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La prima grana del prossimo Papa? Lo Ior. Ecco perché

Scandali sessuali, contraccezione, omosessualità, credenti e ruolo delle donne: queste sono le principali sfide che il nuovo Papa dovrà a partire, verosimilmente, da fine marzo, affrontare secondo quanto riportato in un articolo pubblicato sul quotidiano inglese The Guardian. L’autore dell’articolo, però, sembra essersi dimenticato di quella che appare una delle sfide più importanti, ovvero quella sfida “finanziaria” indissolubilmente legata allo Ior, la banca vaticana, e che potrebbe essere uno dei motivi che stanno alla base della decisione di Benedetto XVI di porre fine anzitempo all’esercizio del proprio ministero.

Una banca da sempre sotto assedio

Lo Ior è, da sempre, nell’immaginario collettivo, un sinonimo di segreto. Conti segreti, impossibilità di venire a conoscenza degli intestatari dei conti correnti, persone che non avrebbero il diritto di avere conti allo Ior e che invece depositano tranquillamente il proprio denaro presso la banca vaticana. Leggende, secondo alcuni, pura realtà per molti. Ed è per questo che lo Ior è continuamente sotto l’occhio del ciclone. Limitandosi al recente passato, basta ricordare, ad esempio, l’inchiesta della Procura di Roma che nel settembre 2010 sequestrò ventitré milioni di euro e indagò i vertici della banca con l’accusa di riciclaggio o, caso ancora più recente, la decisione della Banca d’Italia di “bloccare” i bancomat operanti negli oltre ottanti punti vendita del Vaticano in quanto la Deutsche Bank non ha ottenuto le autorizzazioni necessarie per operare in uno Stato che, dal punto di vista della lotta al riciclaggio, è considerato come “non equivalente”. Fino ad arrivare, poi, a qualche giorno fa quando la magistratura, che indaga sulla questione legata al Monte dei Paschi di Siena, ha ipotizzato che alcuni dirigenti della banca senese avessero conti aperti allo Ior. Da qui la secca smentita di padre Lombardi, secondo il quale “non solo non hanno mai avuto luogo riunioni presso lo Ior sulla questione Antonveneta, ma si può anche escludere che dirigenti del Montepaschi abbiano avuto possesso di fondi presso lo Ior”.

La lotta contro il riciclaggio

Il primo aspetto di quella sfida finanziaria che riguarda lo Ior e, soprattutto, il nuovo Papa sarà proprio quello di portare a compimento quella “rivoluzione finanziaria” in maniera tale che il Vaticano possa entrare, al più presto, nella tanto ambita white list dell’OCSE. Passi importanti, su questa strada, sono stati fatti con l’approvazione di nuove norme sulla trasparenza finanziaria nel 2010, poi modificate nel 2012, che hanno portato Moneyval, la divisione del Consiglio d’Europa che valuta i sistemi antiriclaggio, ad esprimere un parere positivo, anche se non in toto, sui passi avanti compiuti dal Vaticano verso la totale trasparenza. Un’opera, in particolare, portata avanti da Rene Brulhart, giovane esperto di antiriclaggio che è stato posto alla guida dell’Autorità antiriciclaggio istituita da Benedetto XVI. Passi avanti che, però, sembrano non essere condivisi da Bankitalia che a partire dal 1 gennaio 2013 ha deciso il blocco dei pagamenti con i bancomat in Vaticano. I soldi, infatti, finivano su un conto dello Ior. E qui inizia il mistero. A chi appartiene quel conto? Come vengono usati quei soldi? Una vicenda, quella della lotta al riciclaggio, che ha creato forti tensioni, sino alla rottura definitiva, tra il Segretario di Stato Tarcisio Bertone e il cardinale Attilio Nicora, presidente dell’Autorità di informazione finanziaria. Quest’ultimo, infatti, oltre ad avere contestato le recenti modifiche alle leggi vaticane in tema di antiriciclaggio, si è scontrato, insieme al cardinale francese Tauran, con Bertone nei giorni successivi al licenziamento del presidente dello IOR, Ettore Gotti Tedeschi.

 

Bertone contro Nicora, “guerra” tra cardinali

Era una voce che girava oramai da qualche giorno, ma il Segretario di Stato Bertone, nonché presidente della commissione cardinalizia di vigilanza sullo Ior, lo ha confermato ieri nel corso dei festeggiamenti per i Patti Lateranensi. Nei prossimi giorni, dunque, nuove e radicali nomine riguarderanno lo Ior. Verranno sicuramente portati a termine quei cambi alla guida del comitato degli “azionisti” della banca vaticana. Fuori Nicora e Tauran, invisi a Bertone stesso, e dentro due suoi fedelissimi, il cardinale Domenico Calcagno, presidente dell’APSA, e, secondo indiscrezioni, il cardinale Leonardo Sandri. Nomine di persone vicine a Bertone con le quali il Segretario di Stato vaticano vorrebbe normalizzare l’amministrazione di una banca che, secondo fonti vaticane, viene descritta come “una barca che avanza a fatica in un mare in tempesta, costretta a navigare a vista”.

Verso un nuovo presidente?

E’ chiaro come questi possibili cambiamenti all’interno della commissione cardinalizia incaricata di vigilare sullo Ior siano prodromici alla nomina del nuovo presidente. Una nomina, che oltre essere stata anticipata dallo stesso Bertone, sembra trovare conferma nell’agenda del Consiglio “laico” di controllo della banca: una nuova riunione dell’organo, infatti, è prevista per il 26 febbraio. Tutto, quindi, fa presagire che il mese di febbraio sia un mese di svolta non solo per la Chiesa (come dimostra il gesto di Benedetto XVI) ma anche per lo Ior. Anche se, secondo alcune fonti vaticane riportate dal quotidiano La Repubblica, Oltretevere non tutti la pensano così. Ma chi sarà il nuovo presidente ? Difficile fare nomi precisi. Forse più facile dire, infatti, chi non sarà il nuovo presidente dello Ior. Non sarà, in particolare, un italiano (fuori dai giochi sembrerebbe quindi essere il potente direttore generale della banca Paolo Cipriani, uno dei protagonisti dello scontro con Gotti Tedeschi). Non sarà, si dice, un americano, il che porterebbe quindi ad escludere Carl Anderson, Supremo Cavaliere di Colombo, firmatario del licenziamento dell’ex presidente dello IOR. Potrebbe essere, ritengono alcuni vaticanisti, quali Andrea Tornielli de La Stampa e Carlo Marroni del Sole 24 Ore, un europeo, probabilmente un tedesco o un belga, con una formazione di banchiere a tutto tondo. C’è chi, però, come Marco Lillo che scrive, sul Fatto Quotidiano, che “il favorito era un ex compagno di studi di Bertone, l’avvocato torinese Antonio Maria Marocco. A dicembre però l’ex notaio, membro dell’attuale Consiglio di sovrintendenza dello Ior, è stato nominato presidente della Cassa di Risparmio di Torino. E ora si fa, quindi, il nome di Pellegrino Capaldo (economista e presidente dell’Associazione Amici del’Istituto Sturzo n.d.r)”. Ma al di là di chi possa essere il nuovo presidente della banca vaticana, sorge spontanea, con Andrea Tornielli, la domanda: “Un istituto ha diritto ad avere il proprio presidente. Ma era proprio necessario e indispensabile nominarlo dopo l’annuncio delle dimissioni del Papa? Che cosa avrebbe cambiato un mese in più?”.


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