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Il Viagra di Berlusconi? Santoro

Chi avrà ancora il coraggio di considerare fuori dai giochi Silvio Berlusconi? Lo show a Servizio Pubblico conferma la grande capacità del Cavaliere di costruire consenso. Ne è convinto Gianluca Giansante, consulente di comunicazione e digital strategist. Dopo Filippo Sensi e Antonio Noto, Formiche.net continua una sorta di girotondo per sondare le mosse comunicative dei principali leader politici. E l’atteso appuntamento televisivo di ieri ne segna un momento importante.

Chi ha vinto nello scontro tra Silvio Berlusconi e Michele Santoro?

Hanno vinto insieme. E più che uno scontro mi è parso un concorso, un lavorare insieme per lo stesso obiettivo che per il conduttore di Servizio Pubblico era l’audience, per il leader del Pdl raggiungere attraverso l’audience un grande consenso politico. Si è trattato di un esempio di politica spettacolo di cui Berlusconi è campione. È riuscito a tirare fuori una grinta, anche fisica, straordinaria, sfatando uno dei temi per cui molti erano scettici per questa sua ennesima campagna elettorale. E Santoro in questo show ha fatto da contraltare con stimoli e battute, una sorta di sparring partner perfetto.

L’appuntamento di ieri inciderà sul voto?

Per Berlusconi è stato un servizio molto utile, gioverà sicuramente alla sua campagna elettorale. Quando ci si trova di fronte a nove milione di telespettatori, senza dimenticare l’eco su quotidiani, web e telegiornali, non si può non avere un effetto sul voto.

Ieri Berlusconi ha affrontato una serie di suoi cavalli di battaglia come la difficile governabilità del Paese e la necessità di cambiare la Costituzione. Quali saranno gli altri tormentoni da campagna elettorale?

La campagna elettorale sarà lunga ed è difficile immaginare quale sarà l’argomento forte tra un mese. In questo momento uno dei temi dominanti è quello delle tasse e qui l’unico vincitore è il leader del Pdl. Come quando nella prima campagna elettorale di Barack Obama si impose al primo piano l’economia rispetto alle relazioni internazionali o ai temi militari: ciò permise all’attuale presidente degli Stati Uniti di imporsi sullo sfidante John McCain. Berlusconi può recuperare molto consenso su questo versante rispetto a Mario Monti e Pierluigi Bersani perché negli anni si è costruito un’immagine di chi tendenzialmente non aumenta le tasse.

Dopo questa sfida tv, ora ci attendono confronti a tre, Berlusconi-Bersani-Monti. Non crede, come ha sottolineato Antonio Ingoia, che debba esserci spazio per tutti i candidati?

Capisco la logica della selezione ma forse aprirsi a tutti i partecipanti sarebbe una bella prova di democrazia. E sarebbe anche più divertente. Il tema della par condicio dovrebbe essere affrontato più seriamente.

Non solo tv. Questa campagna sarà dominata da Twitter?

Non credo. Qualsiasi programma tv arriva a un numero molto più alto di persone rispetto a quanto può fare un tweet. Monti in questo senso ha fatto un ottimo lavoro, raggiungendo in pochi giorni oltre centomila follower e potrebbe fare ancora di più perché è qui che lui può trarre un grande vantaggio. Se Berlusconi pesca dalla tv, Bersani dalla partecipazione diretta, Monti potrebbe puntare sulla rete. In ogni caso, non è un singolo strumento ma un insieme di strategie a fare la differenza. E in Italia non la farà perché fino ad ora non c’è stato alcun politico in grado di sfruttare appieno tutte le potenzialità della rete che, lo ricordo, non serve solo per parlare ma per ascoltare e coinvolgere i propri elettori.



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