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L’anomalo concetto merkeliano di normalità dell’euro

Le temperature torride delle nostre estati sono normali per gli italiani. Meno per i tedeschi. A meno che non si parli del cavallo bianco di Napoleone, la cancelliera Angela Merkel dovrebbe saperlo, la normalità in politica non esiste. E il rafforzamento costante dell’euro, che accentua il gap con le altre monete che le banche centrali spingono all’ingiù, non è meramente questione di economia. Le tensioni europee sulla guerra dei cambi lo dimostrano. Normali anche quelle?

Le dichiarazioni di Merkel

“Corsi compresi tra 1,30 e 1,40 dollari sono nella normalità nella storia dell’euro”, ha detto Merkel a Berlino. “Noi, come governo tedesco, siamo a favore di un libero andamento del corso di cambio dell’euro” e “non consideriamo fattibile una politica di cambio attiva”. Ma perché proprio quei limiti della banda di “normalità” dell’euro? E quale reazione c’è da aspettarsi nel caso in cui si vada oltre?

La crisi dei consumi in Ue

Il cambio euro/dollaro si attesta oggi a 1,33 e la soglia alta della normalità si avvicina. Per lo meno quanto si allontana il limite del 2% annuo d’inflazione previsto dall’Ue. I consumatori europei non hanno certo il timore di veder corroso il loro potere d’acquisto. Ma, altro che acquisto, i soldi continuano a tenerseli in tasca. I dati sulla bilancia commerciale italiana dimostrano quanto stia crollando la propensione al consumo.

L’avanzo commerciale italiano

La crisi riduce le importazioni, ma spinge l’export italiano. E la bilancia commerciale a novembre è in attivo di 2,4 miliardi che sale a 8,9 miliardi nei primi 11 mesi dell’anno, ai massimi dal 2002, frutto di un cumulato di 10,1 miliardi con i Paesi Ue e di -1,251 miliardi con i Paesi extra Ue. Secondo l’Istat, l’import cede il 2,2% in termini congiunturali e segna un crollo dell’8,2% a livello tendenziale. Le esportazioni a novembre sono salite del 3,6% tendenziale e dello 0,4% congiunturale.

Gli obiettivi sull’export dell’Ice

Il ministro uscente dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, ha detto che “saremo in grado quest’anno di arrivare a un saldo positivo che potrebbe aggirarsi intorno ai 10 miliardi”. Di più. Per l’Ice l’obiettivo è raggiungere i 600 miliardi di euro di esportazioni nel 2015: un traguardo “ambizioso, ma serio e realistico” ha detto il presidente del Consiglio, Mario Monti.

La produzione italiana

E lo squilibrio crescente della bilancia commerciale mostra come l’Italia poggi su un solo piede. Avere un euro più forte è un sostegno sicuro nel percorso di risanamento dei conti pubblici statali. Ma disporre di una super moneta senza avere la possibilità di conquistare i mercati stranieri, con una domanda di beni che cala a picco, serve a ben poco. Un crollo che non può compensare neanche la lieve corsa dell’export. E l’Italia, si sa, vive di quello. Senza una domanda forte dai mercati che respirano già a pieni polmoni, la produzione italiana saprà difficilmente dove guardare. E, nell’incertezza, il circolo vizioso dello stop all’import prosegue.

Senza problemi di risanamento e con una domanda interna che regge, la quota Merkel può anche essere “normale” per la Germania. Non per i Paesi europei strangolati dalla politica monetaria alla tedesca decisa alla Buba. Che sentono il ritornello della solidarietà dell’Unione e la strofa degli interessi nazionali. Per loro, no, niente è normale.



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