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Il marasma francese su una Peugeot nazionalizzata

Il dibattito sulle nazionalizzazioni imperversa dopo lo scandalo bancario di Mps e il caso disperato dell’Ilva di Taranto. Tuttavia, se in Italia è difficile che le proposte arrivino direttamente dalle stanze dei bottoni, gli altri Paesi europei corrono per la loro strada. E in fretta. L’Olanda ha già messo mano all’affaire Sns Reaal, con un esborso di 3,7 miliardi di euro per il salvataggio del gruppo bancario. E il dossier Psa Peugeot Citroën si scalda ora nelle mani del presidente socialista francese François Hollande.

La società s’incammina verso una perdita annuale astronomica al termine dell’esercizio di un 2012 pessimo che ha portato la prima casa automobilistica francese ad annunciare un calo massiccio dell’attivo da 4,7 miliardi di euro. Il costruttore si prepara alla pubblicazione dei risultati il 13 febbraio, affossata dal crollo delle vendite e dalla prospettiva di un futuro più difficile di quello previsto per il mercato europeo da cui dipende.

Ed ecco la proposta di nazionalizzazione della società, che ha avviato un piano di ristrutturazione con il taglio di 8 mila posti di lavoro e la chiusura di un impianto. Il ministro del Bilancio francese Jerome Cahuzac ha ipotizzato un ingresso pubblico nel capitale di Psa Peugeot Citroën. Ma il dietrofront è arrivato subito dopo, con la smentita del ministero dell’Economia che ha raffreddato le speculazioni su questa strada, avvertendo che “la partecipazione pubblica nel capitale di Psa non è all’ordine del giorno”.

La presa di posizione del dicastero guidato da Pierre Moscovici, interpellato da France Presse, è giunta mentre in Borsa le azioni segnano una dinamica molto volatile per Peugeot, tra i gruppi più colpite dal rovescio del mercato dell’auto.

Secondo il ministro del Bilancio, Jérome Cahuzac, l’ingresso pubblico nel capitale Psa sarebbe invece “possibile”, se non doveroso, e si farà con il Fondo di investimenti strategici pubblico Fsi. “Se il fondo di investimenti strategici entra nel capitale, in un modo o nell’altro è lo Stato che entra nel capitale”. E poi “dobbiamo essere chiari: questa impresa non deve sparire, quindi bisognerà fare quel che andrà fatto”, ha aggiunto il ministro francese.

 


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