Londra gioca la carta legale per dissuadere la Scozia dal condurre il referendum per decidere se staccarsi o no dalla Gran Bretagna. Secondo un parere legale stilato da James Crawford dell’Università di Cambridge e Alan Boyle della University of Edinburgh nell’eventualità di un sì all’indipendenza il futuro governo scozzese dovrebbe rinegoziare la sua adesione all’Unione europea e alle organizzazioni internazionali come il Fondo monetario internazionale, la Nato, le stesse Nazioni Unite. Un conferma è arrivata indirettamente anche dal presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, che ha sottolineato come ogni nuovo Paese debba fare richiesta di adesione e ricevere il consenso di tutti gli Stati membri.
I due esperti hanno preso in considerazione precedenti storici come l’indipendenza dell’Irlanda nel 1922, quella dell’India nel 1947, la separazione di Singapore dalla Malaysia nel 1965 e del Bangladesh dal Pakistan nel 1971 fino alla disgregazione dell’Unione Sovietica. Inoltre si basano sul principio che la Gran Bretagna manterrebbe la maggioranza della popolazione e del territorio.
In questo contesto, spiegano i due studiosi, se Edimburgo dovesse essere ammessa come Stato membro della Ue potrebbe essere costretta a entrare nell’euro -Edimgburgo punta invece a mantenere la sterlina- e la Gran Bretagna potrebbe decidere di imporre il controllo dei passaporti alla frontiera. Il rapporto mette inoltre in risalto i rischi per il ruolo di potenza nucleare di Londra i cui sottomarini sono di base proprio in Scozia.
Alex Salmond, a capo del governo locale di Edimburgo annunciò lo scorso anno l’intenzione di tenere una consultazione sull’indipendenza dalla Gran Bretagna entro il 2014. I sondaggi sono al momento favorevoli al no, ma il leader dello Scottish National Party conta di riuscire a convincere la maggioranza degli scozzesi dei benefici dell’indipendenza, in particolare per le entrate derivanti dal petrolio del Mare del Nord.