercano di capirci qualcosa. Si tratta del Redditometro, il nuovo strumento che l’Agenzia delle Entrate utilizzerà dal prossimo marzo per colpire l’evasione fiscale.

Il Redditometro, sulla base delle novità introdotte con il decreto legge n.78 del 2010 approvato dall’allora Governo Berlusconi, controllerà le spese degli italiani, single e famiglie, verificando la congruenza tra quelle dichiarate e stili di vita. Sarà applicato a partire dai redditi del 2009, ovvero tenendo conto delle dichiarazioni effettuate nel 2010.

Se le spese dichiarate si discosteranno più del 20% dalla cifra che il Fisco ritiene attendibile, per quel nucleo familiare allora scatteranno i controlli e il contribuente, in base all’inversione dell’onere della prova, dovrà dimostrare di non essere un evasore. Insomma, il principio sul quale si basa il Redditometro è che le spese sostenute devono essere in linea con quelle attese dall’Agenzia delle Entrate e quindi devono essere chiare le fonti di guadagno.

Ogni anno l’Agenzia diretta da Attilio Befera sceglierà le tipologie di contribuenti da verificare e passerà al setaccio le relative dichiarazioni dei redditi. Se troverà un acquisto esorbitante rispetto al reddito dichiarato, scatterà il controllo. Da questo dato, gli ispettori ricostruiranno il profilo del contribuente riempiendo le caselle relative alle 56 voci di spesa del Redditometro. Nel fare questo, per 30 di queste voci il Fisco utilizzerà le banche dati, come i costi delle bollette per i consumi elettrici. Per le altre 26 voci di spesa, si metteranno a confronto i dati dell’Anagrafe tributaria con le medie dell’Istat relative al tipo di famiglia alla quale appartiene il contribuente sotto esame e alla sua area geografica. Tra i due dati, si terrà conto del valore più alto.

Dopodiché, una volta compilate le singole voci ed effettuata la somma delle spese attesa, sarà effettuato il confronto con il reddito dichiarato. Di qui, si verificherà la congruenza della dichiarazione dei redditi e, in caso di discrepanza, si aprirà il contradditorio. Il contribuente potrà anzitutto rilevare eventuali errori commessi dal Fisco nell’estrapolazione dei dati provenienti dall’Anagrafe tributaria. Se poi le spese effettuate risultano inferiori alle medie Istat, dovrà spiegarne le ragioni. Qualora però gli ispettori di Befera non fossero convinti dal contribuente, si procederà con un vero e proprio atto di accertamento – che potrà essere impugnato – con la previsione immediata di un pagamento, a titolo provvisorio, di un terzo delle maggiori imposte che il contribuente dovrebbe versare nel caso perdesse il ricorso.


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